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mercoledì, dicembre 29, 2010

COME SARA' IL FUTURO DELLA FIAT? 

Nell’ultimo mese del 2010, l’AD della FIAT, Sergio Marchionne, ha raggiunto un accordo con due sindacati della terna solita: a Mirafiori si farà un contratto simile a quello già sottoposto a Pomigliano d’Arco e i firmatari saranno – oltre ai due sindacati che ci stanno – la NewCo Fiat-Chrysler messa in piedi per effettuare questa nuova esperienza che, sia detto subito e chiaramente, va nettamente contro lo Statuto dei Lavoratori, vetusta regolamentazione dei rapporti tra dipendenti e datori di lavoro.
In concreto, la filosofia di fondo che il manager italo-canadese cerca di portare avanti, supera i postulati del contratto nazionale di lavoro che viene accusato di prevedere solo criteri generali ed astratti, per puntare su un contratto che gli permetta di impiegare le risorse disponibili a favore dei propri dipendenti, chiedendo loro di lavorare secondo nuove esigenze e nuove applicazioni delle lavorazioni.
In concreto, oltre alla quasi cancellazione delle pause per coloro che partecipano ai turni in catena di montaggio, il piano di utilizzo degli impianti prevede sei giorni lavorativi per settimana; l’orario di lavoro resta a 40 ore e le ore lavorate oltre il 18° turno, verranno effettuate dietro pagamento di straordinario (è stato calcolato che per molti operai potrebbe significare un incremento effettivo di circa 3 o 4mila euro annui).
Per seguire queste prospettive operative, Marchionne ha rotto (consensualmente) persino con la Confindustria che non poteva accettare al suo interno una società che violasse lo Statuto dei Lavoratori. Quanto ai temi della rappresentanza sindacale, la FIAT agisce in coerenza con quanto previsto dall’art.19 dello Statuto dei Lavoratori, dopo le modifiche conseguenti ai referendum del 1995, in particolare le approvazioni contrattuali e la effettiva rappresentanza dei singoli dipendenti.
L’obiettivo per Mirafiori è molto ambizioso: quadruplicare il numero delle auto prodotte annualmente, con un numero, comunque, ben distante da quelli realizzati nelle fabbriche estere (Serbia, Polonia, Brasile, ecc.)
Ho accennato sopra che solo due delle tre sigle sindacali hanno firmato l’accordo; la FIOM-CGIL, infatti, non solo non lo ha sottoscritto, ma ha chiesto all’intera CGIL di indire al più presto uno sciopero generale nazionale per protestare contro questo accordo siglato solo con una parte dei sindacati.
Che tipo di commento fare a proposito di questa vicenda? Siamo d’accordo che i tempi sono duri, siamo anche certi che se i lavoratori vengono fatti lavorare un po’ di più non muoiono, ma sotto il profilo della considerazione del lavoro, debbo per forza pensarla come il Papa che, nella sua enciclica Caritas in Veritade, afferma come “l’accesso ad un lavoro dignitoso per tutti deve costituire un obiettivo prioritario e quindi sono richiesti tutti i sacrifici possibili agli imprenditori per mettere in movimento questo circuito virtuoso”; a questo posso aggiungere un mio convincimento personale e cioè che in vista di un obiettivo di maggiore (piena??!!) occupazione, considero lecito anche i sacrifici che verranno richiesti agli attuali lavoratori, ma solo in vista di questo obiettivo che resta l’unico strumento per assicurare che “il lavoro è un bene per tutti: per l’uomo, per la famiglia e per la società, ed è fonte di libertà e di responsabilità”.
Se invece queste nuove tipologie di lavoro sono soltanto degli strumenti per massimizzare gli utili (che pur ci vogliono) non mi sento più di avvalorare la politica di Marchionne e di accettare le sue “rivoluzioni” capitaliste: se il movimento operaio non ci deve guadagnare un bel niente nel suo complesso, tanto vale che si torni allo stato degli atti; spero di essere stato chiaro nelle mie pur modeste argomentazioni.

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