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mercoledì, novembre 24, 2010

IL “TEA PARTY ITALIA” 

Ricorderete che in occasione delle recenti elezioni americane “di mezzo termine”, ci imbattemmo in un nuovo movimento – il “Tea Party” - alleato con i repubblicani, il cui impegno sembra essere stata l’arma vincente per la sconfitte inflitta ai democratici.
Il nome del movimento prende il nome dal “Boston tea party”, ovvero un atto di protesta che ebbe luogo nel porto della città USA il 16/12/1773: il tè contenuto in tre navi britanniche fu buttato a mare dai coloni americani, in segno di protesta contro le tasse imposte dalla regina; da questo episodio si fa iniziare la rivoluzione americana che si concluse con la cacciata degli inglesi.
Ovviamente, potevamo fare a meno di questa nuova formazione politica? Sicuramente no, ed infatti in Italia – unico Paese europeo – sembra essere attecchito il movimento americano e, il gruppo più corposo è in Lombardia, seguita dall’Emilia e dalla Toscana, ed è proprio da quest’ultima regione, precisamente da Prato, cioè abbastanza vicino a casa mia che viene il coordinatore nazionale; gli slogan che sono stati creati per l’occasione chiedono “meno Stato e più libertà” e anche “meno tasse e meno spesa pubblica”; insomma un movimento liberale, liberista e libertario e, direi, molto meno “conservatore” di altre strutture esistenti tra noi.
Al Momento la struttura italiana non è ancora caduta in mano a qualche solone della politica oppure a qualche miliardario in cerca di gloria (e di appoggi): il coordinatore è un giovane di Prato dell’età di “soli” 28 anni, il quale ha già annunciato che – pur senza un impegno diretto in politica, il “Tea Parti Italiano” avrà qualche suo candidato in lizza, sia pure all’interno degli schieramenti esistenti.
Fra le tante affermazioni di questo neo-politico, m’inquieta questa, riferita al sistema previdenziale nostrale: “se io non volessi dare soldi all’INPS, ma pagare una mia pensione privata oppure sperperare il denaro legalmente guadagnato?”; mi sembra che non si abbia ben presente che la “S” della sigla dell’istituto previdenziale sta ad indicare il termine “sociale”, cioè che a tutti dovrebbe essere assicurata una minima pensione a prescindere dai versamenti; è chiaro che in un discorso esasperatamente liberista tutto questo non può piacere.
Nel movimento americano, si è rilevato che alla base non c’è una ideologia ma dei valori, in primo luogo il primato dell’individuo, delle sue libertà personali, in netto contrasto con il “big-government” di marca democratica ed al “big-business” di marca repubblicana; questo ci dice che il movimento è antitetico ad entrambe le formazioni politiche che si spartiscono il potere negli USA, anche a quei repubblicani che ne hanno ospitato i candidati nelle recenti elezioni.
Resta da aggiungere che a molti degli slogan del “tea party”, anche i repubblicani erano nettamente contrari e che – non potendo arginare il movimento o incanalarlo verso situazioni più gestibili – lo hanno cooptato pur di non rompere il fronte conservatore; ma stiano bene attenti perché etichettarli solo come “ultra conservatori” mi sembra riduttivo; comunque, un terzo dei deputati repubblicani sono stati eletti sotto l’egida del “tea party” e sarà bene osservare se e quando faranno riferimento ai valori fondanti del movimento, cioè all’assoluta libertà economica dell’individuo.
Un’altra novità del movimento: si astengono dal prendere posizione su temi etici, morali e religiosi, limitandosi a occuparsi dei temi economici con lo slogan dei tre meno: “meno tasse, meno spesa pubblica, meno Stato”. Non vi sembra assurdo che in un momento di crisi nasca un movimento che vorrebbe azzerare quasi tutto il welfare?

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