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sabato, novembre 06, 2010

ED ORA OBAMA CORRE AI RIPARI 

Dopo la batosta elettorale di metà mandato, Il Presidente Barack Obama cerca di correre ai ripari in previsione, soprattutto, dell’appuntamento del 2012 per il rinnovo del suo mandato presidenziale; aveva già affermato – a botta calda – che “la colpa di tutto era sua” e adesso aggiunge, rivolgendosi alla gente, sia quella che lo ha votato che quella che gli ha voltato le spalle, “ho capito il vostro messaggio: si chiama lavoro”.
Subito un commento: anche il Presidente di uno stato che privilegia il liberalismo, dovrebbe sapere che tutte queste discussioni si fanno solo “a pancia piena” e i tanti disoccupati hanno ragionato poco e fatto la crocetta nella casella dell’avversario del presidente; della serie “così impari a dare i soldi alle Banche e a fregartene di noi”.
La prima mossa politica di Obama è stata una sorta di “convention” che radunerà attorno ad un tavolo i nuovi leader della maggioranza repubblicana alla Camera e quelli della minoranza – pure repubblicana – al Senato; in quella sede si tenterà una specie di accordo bipartisan per continuare a legiferare, ma i repubblicani hanno già detto che non ci stanno, che non avalleranno la politica del presidente in quanto egli si prenderebbe il credito delle riforme e gli diventerebbe più facile giocare la carta della rielezione nel 2012; i democratico accusano la scriteriata riforma sanitaria e l’attivismo sinistrorso della Nancy Pelosi, adesso estromessa dal Congresso; tutte queste cosa avrebbero potuto essere evitate se qualcuno avesse continuato a tastare il polso degli americani anche dopo il trionfo del 2008; e invece…..
Adesso l’ala più dura dei repubblicani rifiuta qualsiasi tipo di accordo e tende a rosolare il Presidente su una graticola che dovrebbe condurlo al 2012 già cotto a puntino; è inutile invitarli a pensare al bene della gente, perché da quell’orecchio non ci sentono: non sono interessati alla salute del Paese ma a quella del partito che, tuttavia, all’indomani della vittoria elettorale, appare spaccato in varie anime.
In particolare il “Tea Party”, che viene considerato da più parti il vero vincitore della contesa elettorale, si mostra come il più restio a cedere su qualunque tipo di accordo; la sola cosa che lo interessa è il movimento di popolo che porti Obama a ritirare la riforma sanitaria e faccia così risparmiare al Paese un bel po’ di quattrini che sarebbero meglio impiegati nel comparto dell’occupazione, dove l’America sta vivendo tempi magri ed ha superato la fatidica soglia del 10% dei senza lavoro.
Come del resto l’intero Mondo civilizzato, l’intero Universo globalizzato che – per effetto della strafamosa crisi finanziaria ha perduto - a partire dal 2007 - ulteriori 30milioni di posti di lavoro e rischia di arrivare alla stratosferica cifra di 400milioni di disoccupati, secondo le stime del Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale, il francese Dominique Strauss-Kahn.
Quest’ultimo signore, che mostra di avere le idee chiare, ha tirato fuori una frase ad effetto quando ha affermato che “nel quadro della nuova globalizzazione, la prima priorità è l’occupazione, la seconda è l’occupazione e la terza è l’occupazione”; non c’è che dire: l’enfatizzazione del problema mostra la sua urgenza e gravità.
È ovvio che in questo quadro drammatico, gli Stati Uniti debbono fare la loro parte, la parte cioè della Nazione più forte del mondo e quindi muoversi in questo senso; del resto, una ricerca fatta subito dopo le elezioni, mostra uno spaccato del Paese che vede il 32% definirsi “democratico”, un altro 32% “repubblicano” ed il restante 28% dirsi “indipendente” e, con queste fluttuazioni, potrebbe diventare ben presto maggioranza nel Paese: un potenziale “terzo polo” in cerca di un leader che lo guidi alla vittoria.

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