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mercoledì, ottobre 27, 2010

PARLIAMO DI RAZZISMO 

Per parlare di “razzismo”, prendo lo spunto da un fatto di cronaca avvenuto qualche giorno fa nella mia città: un imbecille (non conosco altro termine per definirlo) di origine rumena, di professione calciatore, in possesso di tanti milioni (di euro) che qualcuno – forse più imbecilke di lui – gli ha dato nella sua carriera, si reca in un locale notturno alle ore 2.30 della notte, insieme al alcuni amici compatrioti, con i quali consuma un paio di bottiglie di champagne e verso le 3.30 lascia il locale; il cameriere addetto al suo tavolo – un kossovaro che fa due lavori per tirare avanti, prima cameriere in un ristorante e dopo le 22 cameriere all’altro locale – porta il conto, ma alla “richiesta” il nostro eroe s’inquieta e lascia il locale; ritorna dopo circa mezzora sempre con gli amici e chiama fuori il cameriere, al quale assesta un violento colpo al volto (frattura del setto nasale) e un calcio al petto; mentre i presenti chiamano la Misericordia che porterà il disgraziato all’ospedale (25 giorni di prognosi), il bravo calciatore sale sulla sua Porche Cayenne e se ne va; il giorno successivo, ricercato da amici e dalla Polizia, dirà di “avere avuto paura, perché il cameriere gli avrebbe lanciato contro una minaccia razzista”; pensate un po’: poteva inventare una balla più balla di questa?
Comunque, arrivati a scoprire il nesso tra l’intera vicenda e il “razzismo”, parliamo di quest’ultimo e diamo subito una definizione: “ogni tendenza, psicologica o politica, che fondandosi sulla presunta superiorità di una razza sulle altre, favorisca o determini discriminazioni sociali o addirittura genocidio”.
Questa concezione è stata propria dei popoli europei per secoli, ma è stata “squalificata” e resa innominabile dal nazismo, o meglio dalla sua sconfitta, perché se Hitler avesse vinto, oggi saremmo tutti apertamente nazisti e razzisti e guarderemmo le democrazie con lo stesso orrore e disprezzo che riserviamo al nazionalsocialismo.
Ma l’Europa, costretta a cancellare dal proprio vocabolario la parola “razzismo”, non si è persa d’animo e ne ha coniata un’altra: “cultura superiore” che ha il diritto/dovere di insegnare le buone e civili maniere alle altre civiltà; anche questo – a mio modo di vedere – è razzismo, ma edulcorato nel termine e meno cruento, almeno in apparenza.
Questa forma “moderna” di razzismo, ha una grossa diversità con il razzismo classico: quest’ultimo infatti si accontentava di dominare ma, proprio per preservare la sua presunta “purezza”, si guardava bene dal volere “assimilare” l’altro e quindi – sia pure in modo stravolto – ne riconosceva la diversità.
Il razzismo moderno – impossibilitato a chiusure totali e interessato invece a “schiavi moderni” – oltre a dominare, pretende di omologare “l’altro” a se stesso e quindi di togliere di mezzo la sua “diversità” in una maniera forse ancor più radicale di prima.
Insomma, noi accogliamo – sia pure facendo finta di averne schifo e di essere presi alla sprovvista – tutta una serie di schiavi moderni; a loro riserviamo solo lavori di serie “Z” che i nostri concittadini non vogliono più fare e pretendiamo anche che questi disgraziati se ne stiano buoni e calmi a prendere soltanto quello che “l’uomo bianco” è disposto a concedere loro; se osano protestare sono guai seri: c’è il rimpatrio!!
Dopo avere esposto brevemente alcune mie idee sul razzismo – che riprenderemo – torniamo al nostro calciatore/imbecille: volete sapere come sta andando a finire la vicenda sul piano del rapporto con la società calcistica che lo paga profumatamente: sembra che si turino il naso e lo riaccolgano in squadra, magari dopo una lavata di capo e dopo aver preteso delle pubbliche scuse ai tifosi (per inciso: ma le scuse non andrebbero fatte prima di tutti al cameriere kossovaro?!!).

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