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domenica, ottobre 17, 2010

IL TEA PARTY 

Nel dicembre 1773, a Boston, avvenne il cosiddetto “Boston Tea Party”, letteralmente “il ricevimento del te di Boston”, durante il quale una nutrita schiera di coloni americani, attuò una protesta contro il governo britannico che si concretizzo con la distruzione di molte ceste di tè; il tutto era volto a protestare conte le leggi sull’aumento della tassazione e fu vista da molti storici dell’epoca come la scintilla dalla quale scaturì la rivoluzione americana che finì – com’è noto – con l’abbandono da parte degli inglesi del territorio americano e la successiva nascita degli Stati Uniti d’America.
Adesso, giocando sul duplice significato della parola “party” (ricevimento e partito), negli USA è nato il “Tea Party” che – a differenza di quasi tutti i partiti politici – è sorto prima nelle case, proprio tra tè e pasticcini, e solo dopo è finito nelle strade a manifestare contro il governo Obama.
Quali le cose che il nuovo partito propugna all’elettore: anzitutto il ritorno ai valori primigeni dell’individuo, sentimento fortemente sentito specie nei ceti medio bassi, e una sorta di crociata per cacciare “l’alieno dalla Casa Bianca”, quel Presidente che proprio con le sue costose e pasticciate riforme, contraddice i valori su cui si è formata la patria, cioè le intoccabili “libertà individuali”.
A detta dei partecipanti a questo nuovo partito, lo stesso non ha leader, non ha sede ufficiale e, purtroppo aggiungono loro, neppure fondi per sviluppare una campagna pubblicitario/politica degna di questo nome; la loro attività avviene quasi esclusivamente via web, formando così un network che si sta sempre più ingrandendo.
Per la verità, almeno a quanto mi è dato sapere, un leader il partito ce l’avrebbe ed anzi sembra destinato a cimentarsi a novembre per concorrere al seggio di deputato per l’Ohio: si tratta di tale Rich Iott e viene candidato dal partito repubblicano, ma si dichiara “vicino” al Tea Party.
Il personaggio è abbastanza particolare: ho visto una sua foto nella quale si presenta con un gonnellino scozzese e con la divisa nazista, si dichiara fervente cattolico e attacca ebrei e gay; ai leader ebrei del suo distretto elettorale che gli chiedevano spiegazioni sul suo abbigliamento nazista, il bravo Rich risponde: “dovete vederlo nel contesto storico; reinterpretavo i passaggi più importanti della seconda guerra mondiale, ma a casa ho anche altre uniformi”.
Insomma, il candidato repubblicano a queste elezioni di metà mandato, ha fatto mostra di se nel modo più squallido, mischiando cioè insulti ai democratico con rigurgiti nazisti e omofobi; non a caso molti osservatori politici hanno definito questa tornata elettorale come la più costosa e la più “sporca” dell’ultimo mezzo secolo di politica americana.
L’opposizione repubblicana – a parte le follie del Tea Party – ha buon gioco nell’attaccare Obama, proprio perchè la situazione economica del paese glielo consente: la disoccupazione continua a salire, i banchieri che due anni fa erano sull’orlo della bancarotta, per effetto dei tantissimi soldi ricevuto dallo Stato guidano la danza dei profitti miliardari; insomma, con tutto questo è facile fomentare la protesta.
Ma abbandonando la situazione politica ed economica degli Stati Uniti – che comunque è sempre meglio della nostra – mi sono chiesto se una struttura sul tipo del Tea Party potesse allignare anche in Italia; ebbene, noi, per la serie “non ci facciamo mai mancare niente” abbiamo già messo in piedi un Tea Party a Milano ed uno a Bologna, mentre stanno procedendo sullo stesso percorso anche alcuni giovani della Toscana. Così ci sarà un soggetto in più a cui riconoscere i diritti elettorali (cioè i soldi).
17/10/2010

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