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domenica, ottobre 03, 2010

COSA FARE PER IL LAVORO? 

A parte i dati che ci pervengono dalle strutture preposte, la cronaca di tutti i giorni ci riporta una serie impressionante di gesti clamorosi posti in essere da operai – italiani e stranieri – ormai giunti a livelli di esasperazione tali da condurli su questo terreno; vi cito gli ultimi due che mi è capitato di leggere: il primo riguarda due operai che per nove ore hanno “occupato” il braccio esterno di una gru, minacciando di gettarsi di sotto se non venivano loro pagati gli stipendi; l’altro riguarda un altro operaio che è entrato in una “agenzia interinale” ed ha minacciato le dipendenti con una pistola (poi rivelatasi “giocattolo”) pretendendo del denaro o un tipo di occupazione che fosse di suo gradimento.
Per fortuna, in entrambi i casi, non si è andato oltre lo spavento, ma la situazione mi sembra che si stia evolvendo verso una violenza che forse è diretta spia di un senso di esasperazione ormai ingestibile.
Nel mondo del lavoro, oltre alla sua carenza, abbiamo anche coloro che fanno lavorare la gente ma non la pagano, accampando motivazioni (giuste o non giusto non so) le più disparate, ma sostanzialmente facenti tutte riferimento alla maledetta crisi che ha messo in ginocchio anche loro (i padroni) i quali però mi sembrano inginocchiati sopra un morbido cuscino, in quanto le difese e le riserve di queste categorie non sono minamene paragonabili a quelle dei lavoratori.
Ci sono poi episodi che fanno sorridere, soprattutto perché ricalcano malefatte presenti in film di successo: ricordate “Tutta la vita davanti”, di Paolo Virzì? In questo lavoro, si racconta la vita di un “call.center” con tutte le spietatezze e cattiverie che vi si trovano.
Ebbene, una cosa analoga è avvenuta anche “nella realtà”: un call center in cui si piazzavano degli aspirapolvere che definirei miracolosi, in quanto oltre al loro mestiere, si occupavano anche di combattere l’asma. Questo oggetto, che veniva acquistato in America al costo di 350 euro, veniva piazzato sul mercato nostrale alla bella sommetta di 3500 euro, peraltro rateizzata in 60 mesi a 94 euro ciascuno (totale 5.640 euro).
Lasciamo perdere le caratteristiche del prodotto venduto e la truffa ai danni dei consumatori, ma quello che mi interessa in questa sede è l’attinenza con il film di Virzì, nel quale i “venditori” erano sottoposti a sopraffazioni di ogni sorta e coloro che non riuscivano a vendere la quantità di prodotti stabiliti da un target personalizzato, subivano umiliazioni, rimproveri pubblici e, in alcuni casi, anche punizioni corporali.
Ebbene, tutto questo è presente nel film, ma – secondo il rinvio a giudizio presso il Tribunale di Arezzo – sarebbe avvenuto anche in questa azienda che gestiva un call center dedito al collocamento dei famigerati aspirapolvere.
Pensate che al mattino, prima di iniziare l’attività, i dipendenti erano costretti a partecipare a riunioni motivazionali in cui cantavano l’inno nazionale e recitavano slogan di auto-incitamento: tutto questo avviene quasi allo stesso modo, anche nel film di cui sopra e quindi possiamo dire che la realtà può superare la fantasia.
Inoltre, coloro che non riuscivano a realizzare determinato target, subivano delle punizione che andavano dal divieto di andare in bagno (e dove la facevano??) fino alla mancata ricezione dello stipendio nei casi più gravi. Insomma, un incubo, al quale molti non resistevano e se ne andavano anche senza ricevere alcun compenso.
Questo settore – vendite telefoniche – è quello che ancora assume personale; e ci credo, non pagandolo se non a raggiungimento di target stratosferici, il guadagno “su” ciascun dipendente è altissimo: ma questo è peggio dello schiavismo!!

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