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domenica, ottobre 31, 2010

ANCORA SUL RAZZISMO (L'ULTIMO) 

La “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo”” afferma al primo articolo che “tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità e diritti”; sappiamo che varie situazioni di fatto calpestano tale principio, ma come la mettiamo se è una religione a comportarsi così ufficialmente? Infatti, l’induismo è l’unica grande religione – che in India è “quasi” religione di stato - a seguire un parametro diverso e precisamente una scala di diritti che discendono da una gerarchia di “purezza” che si tramuta in “casta”
In vetta a tale scala abbiamo la casta sacerdotale dei bramini, poi vengono i guerrieri, poi i commercianti e giù giù fino ad arrivare alle caste basse che includono gli agricoltori e vari altri mestieri “impuri” come barbieri o lavandai; alla fine di questa gerarchia, abbiamo i “fuori casta”, i cosiddetti “intoccabili”, i dalit.
Il concetto ispiratore di queste suddivisioni e di queste scale (che rappresentano una singolare rappresentazione del razzismo) è che la convinzione che la prosperità di uno Stato dipenda dalla giusta gerarchia delle funzioni e dell’ordine del sacrificio; le caste infatti sono nate dal sacrificio: nell’ordine sacro, il lavoro di tutti gli uomini è necessario, sacro, ed ha perfino una sua dignità: dal re al bramino e dal vasaio allo spazzino.
Il tutto, però secondo un ordine rigoroso, in quanto la confusione delle caste segna la morte di una società, trasformandola in una folla amorfa.
Ovviamente, questa situazione gerarchizzata ha prodotto varie ondate di violenza sia all’interno dell’induismo – per abbattere le singole barriere derivate dalla nascita – e sia contro le altre religioni, indicate come artefici del male del mondo.
Ma è stato veramente solo l’induismo a violare il principio cardine dell’uguaglianza degli uomini? Oppure anche due grandi religioni monoteiste – cristianesimo e islam – hanno avuto precise responsabilità nella storia delle discriminazioni nascenti dal razzismo?
Dobbiamo subito dire che sulla carta – cioè sui testi sacri – non si può affermare ciò; non c’è un solo versetto del Corano, afferma convinto ogni buon mussulmano, dove si teorizzi la minima differenza davanti ad Allah tra bianchi e neri, gialli e rossi; ed altrettanto farà ogni buon cristiano che scorrendo i Vangeli ha la convinzione che davanti a Dio ogni uomo è uguale a Lui, in quanto creato a sua immagine e somiglianza e quindi il colore della pelle è solo un fatto marginale.
Entrambe le religioni dicono che il primo antenato di tutti noi è Adamo e lui – creato dalla terra – non era di nessun colore e quindi la differenza che si crea nel mondo tra bianchi, gialli e neri è tutta una questione degli uomini e dei loro interessi.
Nella realtà, entrambe le religioni hanno avuto i loro bravi problemi a mettere d’accordo i colori della pelle dei loro adepti; si cominciò con lo schiavismo – “tollerato” da entrambi – fino ad arrivare ai giorni nostri, dove un mussulmano doc come Osama Bin Laden ebbe a dire al neo Presidente Barack Obama “ricordati, sei solo un servo negro” ed anche l’altra affermazione “sei solo un negro di casa”: in entrambe le frasi si ha la certezza del disprezzo con cui viene usato il termine negro.
Nella vicenda degli schiavi e della relativa “tratta”, anche le autorità cristiane ebbero voce in capitolo e non presero mai posizione netta nei confronti di un’abolizionismo che avrebbe scardinato una serie di principi anche etici ai quali le varie società si stavano adeguando. Insomma, le scritture dicono che “tutti gli uomini sono uguali”, ma poi, in concreto, l’islam ha avuto il primo Imam “nero” alla Mecca solo nel 2009 e il cattolicesimo ha atteso il 1960 per festeggiare il primo Cardinale “nero”.

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