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giovedì, ottobre 07, 2010

ANCORA DUE PAROLE SUGLI ANZIANI 

Nel mio post di ieri l’altro, ho affrontato lo spinoso problema degli anziani e in particolare di coloro che hanno necessità di essere assistiti in modo professionale nelle cosiddette R.S.A. (residenze sanitarie assistite); queste forme di degenza, come ogni altra cosa di questo mondo, costa dei soldi e quindi l’anziano (ed i suoi familiari) che li ha è bene accolto, mentre per quello che non ne dispone, sono guai: citavo in questo mio articolo il caso di una famiglia che è stata costretta a vendere una casa per poter mantenere l’anziano nella struttura assistita.
Ebbene, quest’oggi, faremo un passo avanti, in quanto ho scoperto che fin dal 2005 lo Stato ha previsto per legge (la 248) uno strumento finanziario appositamente dedicato: il “prestito vitalizio ipotecario”, che permette ad un anziano – dai sessantacinque anni in avanti – di disporre di una adeguata liquidità, importante ed immediata, a prescindere dal fatto che abbia o meno capacità di reddito.
Il sistema parte dalla parola “ipotecario” e quindi viene predisposto un finanziamento garantito da un appartamento e prevede la possibilità di un prestito che va dal 20 al 50% del valore dell’immobile, con l’avvertenza che “più si è anziani e meno reddito si ha e più liquidità si ottiene con questa forma di prestito.
Per comprenderne appieno il funzionamento, facciamo un esempio: un signore ottantenne, proprietario di un appartamento del valore di 300mila euro, ottiene un prestito vitalizio da 90mila euro; con questo denaro, può garantirsi la retta in una R.S.A. per molti anni – dice la legge – ma, aggiungo io, il periodo che si copre con i 90mila euro non è poi così grande: se uno ha una retta di 3.000 euro al mese (cifra minima in queste strutture), si spendono 36.000 euro l’anno e quindi, i famosi 90mila euro non coprono neppure tre annualità; e dopo? Si butta fuori l’anziano? Mah!!
Ma andiamo avanti; la legge continua con questa allocuzione: l’anziano non deve restituire niente, né in conto capitale né in conto interessi finché è in vita, ma utilizzare queste risorse per il suo mantenimento; il riscatto avverrà solo dopo la sua morte e sarà un problema che riguarderà gli eredi, i quali verranno contattati e avranno 12 mesi di tempo per scegliere tra queste opzioni: rifondere, (anche attraverso un mutuo) il debito contratto dall’anziano (i famosi 90mila euro) con gli interessi maturati negli anni trascorsi, oppure vendere l’immobile per conto proprio ed al prezzo che riusciranno a spuntare, restituendo così l’importo finanziato.
Come terza ed ultima opzione, possono decidere di rinunciare all’immobile e in questo caso, l’Istituto di Credito che ha eseguito l’operazione iniziale, farà fare una apposita stima del suo valore a un perito del Tribunale e, dopo aver venduto l’appartamento, liquiderà agli eredi quanto avanza del debito.
Piccolo particolare: questa forma di prestito vitalizio è l’unico strumento finanziario che prevede l’anatocismo, ossia il calcolo degli interessi sugli interessi ricapitalizzati ogni anno: in parole povere, questo sistema – oltre che dalle aziende di credito autorizzate dallo Stato in base alla famosa legge 248 - è utilizzato soltanto dagli strozzini, con l’avvertenza che questi ultimi, se colti sul fatto, vengono mandati sotto processo e, se riconosciuti colpevoli, sbattuti in galera.
Insomma, l’anziano resta un rompiscatole per la famiglia, ma, per altri, può essere anche un’opportunità per farci dei buoni affari e questa del “prestito ipotecario dedicato” mi sembra uno di questi casi; di una cosa sono certo: che l’anatocismo è una vera e propria truffa e applicarla in questo caso mi manda il sangue alla testa!!

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