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giovedì, agosto 19, 2010

OBAMA, TRA ECONOMIA E ISLAM 

Negli Stati Uniti, nonostante l’impegno profuso dal Presidente Obama, l’economia non riesce ancora a raddrizzarsi dopo la caduta per la crisi del 2008: l’ultimo dei parametri sconfortanti è la disoccupazione, che stando ai dati forniti (9,5%), continua ad aumentare, malgrado il trilione di dollari impegnato per questo scopo.
Sorge spontanea la domanda: perché una tale cifra mostruosamente alta non produce il beneficio sperato? Gli analisti americano rispondono con un ragionamento semplicissimo: quando si fa ricorso al denaro pubblico per creare posti di lavoro,si costruiscono ponti, oppure autostrade o altra opera pubblica; terminati questi lavori termina anche il lavoro e quindi siamo daccapo; i soli posti duraturi (fino ad un certo punto) sono quelli creati dall’economia privata e qui, dobbiamo porci una nuova domanda: perché l’economia privata non crea nuovi posti di lavoro, ma anzi continua a licenziare?
Sembrerebbe che le ragioni siano più di una: la prima è che i consumi non sono ancora ripresi e quindi il mercato viene definito “stagnante”; c’è poi la concorrenza asiatica che appare sempre più insostenibile ed infine perché tutti gli analisti prevedono (e lo dicono) un prossimo aumento delle tasse e queste ultime, come si sa, sono un vero e proprio “veleno” per qualsiasi economia.
Comunque sia, si pensi che un sondaggio commissionato dalla Nbc e dal Wall Street Journal, dice che “due americani su tre giudicano che la nazione si sta muovendo nella direzione sbagliata” ed aggiungono che si augurano che a novembre il Congresso ridiventi a maggioranza repubblicana e quindi Obama – come ha precisato l’ex speaker della Camera – “smetta di comportarsi come quel bambino al quale sia stata regalata la carta di credito”.
Mentre il bravo Barack è impegnato in queste problematiche di carattere economico – a proposito, ci sarebbe anche il settore immobiliare che non vuol saperne di riprendersi – una grana di altro genere gli va a capitare sulla testa: la comunità islamica di New York ha fatto richiesta affinché un edificio nella zona di Ground Zero venga destinato ad una Moschea per gli islamici newyorchesi.
L’edificio, in acciaio e cristallo, avrà una metratura di 9mila metri quadri e sarà allogato su 13 piani; sorgerà al posto di un vecchio palazzo rovinato dall’attentato dell’11 settembre che – a detta di tutti – sarebbe di matrice islamica. La struttura prenderà il nome di “Cordoba House”, in ricordo della città spagnola che nel medioevo fu un centro culturale interreligioso; nell’edificio, oltre alla zona di culto, troveranno posto anche un auditorium da 500 posti, una piscina, una libreria e un ristorante;
Il Presidente aveva due strade: rifiutare il permesso per la costruzione – proprio in quel posto – della Moschea, oppure concedere l’autorizzazione; dopo vari pensamenti e considerazioni, sue e dell’intero staff, la decisione è stata quella di autorizzare la costruzione del Centro Islamico, in nome del principio secondo cui “i popoli di tutte le fedi sono i benvenuti in questo paese ed essi hanno diritto di poter praticare il loro culto in un luogo a loro scelta, fatte salve le leggi e le ordinanze locali”.
I commenti dei politici sono stati accesissimi, specie quelli degli avversari che hanno bollato il tutto come una “provocazione” e si sono spinti ad affermare che “si è dissacrato il luogo di una delle più grandi tragedie americane”.
Questo il mondo della politica; e la gente comune? Secondo il 68% degli americani, Obama “ha perso il contatto con l’America”; più chiaro di così!!

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