domenica, agosto 01, 2010
LAVORO E IMMIGRAZIONE
Mentre i dati di giugno sulla disoccupazione mostrano una piccola diminuzione, 8,5 contro l’8,7, nessuno – stampa, sindacati e tanto meno politici – ci propone qualche riflessioni su come sta cambiando il mondo del lavoro in questo periodo di totale acquiescenza alla globalizzazione.
Abbiamo così tutta la vicenda FIAT, caratterizzata da due interventi - Pomigliano e Mirafiori – laddove, nel primo caso si è già costituita la nuova “Company” che assumerà nel 2012 gli operai che vorranno aderire a questa iniziativa, fermo restando che si applicherà il contratto “Marchionne” e non quello “nazionale” per i metalmeccanici.
Per Mirafiori, il problema si pone con il trasferimento di alcune lavorazioni (multipla e altre), dalla struttura storica della FIAT alla ex fabbrica della Zastava, in Serbia, rilevata dalla casa torinese e dove si dovrebbe dare inizio ad una nuova, forte produzione di auto italiane; le condizioni che sono state prospettate da governo e sindacati serbi sono allettanti: abbattimento delle tasse per cinque anni e garanzia da parte delle strutture operaie che verrà applicato il sistema contrattuale già utilizzato per la vicenda Pomigliano.
E la busta paga? Qui le notizie divergono, poiché da una parte c’è la voce ufficiale che parla di 400 euro mensili (lordi) e dall’altra c’è un’intervista ad un operaio serbo che – pur felice dell’arrivo degli italiani – dice che con 200 euro al mese è dura campare anche in Serbia: la differenza non è moltissima, ma resterebbe da chiedersi “cosa si compra” con questi soldi in Serbia e cosa in Italia con i 900/1000 euro di un operaio.
Ci sarebbe poi da esaminare l’altro versante del mondo del lavoro, quello degli immigrati, ma per questo comparto, dobbiamo anzitutto notare lo scarso interesse della nostra stampa per un’analisi seria ed approfondita del fenomeno: ormai i nostri pennivendoli sono abituati a cavalcare solo gli eventi che creano emergenza – nell’immigrazione c’è stato Rosarno – e a non impostare una seria inchiesta su quello che avviene nei rapporti di lavoro di queste persone: ho presente solo un film (“La nostra vita”) dove il problema è visto come una sequela di “disgraziati, pagati a nero e con quanto decide il padrone”; ma è solo un film che, logicamente, tende ad esasperare la narrazione a fini tematici.
Ormai mi sembra che il nostro mondo giornalistico sia votato quasi esclusivamente a interviste fiume, oppure alla pubblicazione di carte processuali più o meno pruriginose e comunque possiamo dire che l’obiettivo è il gossip; dicono che sia l’unica cosa che interessa il lettore: se è così siamo messi proprio male ma io non ci credo che sia così.
Eccola una indagine che meriterebbe di essere fatta: l’unica cifra che continua ad essere ripetuta da tutti è che entro il 2050 raddoppierà il numero degli stranieri in Italia: come ho avuto modo di dire più volte, è colpa della globalizzazione che ha distrutto le realtà economiche del Terzo Mondo, costringendole ad uscire improvvisamente dalle economie di sussistenza su cui avevano fin qui vissuto, per cercare di integrarsi nel mercato mondiale dove – oltre a perdere la loro identità e la loro cultura – soccombono allo strapotere del capitalismo e da “povere” che erano diventano “miserabili” e giungono fino a patire la fame; da qui le migrazioni bibliche che tanto ci spaventano e che non sono altro che un pallido fantasma di ciò che accadrà se la globalizzazione continuerà imperterrita la sua “marcia trionfale”; e per la verità non riesco ad intravedere chi o che cosa la possa fermare.
Abbiamo così tutta la vicenda FIAT, caratterizzata da due interventi - Pomigliano e Mirafiori – laddove, nel primo caso si è già costituita la nuova “Company” che assumerà nel 2012 gli operai che vorranno aderire a questa iniziativa, fermo restando che si applicherà il contratto “Marchionne” e non quello “nazionale” per i metalmeccanici.
Per Mirafiori, il problema si pone con il trasferimento di alcune lavorazioni (multipla e altre), dalla struttura storica della FIAT alla ex fabbrica della Zastava, in Serbia, rilevata dalla casa torinese e dove si dovrebbe dare inizio ad una nuova, forte produzione di auto italiane; le condizioni che sono state prospettate da governo e sindacati serbi sono allettanti: abbattimento delle tasse per cinque anni e garanzia da parte delle strutture operaie che verrà applicato il sistema contrattuale già utilizzato per la vicenda Pomigliano.
E la busta paga? Qui le notizie divergono, poiché da una parte c’è la voce ufficiale che parla di 400 euro mensili (lordi) e dall’altra c’è un’intervista ad un operaio serbo che – pur felice dell’arrivo degli italiani – dice che con 200 euro al mese è dura campare anche in Serbia: la differenza non è moltissima, ma resterebbe da chiedersi “cosa si compra” con questi soldi in Serbia e cosa in Italia con i 900/1000 euro di un operaio.
Ci sarebbe poi da esaminare l’altro versante del mondo del lavoro, quello degli immigrati, ma per questo comparto, dobbiamo anzitutto notare lo scarso interesse della nostra stampa per un’analisi seria ed approfondita del fenomeno: ormai i nostri pennivendoli sono abituati a cavalcare solo gli eventi che creano emergenza – nell’immigrazione c’è stato Rosarno – e a non impostare una seria inchiesta su quello che avviene nei rapporti di lavoro di queste persone: ho presente solo un film (“La nostra vita”) dove il problema è visto come una sequela di “disgraziati, pagati a nero e con quanto decide il padrone”; ma è solo un film che, logicamente, tende ad esasperare la narrazione a fini tematici.
Ormai mi sembra che il nostro mondo giornalistico sia votato quasi esclusivamente a interviste fiume, oppure alla pubblicazione di carte processuali più o meno pruriginose e comunque possiamo dire che l’obiettivo è il gossip; dicono che sia l’unica cosa che interessa il lettore: se è così siamo messi proprio male ma io non ci credo che sia così.
Eccola una indagine che meriterebbe di essere fatta: l’unica cifra che continua ad essere ripetuta da tutti è che entro il 2050 raddoppierà il numero degli stranieri in Italia: come ho avuto modo di dire più volte, è colpa della globalizzazione che ha distrutto le realtà economiche del Terzo Mondo, costringendole ad uscire improvvisamente dalle economie di sussistenza su cui avevano fin qui vissuto, per cercare di integrarsi nel mercato mondiale dove – oltre a perdere la loro identità e la loro cultura – soccombono allo strapotere del capitalismo e da “povere” che erano diventano “miserabili” e giungono fino a patire la fame; da qui le migrazioni bibliche che tanto ci spaventano e che non sono altro che un pallido fantasma di ciò che accadrà se la globalizzazione continuerà imperterrita la sua “marcia trionfale”; e per la verità non riesco ad intravedere chi o che cosa la possa fermare.