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sabato, luglio 24, 2010

REAGAN O MAOMETTO? 

La domanda del titolo appare decisamente “provocatoria”, se non fosse per una realtà che spunta in Europa e che ci coglie un po’ tutti – me per primo – di sorpresa.
Sto alludendo alla Turchia, per decenni additata all’opinione pubblica di tutta Europa come la “longa mano” dell’islamismo in occidente e adesso – con al potere un partito dichiaratamente islamico – si ritrova osservata speciale da parte degli scettici, visti i grandi risultati economici ottenuti.
Il premier turco, dichiaratamente musulmano, Recep Erdogan, può guardare dall’alto in basso tutti quei paesi europei che consideravano la Turchia “non ancora matura” per entrare nell’Unione Europea, stante la scarsa industrializzazione del paese, i bilanci dissestati e un’inflazione galoppante, con consumi da economia del Terzo Mondo.
Ed invece, i dati che Erdogan può esibire agli scettici sono strepitosi: nel primo trimestre di quest’anno ha avuto una crescita dell’11,5%, la seconda più alta dopo quella cinese; ha un debito pubblico al 48% del Pil contro l’80 della media europea; ha un deficit di bilancio del 3% contro il 5 che rappresenta la media europea.
I dati sopra riportati hanno dell’incredibile e collocano la Turchia tra le Nazioni in pieno successo nel bacino del Mediterraneo; addirittura, si può dire che se la Turchia fosse già entrata nell’Unione Europea, avrebbe tutte le carte in regola per approdare al club dell’euro; peraltro, da tale club andrebbe esclusa – con somma gioia dei turchi – l’eterna rivale, quella Grecia che per entrarci ha giocato sporco truccando bilanci ed altri dati e che ora sta costringendo gli altri paesi europei a pagare di tasca propria (cioè di tutti noi) per salvarla.
Ma come ha fatto questo Paese a realizzare tali risultati; di chi il merito principale? Gli analisti di tutto il mondo sembrano d’accordo nell’indicare il Premier Erdogan come l’artefice di questo miracolo economico; ma come avrebbe fatto? Semplice, ha applicato la “solita” ricetta liberista di reaganiana memoria, che dice: se si tagliano le tasse, se si sfrondano burocrazia e regolamenti, se si favoriscono gli investimenti stranieri, se si rianima la competitività, i risultati prima o poi non possono mancare.
E questo sistema di reaganismo alla musulmana che può apparire un controsenso, è stato di fatto il cavallo di Troia che ha consentito alla Turchia di aprirsi ai mercati del Medio Oriente e, al tempo stesso, attirare i capitali occidentali.
E l’Europa che non ha ancora deciso se fare entrare la Turchia nell’Unione, si ritrova a confrontarsi con questo nuovo tipo di espansionismo turco che sostituisce alle armi, l’economia, altrettanto pericolosa ma decisamente meno cruenta.
Certo che questa Europa, piena di “tagli” e di disoccupazione, con lo spettro della crescita zero, si accorge che esistono anche realtà diverse e quindi volge uno sguardo interessato a quanto propone la Turchia.
Da rilevare che i dati che ci vengono forniti non citano nessun parametro tipico della salvaguardia sociale (disponibilità dei salvagenti tipici, come Cassa Integrazione e altri del genere) e neppure i livelli dei salari, cioè se sono riferibili all’Europa o al Medio Oriente; insomma, prima di spellarci le mani negli applausi per i risultati conseguiti, andiamo a vedere se il tutto è avvenuto sulla pelle dei soliti disgraziati, cioè degli operai e, se così fosse, abbassare i livelli della voglia di emulazione che è tipica dei nostri giorni e dei nostri governanti, tanto gli imprenditori che giocano sulla pelle degli operai ce li abbiamo anche noi, senza bisogno di scomodare i turchi.
Vi prego: cerchiamo di non gridare ancora una volta “mamma li turchi!!”. Chiaro??!!

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