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venerdì, luglio 30, 2010

GENTE E GIUSTIZIA 

Ho sotto gli occhi una delle tante sequenze di violenza e di morte: una donna di 44 anni è stata aggredita a pugni e calci e dopo essere stata violentata è stata uccisa, il tutto perché aveva rifiutato le avances di un bruto; ma questo è solo l’ultimo degli episodi che hanno caratterizzato la mattanza di questi ultimi tempi, dato che tanti altri sono gli eventi – tutti fortemente drammatici – che hanno visto come protagonisti dei bambini e delle giovanette, violati nella loro intimità e tante donne che sono diventate giocattoli nelle mani di bruti assetati di violenza.
Sono tante le situazioni nelle quali la donna e i giovanissimi sembrano diventati l’anello debole di una società che si sta dirigendo a passo di carica sempre più verso una violenza cieca e stupida; a fianco di questi episodi abbiamo un forte aumento della prostituzione minorile, a volte organizzata addirittura da familiari, sudici e indegni di chiamarsi esseri umani.
L’opinione pubblica che assiste – di persona o a mezzo stampa – a questi episodi violenti, auspicherebbe interventi decisi e veloci da parte delle autorità inquirenti, ma si trova davanti a giudici che prendono decisioni non sempre univoche (chi è per l’arresto immediato e chi invece concede gli arresti domiciliari) e sembrano balbettare sulla rapidità delle decisioni.
A questo proposito (incarcerazioni), il codice poneva l’obbligo di questa misura cautelare solo in caso di delitti mafiosi; dal 2009, con l’approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale, il giudice doveva applicare la stessa misura cautelare in carcere per le persone gravemente sospettate di delitti a sfondo sessuale.
Adesso, la legge utilizzata per pochi mesi, è stata dichiarata dalla Corte Costituzionale in contrasto con alcuni articoli della Costituzione e ha ripristinato la libertà decisionale del magistrato sull’applicazione delle misure cautelari o su altre misure alternative al carcere: insomma siamo ritornati indietro negli anni e, in sostanza, rimane l’obbligo del carcere solo per reati mafiosi.
Solo alcune dichiarazioni di addetti ai lavori: il Ministro per le pari opportunità afferma cion decisione che “la Corte sbaglia, perché chi stupra donne e bambini merita il carcere immediato”; ed anche il responsabile di Telefono Rosa è critico con la decisione della Corte: “in un momento in cui scorre sangue a fiotti per donne e bambini oggetto di violenza, mi chiedo se persone che si macchiano di questi reati debbano essere rimessi in giro”.
Comunque, niente di nuovo: si torna indietro e si ricomincia con i mugugni e con le accuse di lassismo rivolte ai magistrati; ma quello che voglio dire è che questi ultimi – dal più giovane magistrato appena assunto, al Presidente della Corte Costituzionale – sono chiamati ad amministrare giustizia sulla base delle norme emanate dallo Stato ed emettono sentenze con il solito preambolo “in nome del popolo italiano”.
Se qualche magistrato ha contatto con la società che gli paga lo stipendio e in nome della quale emette la sentenza, si accorgerà subito che tra un mafioso – più o meno “anonimo” - ed uno stupratore ed omicida di giovani donne o, peggio ancora, di bambini, quest’ultimo è il prescelto della gente per essere sbattuto subito in galera con il successivo getto della chiave in un fiume profondissimo; questo non significa affatto che per il mafioso si faccia un tifo sfegatato, ma sulla base della odiosità del reato, non ci sono confronti!! Spero di essere capito e di non generare confusione! Chiaro?

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