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martedì, giugno 08, 2010

IL PROBLEMA EUROPA 

Forse, etichettare l’Europa” con il termine di “problema” è decisamente troppo, ma l’idea mi è venuta nel leggere l’ultimatum dell’UE all’Italia, secondo cui dal 2012 tutte le donne che lavorano nel settore pubblico, andranno in pensione con 65 anni di età.
Capisco che i conti di molti Paesi europei – tra cui il nostro - non sono propriamente in ordine e quindi delle affermazioni del genere – che ovviamente minano alla base il concetto di autonomia di ogni Nazione – possono venire buone per i governanti per presentare il “problema” a sindacati e pensionati; come dire: noi non vorremmo farlo, ma l’UE ce lo impone!!
Comunque, prima di arrabbiarci per le pensioni, vi invito a riflettere su come sarà il nostro Paese tra venti anni? Anzitutto la questione demografica dalla quale risulta che i giovani diminuiscono sempre più, sia in termini percentuali rispetto alla popolazione, sia in assoluto: ci saranno infatti 1.235.000 giovani in meno e sui rimanenti graverà buona parte degli sforzi per aumentare il Pil e ridurre il debito pubblico.
Alcuni economisti parlano di una riduzione della spesa di ben 12 miliardi di euro per dieci anni, al fine di riportare il debito pubblico al di sotto del 100% del Pil; risulta chiaro che una salita così ripida e di lunga durata abbisogna di una strategia d’azione, un progetto di dinamica collettiva e di sviluppo futuro: potremmo chiamarlo un sogno, o almeno una proposta che sia in grado di scaldare i cuori e di accendere la speranza; ce l’abbiamo? E soprattutto, abbiamo colui che possa proporla? Non lo vedo!!
Il Pil del primo trimestre 2010 ha fatto registrare un dato che possiamo indicare come una “speranza”:infatti, mentre la media dell’area Euro è stata un +0,2 sul primo trimestre 2009, l’Italia è ai vertici dei Paesi europei con il suo +0,5; possiamo contentarci di questi dati iniziali e parziali? Direi proprio di no!!
Direi che sono un buon viatico per il prossimo futuro, ma la guerra si combatterà, a mio giudizio, su due fronti: il primo è quello dell’evasione fiscale e dei risparmi che gli enti locali saranno capaci di inventarsi per rientrare nei parametri fissati, mentre il secondo è la ripresa delle assunzioni e quindi dei consumi privati.
Sull’evasione si stanno facendo grossi passi in avanti, soprattutto sul piano organizzativo; bisogna ora vedere quanta parte del denaro individuato potrà essere considerato come “introitato”; per i risparmi, la chiave di volta dell’operazione è fatta dalla componente delle “consulenze”, vera spina nel fianco dei potenti della politica, ma anche nel campo delle “agenzie” che vengono letteralmente “inventate” per ogni problematica, anche la più strampalata, e che servono soprattutto a piazzare politici “trombati”, che debbono essere comunque “sistemati”.
Passiamo adesso al settore privato e, in particolare, la ripresa delle assunzioni nella Industria (grande e media): qui il discorso è allo stesso tempo più semplice e più complesso, proprio perché non c’è nessuno che possa “imporre” una strategia politica agli industriali; certo che se dobbiamo partire dalla situazione “Pomigliano”, le prospettive non sono rosee, in quanto la FIAT ha posto ai sindacati tutta una serie di “imposizioni” (alcune anche fuori legge) che sarà difficile far digerire ai lavoratori.
È chiaro che solo un aumento dei posti di lavoro porta a rinforzare i consumi, mentre alcune iniziative che definisco solo stravaganti, mi lasciano perplesso: penso a quella di aprire le scuole il primo di ottobre, anziché i primi di settembre, per favorire così il turismo locale: se continuiamo a considerare la scuola come un “impedimento” per lo sviluppo del Paese, non credo che andremo molto lontano; chiaro il concetto??

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