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sabato, giugno 12, 2010

10 GIUGNO 1940 

Settanta anni fa, alle 18 circa, il Duce lasciò il suo studio a Palazzo Venezia e si affaccio alla fatidica terrazza per annunciare l’entrata in guerra dell’Italia al fianco dei “camerati” tedeschi; un piccolo inciso: l’urgenza della dichiarazione di guerra derivava dalla paura del Duce che la guerra finisse dopo poco e quindi non gli sarebbe rimasto niente da spartire con Hitler: ma come aveva visto bene!!!
L’annuncio venne fatto alla solita folla oceanica osannante che si raggruppava sotto il balcone di Palazzo Venezia; prima curiosità: ma quelle persone, ci venivano “di suo” oppure erano portati con la forza? Perché se l’afflusso era spontaneo, allora dobbiamo parlare di una “Italia fascista”, mentre se c’era coartazione, fisica o psicologica, allora dobbiamo parlare di ”regime autoritario che gestisce le masse”: è diverso!!
A quella tragica giornata seguirono cinque anni di lutti e di rovine, cinque anni in cui il fratello si scagliò contro il fratello e cinque anni in cui l’identità nazionale andò a farsi friggere, soppiantata da una sorta di acquiescenza agli invasori di turno: prima i tedeschi, poi gli americani e poi i partigiani.
Ma gli storici moderni tendono a definire quella giornata – da molti chiamata “della follia” – come “degli inganni”, perché in forma palese od occulta, quasi tutti parteciparono ad un vasto e collettivo inganno. Il primo fu rivolto da Mussolini ad Hitler, a cui fu fatto credere che gli italiani erano pronti (magari non prontissimi, ma insomma…) per combattere al fianco degli alleati tedeschi; poi lo stesso Duce ingannò se stesso e gli italiani tutti, nella presunzione che i tedeschi avessero già vinto la guerra e quindi poteva bastare una sorta di “finzione del combattimento” per potersi poi sedere al tavolo dei vincitori e venire ricompensato con territori e colonie.
Sappiamo tutti come andò a finire e quanto fu amaro il pane che ci veniva elargito dai vincitori, ma almeno Mussolini – al pari di Hitler – venne cancellato, insieme al “fascismo”, dalla sconfitta e lasciò il passo ai moderni politici
Ci sono alcuni storici che affermano come sia stata la sconfitta bellica a distruggere il fascismo e che – nell’ipotesi che Mussolini avesse trovato il modo di esimersi dall’entrata in guerra – il fascismo sarebbe sopravvissuto a molti fascisti; un po’ come quanto è avvenuto in Spagna, dove ci sono voluti tantissimi anni per liberarsi di Francisco Franco, dittatore al pari del nostro Duce, ma più lungimirante nel tenersi a distanza dall’accordo con Hitler che vedeva come un “abbraccio mortale”.
Ma se è vero che dopo la guerra sparì il fascismo, non possiamo dire altrettanto dei “fascisti”, di coloro cioè che parteciparono al banchetto sul nostro Paese e che al momento dell’arrivo dei “liberatori”, trovarono il modo di cancellare ogni loro presenza in situazioni imbarazzanti e semplicemente “cambiarono giacchetta”, indossandone una più consona al momento storico che si stava vivendo.
Gli orrori della guerra – circa 40milioni di morti solo nel teatro di guerra europeo – e l’arrivo di un nuovo “giocatore” (la bomba atomica), resero la guerra una sorta di tabù, un qualcosa di impronunciabile e non ipotizzabile; il consueto “sfogo dell’uomo contro uomo” venne demandato a piccole ma cruentissime guerricciole locali in posti sperduti e ben delimitati; le “grandi potenze si sono ripresentate al proscenio solo dopo l’11 settembre del 2001, quando anche l’America vide l’insicurezza in casa propria e coniò il termine “guerra preventiva”, cosa che neppure Hitler aveva ipotizzato e che ha il solo esempio nell’impero romano con il celebre “si vis pacem para belllum” (se vuoi la pace prepara la guerra). E siamo a questo punto; dove andremo a finire??

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