lunedì, maggio 03, 2010
SPUNTI DALLA CRISI
Vorrei vedere la situazione nostrale della crisi sotto due aspetti: quello che “è” e quello che “appare”; non voglio fare un discorso prettamente semiologico, ma rilevare quello che ci perviene dalla vita di tutti i giorni.
E partiamo allora da “quello che è” e diciamo subito che nel nostro Paese, con un tasso di disoccupazione vicino all’8% - lontano magari dal 20% spagnolo ma anche dal 3% olandese – non si vive tranquilli e la situazione del proprio posto di lavoro è in testa alle preoccupazioni di tutti.
Ed allora, nella discussione parlamentare sul decreto relativo agli ammortizzatori sociali, ecco che mi sembra da registrare una proposta che ha una sua validità: chiamiamola, con uno slogan ad effetto, la tassa dei ricchi, cioè una imposizione “una tantum”del 2% per gli anni 2010 e 2011 riferita ai redditi che superano i 200mila euro.
In pratica, l’aliquota marginale massima salirebbe al 45% e l’una tantum servirebbe per coprire l’allungamento da 12 a 24 mesi della Cassa Integrazione Guadagni.
La proposta è del PD ed è stata firmata da Cesare Damiano, già Ministro del Lavoro del governo Prodi e, per ora, ha trovato scettica la maggioranza che attende comunque di pronunciarsi dopo aver verificato l’idoneità del provvedimento per la copertura dell’incremento della CiG.
In questo momento di crisi, la formula “togliere ai ricchi per dare ai poveri” è certamente ben vista dalla gente, a prescindere dai risultati che genera; peraltro, dobbiamo ricordare che una proposta quasi analoga era stata avanzata dall’allora segretario del PD, Dario Franceschini: in questo caso la proposta riguardava i redditi al di sopra dei 150mila euro ed il ricavato era destinato a trovare 500milioni da destinare alle fasce di popolazione che si trovano “in povertà assoluta”: la mozione non venne accettata dal Governo.
Il mio commento è che un provvedimento del genere, anche se non risolve la situazione generale del Paese, mostra però un modo di procedere della finanza pubblica che parte dal prelievo ai ricchi e procede verso la condivisione con i poveri.
Insomma, un modo di fare apparire le cose “come se”, circostanza che nella civiltà dell’immagine è ormai diventata un’abitudine; ed infatti un altro caso del genere – all’incontrario – è accaduto nella rossa e virtuosa Emilia-Romagna, laddove tre direttori generali della Regione con un contratto a termine, sono stati assunti – per un solo giorno – a tempo indeterminato e subito, con una “risoluzione consensuale del rapporto”, posti in pensione: così facendo, con un solo giorno di lavoro, sono riusciti a portarsi a casa pensione, liquidazione da direttori generali e buonuscita da semplici direttori a tempo determinato: solo quest’ultima uscita varia da 111mila euro per il più fortunato ai 50mila euro per il meno fortunato.
Tutta l’operazione, sia pure eseguita attraverso una serie di dribbling alla normativa per mezzo di “determine” e “delibere” formalmente ineccepibili, mostra una ferma volontà di “accaparrarsi” più benefici possibili non appena entrati in contatto con il settore pubblico; ecco perché queste situazioni generano sfiducia, rabbia e qualche volta anche peggio, da parte della gente nei confronti dello Stato; proprio perché – questa è l’immagine che esce all’esterno – sembra che in questi casi di ladrocinio siano tutti dalla stessa parte, forti del principio che adesso io faccio un favore a te e domani tu lo fai a me: insomma, si mettono da parte dispute politiche, litigi programmatici e robaccia del genere per fare massa comune al grande ristorante del “magna magna”. Chiaro??
E partiamo allora da “quello che è” e diciamo subito che nel nostro Paese, con un tasso di disoccupazione vicino all’8% - lontano magari dal 20% spagnolo ma anche dal 3% olandese – non si vive tranquilli e la situazione del proprio posto di lavoro è in testa alle preoccupazioni di tutti.
Ed allora, nella discussione parlamentare sul decreto relativo agli ammortizzatori sociali, ecco che mi sembra da registrare una proposta che ha una sua validità: chiamiamola, con uno slogan ad effetto, la tassa dei ricchi, cioè una imposizione “una tantum”del 2% per gli anni 2010 e 2011 riferita ai redditi che superano i 200mila euro.
In pratica, l’aliquota marginale massima salirebbe al 45% e l’una tantum servirebbe per coprire l’allungamento da 12 a 24 mesi della Cassa Integrazione Guadagni.
La proposta è del PD ed è stata firmata da Cesare Damiano, già Ministro del Lavoro del governo Prodi e, per ora, ha trovato scettica la maggioranza che attende comunque di pronunciarsi dopo aver verificato l’idoneità del provvedimento per la copertura dell’incremento della CiG.
In questo momento di crisi, la formula “togliere ai ricchi per dare ai poveri” è certamente ben vista dalla gente, a prescindere dai risultati che genera; peraltro, dobbiamo ricordare che una proposta quasi analoga era stata avanzata dall’allora segretario del PD, Dario Franceschini: in questo caso la proposta riguardava i redditi al di sopra dei 150mila euro ed il ricavato era destinato a trovare 500milioni da destinare alle fasce di popolazione che si trovano “in povertà assoluta”: la mozione non venne accettata dal Governo.
Il mio commento è che un provvedimento del genere, anche se non risolve la situazione generale del Paese, mostra però un modo di procedere della finanza pubblica che parte dal prelievo ai ricchi e procede verso la condivisione con i poveri.
Insomma, un modo di fare apparire le cose “come se”, circostanza che nella civiltà dell’immagine è ormai diventata un’abitudine; ed infatti un altro caso del genere – all’incontrario – è accaduto nella rossa e virtuosa Emilia-Romagna, laddove tre direttori generali della Regione con un contratto a termine, sono stati assunti – per un solo giorno – a tempo indeterminato e subito, con una “risoluzione consensuale del rapporto”, posti in pensione: così facendo, con un solo giorno di lavoro, sono riusciti a portarsi a casa pensione, liquidazione da direttori generali e buonuscita da semplici direttori a tempo determinato: solo quest’ultima uscita varia da 111mila euro per il più fortunato ai 50mila euro per il meno fortunato.
Tutta l’operazione, sia pure eseguita attraverso una serie di dribbling alla normativa per mezzo di “determine” e “delibere” formalmente ineccepibili, mostra una ferma volontà di “accaparrarsi” più benefici possibili non appena entrati in contatto con il settore pubblico; ecco perché queste situazioni generano sfiducia, rabbia e qualche volta anche peggio, da parte della gente nei confronti dello Stato; proprio perché – questa è l’immagine che esce all’esterno – sembra che in questi casi di ladrocinio siano tutti dalla stessa parte, forti del principio che adesso io faccio un favore a te e domani tu lo fai a me: insomma, si mettono da parte dispute politiche, litigi programmatici e robaccia del genere per fare massa comune al grande ristorante del “magna magna”. Chiaro??