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domenica, aprile 11, 2010

VENDERE IL PROPRIO CORPO 

A scanso di equivoci la vendita di cui si accenna nel titolo non ha niente a che vedere con quello che concerne la prostituzione e annessi vari; qui si tratta di vendere vere parti del proprio corpo, come se fossimo in una macelleria.
Ha cominciato Shakespeare che nel “Mercante di Venezia” fa chiedere al creditore di Antonio sette libbre del suo corpo in pagamento del debito; in parte questa tematica è stata ripresa da Gabriele Muccino nel suo film “Sette Anime” con il protagonista che cede, gratuitamente, sette parti del proprio corpo, compreso il cuore, in espiazione di una sua colpa per un incidente automobilistico che ha provocato sette vittime.
In entrambi i casi, coloro che cedono parti del loro corpo sono dei “debitori”, sia pure a vario titolo; quello invece che vi voglio raccontare non riguarda un debitore – almeno non nel termine che intendiamo noi – ma una signora di 51 anni, di professione “imprenditrice nel settore moda” che ha deciso di mettere sul mercato tutti i propri organi utilizzabili dalla medicina, compreso il cuore, per tentare di salvare la propria azienda dal fallimento.
Anzitutto una precisazione di carattere giuridico: la nostra legge fa espresso divieto di vendere, ma anche di acquistare, organi del corpo umano; la cessione del rene, a pagamento, è diventata una cosa abbastanza ricorrente, in quanto non produce danni irreparabili per il cedente e salva colui che lo riceve; oltre un anno or sono, un cinquantenne del Sud lanciò un appello disperato: “ho bisogno di soldi, se a qualcuno serve vendo un rene”; non conosco come andò a finire la storia.
Ma torniamo alla nostra imprenditrice cinquantunenne e ai suoi problemi; da avere una piccola ma fiorente azienda, la donna si è trovata improvvisamente senza un soldo, con 50 centesimi in tasca con cui, dice, “non posso comprare neppure un panino”; la donna quindi non è in grado di mantenersi e neppure di mantenere la figlia di 20 anni che si allinea alla vendita, offrendo però “solo un rene”.
Le due donne vendono “al migliore offerente”, così da poter saldare i tanti debiti e ritrovare almeno un minimo di dignità; il motivo di tanta indigenza sembra che vada ricercata nel “solito” rifiuto delle Banche di concederle un credito di 30mila euro, indispensabile per continuare a lavorare.
Dopo aver bussato a tutte le porte che conosceva (fondazioni bancarie, prefettura, enti locali, organizzazioni di categoria, ecc.) l’imprenditrice dette inizio ad uno sciopero della fame e della sete, mettendosi in uno spiazzo centrale della città; la protesta venne interrotta quando una banca si rese disponibile per un finanziamento che però – allo stesso modo di tutti i precedenti – non è andato a buon fine.
Quindi, la vendita del proprio corpo – a pezzi ed ai migliori offerenti – è rimasta l’ultima provocazione per cercare di sensibilizzare “qualcuno” sui problemi della donna e della figlia; l’ultima dichiarazione della imprenditrice è la sintesi della vicenda: “dicono che non è legale vendere il proprio corpo, ma non lo è nemmeno far morire di fame le persone che per anni si sono comportate onestamente ed ora vengono abbandonate come sta succedendo a noi; quindi, non avendo altro a disposizione (ci hanno portato via tutto) non ci resta che questa strada”.
Da notare che la signora, sempre nella scia della provocazione, ha inviato una e-mail ad una diecina di grandi ospedali in tutta Italia, con la quale propone a queste strutture l’acquisto di uno o più organi del proprio corpo, compreso il cuore.
Come provocazione è sicuramente originale, ma non è colpa della donna, anzi…..

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