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venerdì, aprile 02, 2010

IL NO DI NAPOLITANO 

Questa volta il Presidente non ha abbozzato e non ha neppure svolto la solita “moral suasion”, che significa dire le cose a tizio perché le riferisca a caio; questa volta il Presidente ha preso carta e penna ed ha rinviato il DDL sul lavoro alle Camere con la motivazione che contiene molte cose non chiare e che comunque non lo convincono.
Da notare che alcune settimane fa, il quotidiano “La repubblica” pubblicò la notizia che il Presidente non ne voleva sapere di quel dispositivo che riforma i rapporti di lavoro annullando di fatto l’art.18 dello Statuto dei lavoratori; il Quirinale smentì bruscamente e nettamente queste indiscrezioni ma evidentemente il quotidiano aveva ragione, solo che Napolitano – con squisito senso di ”super partes” – non aveva voluto che questa sua decisione incidesse sul risultato elettorale.
Ed ora, finite le elezioni, indicati i vincitori e i vinti, si è deciso ed ha mandato la lettera di cui sopra ho fatto cenno, nella quale, pur apprezzando l’intento riformatore del Governo, rileva la presenza di “troppe eterogeneità ed evidenti incostituzionalità, nonché scarse garanzie per i lavoratori”.
Il Presidente del Consiglio non si è ancora pronunciato – almeno a quanto ho avuto modo di leggere – ma in sua vece lo ha fatto il competente Ministro del Lavoro che, per fortuna, ha ammesso che il provvedimento aveva alcune lacune e che “terremo conto di quanto rilevato dal Quirinale e proporremo alcune modifiche che mantengano in ogni caso l’istituto che lo stesso Presidente della Repubblica ha apprezzato” (l’arbitrato).
Dire che il Governo ha fatto una bella figura è come bestemmiare il nome di Dio; dire che se lo dovevano aspettare è dire la consueta banalità; evidentemente si pensava che anche questa volta il Presidente della Repubblica si limitasse a qualche reprimenda sotto banco, ma il tema del lavoro rappresenta un qualcosa che nessuno, tanto meno l’inquilino del Quirinale, può disattendere.
Non ci dimentichiamo che il nostro Paese, pur in posizione molto migliore dei nostri partners europei, ha raggiunto a febbraio un tasso di disoccupazione dell’8,5%, in aumento – sia pure lievissimo – dello 0,1% rispetto al mese precedente.
Il tasso che da noi è dell’8,5%, in Spagna è al 19%, in Francia è sopra il 10% e in Germania è al 7,5%; tutti questi valori compongono una media ponderata dei Paesi UE del 9,6%, ben al di sopra del nostro valore, ma questo pannicello caldo non ci deve indurre a fermarsi e riscaldarsi con questo pseudo traguardo raggiunto; diciamoci la verità, sono tante, troppe le aziende che chiudono e mettono i propri operai in mezzo ad una strada, quindi il Governo ha l’obbligo di fare qualcosa.
Io che sono l’uomo dalle idee bislacche, ne sforno adesso un’altra nuovissima in merito al problema del lavoro: cosa ne pensate se il Ministero dell’Economia inviasse una bella circolare a tutti i Comandi Regionali e Provinciali della Guardia di Finanza, invitandoli a disporre una visita ispettiva nei confronti di quelle aziende che hanno licenziato un’alta percentuale dei loro lavoratori; e se l’azienda ha chiuso e messo tutti sul lastrico, si faccia irruzione e si sequestri i libri contabili.
Purtroppo ho la netta sensazione, anzi qualcosa di più di una sensazione, che se queste aziende venissero scrupolosamente ispezionate dai finanzieri, si verrebbero a scoprire tante, ma tante magagne del tipo di capitali inviati all’estero e cose di questo genere; il tutto, ovviamente alla faccia dei cassaintegrati o, peggio ancora, dei licenziati e basta. È un’idea, solo un’idea bislacca, ma credo che l’automatismo “licenziamento – ispezione” possa essere uno splendido deterrente. Chiaro il concetto?

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