sabato, aprile 24, 2010
ACQUE AGITATE NELLA LIRICA
La famosa crisi universale dovrebbe indurre tutti a fare dei sacrifici, ma in perfetto stile italico, ci comportiamo pressappoco così: “tu fai i sacrifici ed io sto a vedere come fai”: chiaro il concetto??
Mi è venuto in mente questa battuta perché ho letto che le fondazioni liriche italiane, cioè le strutture che gestiscono i teatri lirici più importanti, sono in agitazione perchè il Ministro della Cultura Biondi ha emanato un nuovo decreto – che nessuno peraltro ha ancora letto approfonditamente – nel quale il ministero assume alcuni poteri che prima non aveva; il tutto per regolamentare in qualche modo un settore che, a scanso di equivoci, ha ricevuto dallo Stato nel 2009 la bella cifra di 240milioni di euro e, nonostante questo versa in “profondo rosso” (molti teatri se non tutti).
Il Ministro, un po’ per fare chiarezza e un po’ per spirito polemico, ha “messo in rete” tutte le situazioni patrimoniali delle 14 fondazioni liriche italiane e da questi dati emergono situazioni interessanti ma molto diverse le une dalle altre.
Per esempio, stando ai contributi del 2009, i teatri che hanno avuto di più sono La Scala di Milano con qualcosa più di 33milioni di euro, seguita dal Teatro dell’Opera di Roma con 26milioni e dal Teatro Massimo di Palermo con 20milioni e dal Teatro del Maggio Fiorentino con 19milioni e mezzo.
Da notare che queste cifre vengono poi integrate dai contributi degli enti locali, cosicché la Regione siciliana versa 13milioni e mezzo al proprio teatro, mentre la Lombardia di limita ad un milione, il Lazio a 3milioni e la Toscana a 2.4milioni: come si vede esistono realtà ben diverse che poi si riverberano nel totale dei contributi, anche perché abbiamo un'altra struttura che contribuisce e cioè il Comune, per cui quello di Milano versa oltre 7milioni, quello di Roma 13, quello di Palermo 4 e quello di Firenze poco più di 3.
Scusate la cruda elencazione di questi numeri, ma sono necessari per giungere ad un a mia conclusione: fermo restando l’analisi su questi quattro teatri, abbiamo un totale dei contributi – comprensivi di quelli di altri enti locali e dei “privati” - che sono di quasi 60milioni per La Scala di Milano, di quasi 47milioni per il Teatro dell’Opera di Roma, di quasi 40 per il Massimo di Palermo e di quasi 30 per Firenze.
A queste cifre va aggiunta la somma, per me più importante di tutte, e cioè il ricavato di ciascun teatro per la vendita dei biglietti: più di 36milioni per La Scala, più di 6milioni per Roma, quasi 3milioni per Palermo e 6milioni per Firenze.
La conclusione ce la detta la matematica: La Scala ha un rapporto del 60% tra contributi e ricavi propri, mentre a Roma tale percentuale scende al 13%, a Palermo a meno del 13% e a Firenze al 20%. Queste sono le cifre sulle quali impostare una corretta politica della lirica, nella quale non venga disatteso l’elemento finanziario, stante che questo Paese non può permettersi di gettare al vento i propri denari; pertanto, si dovrebbe fissare una percentuale tra contributi e ricavi da prestazioni (i biglietti, tanto per intenderci) che non dovrebbe mai scendere sotto il 15% e se qualche teatro dovesse rimetterci rispetto alla situazione attuale, pazienza; l’elemento che andrebbe privilegiato è il numero degli spettacoli che ciascuna struttura riesce a mettere in scena e quanto viene incassato da ciascuno di questi.
Al di fuori di questo si scivola nell’assistenzialismo puro e semplice e non trovo giusto generalizzare la contribuzione della mano pubblica sull’onda dell’emotività che discende da frasi tipo “la cultura è la vita di una Nazione”. Specie di questi tempi!!
Mi è venuto in mente questa battuta perché ho letto che le fondazioni liriche italiane, cioè le strutture che gestiscono i teatri lirici più importanti, sono in agitazione perchè il Ministro della Cultura Biondi ha emanato un nuovo decreto – che nessuno peraltro ha ancora letto approfonditamente – nel quale il ministero assume alcuni poteri che prima non aveva; il tutto per regolamentare in qualche modo un settore che, a scanso di equivoci, ha ricevuto dallo Stato nel 2009 la bella cifra di 240milioni di euro e, nonostante questo versa in “profondo rosso” (molti teatri se non tutti).
Il Ministro, un po’ per fare chiarezza e un po’ per spirito polemico, ha “messo in rete” tutte le situazioni patrimoniali delle 14 fondazioni liriche italiane e da questi dati emergono situazioni interessanti ma molto diverse le une dalle altre.
Per esempio, stando ai contributi del 2009, i teatri che hanno avuto di più sono La Scala di Milano con qualcosa più di 33milioni di euro, seguita dal Teatro dell’Opera di Roma con 26milioni e dal Teatro Massimo di Palermo con 20milioni e dal Teatro del Maggio Fiorentino con 19milioni e mezzo.
Da notare che queste cifre vengono poi integrate dai contributi degli enti locali, cosicché la Regione siciliana versa 13milioni e mezzo al proprio teatro, mentre la Lombardia di limita ad un milione, il Lazio a 3milioni e la Toscana a 2.4milioni: come si vede esistono realtà ben diverse che poi si riverberano nel totale dei contributi, anche perché abbiamo un'altra struttura che contribuisce e cioè il Comune, per cui quello di Milano versa oltre 7milioni, quello di Roma 13, quello di Palermo 4 e quello di Firenze poco più di 3.
Scusate la cruda elencazione di questi numeri, ma sono necessari per giungere ad un a mia conclusione: fermo restando l’analisi su questi quattro teatri, abbiamo un totale dei contributi – comprensivi di quelli di altri enti locali e dei “privati” - che sono di quasi 60milioni per La Scala di Milano, di quasi 47milioni per il Teatro dell’Opera di Roma, di quasi 40 per il Massimo di Palermo e di quasi 30 per Firenze.
A queste cifre va aggiunta la somma, per me più importante di tutte, e cioè il ricavato di ciascun teatro per la vendita dei biglietti: più di 36milioni per La Scala, più di 6milioni per Roma, quasi 3milioni per Palermo e 6milioni per Firenze.
La conclusione ce la detta la matematica: La Scala ha un rapporto del 60% tra contributi e ricavi propri, mentre a Roma tale percentuale scende al 13%, a Palermo a meno del 13% e a Firenze al 20%. Queste sono le cifre sulle quali impostare una corretta politica della lirica, nella quale non venga disatteso l’elemento finanziario, stante che questo Paese non può permettersi di gettare al vento i propri denari; pertanto, si dovrebbe fissare una percentuale tra contributi e ricavi da prestazioni (i biglietti, tanto per intenderci) che non dovrebbe mai scendere sotto il 15% e se qualche teatro dovesse rimetterci rispetto alla situazione attuale, pazienza; l’elemento che andrebbe privilegiato è il numero degli spettacoli che ciascuna struttura riesce a mettere in scena e quanto viene incassato da ciascuno di questi.
Al di fuori di questo si scivola nell’assistenzialismo puro e semplice e non trovo giusto generalizzare la contribuzione della mano pubblica sull’onda dell’emotività che discende da frasi tipo “la cultura è la vita di una Nazione”. Specie di questi tempi!!