venerdì, febbraio 26, 2010
TORNIAMO SUL FESTIVAL
A bocce ferme – come si dice dalle mie parti – mi sembra opportuno ritornare sul Festival di Sanremo e fare alcune considerazioni; anzitutto il vincitore: a prescindere dal giovane Scanu, proveniente dalla scuderia di Maria De Filippi, l’autentico trionfatore è sicuramente il Principe Emanuele Filiberto, il quale – dopo essere stato “trombato” dalla giuria degli esperti – è stato trionfalmente riammesso dal telefoto e, nell’ultima giornata, ha “rischiato” di vincere, classificandosi al secondo posto, con uno scarto minimo dal vincitore; vedremo come andrà con i dischi!
Il principino, dopo un inizio nella trasmissione “Quelli che il calcio” nell’edizione condotta da Fabio Fazio, prima di ottenere il rientro in Italia, faceva una sorta di commentatore virtuale, nel senso che guardava la “sua” Juventus dal salotto di casa sua; la seconda esperienza – a rimpatrio avvenuto – è la trasmissione “Ballando con le stelle”, nella quale, in coppia con la ballerina Natalia Titova, si aggiudica la vittoria.
Ha avuto anche una breve e sfortunata parentesi politica, quando si è presentato alle elezioni politiche con un suo movimento “Valori e Futuro”, ma non è stato compreso dagli elettori che hanno scambiato il primo termine del nome del partito (valori) con “soldi” e si è tenuto alla larga; ma Emanuele non si è arreso ed ha riprovato candidandosi alle europee con l’UDC: altra solenne “strombatura” che forse lo ha immunizzato dalla politica e convinto a dedicarsi ad altro.
Cosa sia questo “altro” è presto detto: per quanto mi ricordo, la prima esperienza televisiva del principe è la pubblicità dei sottaceti Saclà, con lo slogan “ogni volta che vuoi sentirti un re…”; ha fatto seguito l’esperienza sanremese, con una canzone “furba”, dal titolo accattivante (Italia amore mio), nobilitata dalla presenza di un cantante professionista come Pupo e di un tenore come Luca Canonici che possiamo definire “niente male”: il successo c’è stato ed ha permesso all’augusto genitore (Vittorio Emanuele) di affermare, con una certa dose di ragione “noi siamo sempre sotto accusa, ma in realtà l’Italia ci vuole bene”.
Comunque lo si voglia rigirare, il Festival di Sanremo è lo specchio del Paese, l’indizio, la spia di tante cose che ci affliggono ed in questo “rituale”, detestato e vituperato, ma frequentato da milioni di italiani, è facile identificare lo schema della nostra società, sempre più appiattita negli stilemi del nazionalpopolare.
E proprio per “non farci mancare niente”, il dopofestival, furbescamente condotto da Maurizio Costanzo, ha usato le problematiche tipiche del momento attuale – gli operai di Termini Imerese, il Ministro del Lavoro, il capo dell’opposizione – frullando il tutto in un misterioso cocktail che niente ha a che vedere con canzoni e cantanti, ma al quale è d’uopo partecipare o – come sono solito dire – “apparire”.
A proposito della partecipazione di Bersani a questa parte della trasmissione, c’è una dichiarazione della segreteria del PD che merita di essere riportata tra virgolette: “l’elitarismo della sinistra è un’etichetta che stiamo cercando di scrollarci di dosso e Bersani ha rotto un fronte in modo molto fragoroso, proprio perché questa mossa da uno come lui non ce la saremmo aspettata”; e aggiunge: “pochi lo sanno, ma anche Togliatti chiedeva spesso all’Unità di pubblicare i numeri del lotto; la sinistra ha un’anima profondamente ludica, anche se spesso celata”.
Sinceramente, questa passione del “Migliore” per il giuoco del lotto non mi era nota, ma se è così, possiamo dire che la sinistra ha fatto grandi passi in avanti: dal lotto al Festival; vuoi mettere la differenza!!
Il principino, dopo un inizio nella trasmissione “Quelli che il calcio” nell’edizione condotta da Fabio Fazio, prima di ottenere il rientro in Italia, faceva una sorta di commentatore virtuale, nel senso che guardava la “sua” Juventus dal salotto di casa sua; la seconda esperienza – a rimpatrio avvenuto – è la trasmissione “Ballando con le stelle”, nella quale, in coppia con la ballerina Natalia Titova, si aggiudica la vittoria.
Ha avuto anche una breve e sfortunata parentesi politica, quando si è presentato alle elezioni politiche con un suo movimento “Valori e Futuro”, ma non è stato compreso dagli elettori che hanno scambiato il primo termine del nome del partito (valori) con “soldi” e si è tenuto alla larga; ma Emanuele non si è arreso ed ha riprovato candidandosi alle europee con l’UDC: altra solenne “strombatura” che forse lo ha immunizzato dalla politica e convinto a dedicarsi ad altro.
Cosa sia questo “altro” è presto detto: per quanto mi ricordo, la prima esperienza televisiva del principe è la pubblicità dei sottaceti Saclà, con lo slogan “ogni volta che vuoi sentirti un re…”; ha fatto seguito l’esperienza sanremese, con una canzone “furba”, dal titolo accattivante (Italia amore mio), nobilitata dalla presenza di un cantante professionista come Pupo e di un tenore come Luca Canonici che possiamo definire “niente male”: il successo c’è stato ed ha permesso all’augusto genitore (Vittorio Emanuele) di affermare, con una certa dose di ragione “noi siamo sempre sotto accusa, ma in realtà l’Italia ci vuole bene”.
Comunque lo si voglia rigirare, il Festival di Sanremo è lo specchio del Paese, l’indizio, la spia di tante cose che ci affliggono ed in questo “rituale”, detestato e vituperato, ma frequentato da milioni di italiani, è facile identificare lo schema della nostra società, sempre più appiattita negli stilemi del nazionalpopolare.
E proprio per “non farci mancare niente”, il dopofestival, furbescamente condotto da Maurizio Costanzo, ha usato le problematiche tipiche del momento attuale – gli operai di Termini Imerese, il Ministro del Lavoro, il capo dell’opposizione – frullando il tutto in un misterioso cocktail che niente ha a che vedere con canzoni e cantanti, ma al quale è d’uopo partecipare o – come sono solito dire – “apparire”.
A proposito della partecipazione di Bersani a questa parte della trasmissione, c’è una dichiarazione della segreteria del PD che merita di essere riportata tra virgolette: “l’elitarismo della sinistra è un’etichetta che stiamo cercando di scrollarci di dosso e Bersani ha rotto un fronte in modo molto fragoroso, proprio perché questa mossa da uno come lui non ce la saremmo aspettata”; e aggiunge: “pochi lo sanno, ma anche Togliatti chiedeva spesso all’Unità di pubblicare i numeri del lotto; la sinistra ha un’anima profondamente ludica, anche se spesso celata”.
Sinceramente, questa passione del “Migliore” per il giuoco del lotto non mi era nota, ma se è così, possiamo dire che la sinistra ha fatto grandi passi in avanti: dal lotto al Festival; vuoi mettere la differenza!!