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lunedì, febbraio 08, 2010

LA VECCHIAIA 

Sarà perché è venuto a mancare una carissima persona a cui tenevo molto, sarà che la mia età non è più “verdissima”, ma oggi mi va di parlare di vecchiaia e quindi è quello che faccio, coinvolgendo, ovviamente, i miei amici lettori.
Anzitutto una buona notizia che vi proviene dalla scienza: la vecchiaia non è più databile secondo l’anagrafe perché adesso si è più giovani di almeno due decenni rispetto ai vecchi di venti anni fa: direi che la notizia è di quelle che ci ridà la carica, cioè ci restituisce un bel po’ di energie, quelle energie che la vita quotidiana ci chiede di consumare per “restare giovani”.
Insomma, prendiamo atto che siamo più giovani di una ventina d’anni rispetto a quanto scritto sulla carta d’identità! Ma è vero per tutti o solo per alcuni? La statistica è la scienza dei grandi numeri e non sta certo a sottilizzare: così è per la maggioranza e questo ci basti.
Mi balza alla mente una domanda: quanto durerà questo processo di allungamento della vita? Oltre all’ovvietà che, continuando di questo passo, si raggiungeranno delle cifre impensabili, diciamo però che dalla risposta al suddetto quesito dipende buona parte dell’organizzazione delle future società.
Il professor Antonini, “inventore della moderna geriatria”, il primo in Italia ad attivare l’unità coronarica per anziani, soleva dire: “ero e sono spinto dall’idea che la vita non perde valore con gli anni; però consultando l’elenco dei ricoverati si nota come gli ultrasessantenni siano scarsamente presenti; si dirà: per forza, sono morti! E invece “no”, dipende dall’atteggiamento dei baroni della medicina che già negano il trapianto a persone di più di 60 anni; pensate che Barnard rifiutò un mio paziente che aveva 51 anni perché – a suo dire – era troppo in là con l’età; era a rischio il malato o la reputazione del chirurgo?”
Ed alla domanda – chi è il vecchio? - lo stesso Antonimi rispondeva: “un vincitore; vinto è chi muore giovane, chi cade prima di arrivare in cima alla montagna; il vecchio ha ancora dei compiti: avendo conosciuto quasi tutto il percorso, può indicarlo ad altri”.
In sostanza, la vecchiaia è un insperato e piacevole allungamento della vita; solo per i più sfortunati – malati o disabili – diventa una prova ingiustamente severa, addirittura punitiva.
E poi, chi non vede l’interesse che la pubblicità riversa sull’anziano? Segno tangibile che egli è ancora “opinion leader” in fatto di consumi e non è quindi per niente menomato nella conoscenza e nella spesa dei propri soldi.
Ma la cosa importante è riuscire a guardarsi obiettivamente e vedere “cosa” realmente siamo diventati ed accettare se qualcosa nella nostra realtà si è consumata e impedisce a molti di noi questo indispensabile bilancio.
E per finire, diciamo subito che l’anziano è – per definizione – colui che ha più “tempo” di tutti; ma dobbiamo chiederci che cosa farne, come riempirlo questo benedetto tempo che ci viene concesso.
Ed il nostro slogan deve essere uno ed uno soltanto: viverlo, non solo contarlo; e non vorrei che scambiaste questa frase con uno slogan pubblicitario o, peggio ancora, con una di quelle frasi fatte che si leggono nei cioccolatini: è una verità inconfutabile che ci dice con estrema chiarezza quale è il ruolo e il futuro dell’anziano: se dobbiamo metterci a sedere e “fare i vecchi” allora è meglio morire, almeno si lascia un posto libero! Chiaro il concetto??

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