<$BlogRSDUrl$>

sabato, febbraio 20, 2010

GLI SCONTRI DI VIALE PADOVA A MILANO 

Come è noto, gli incidenti avvenuti in Viale Padova a Milano, hanno preso l’avvio dall’omicidio di un ragazzo egiziano di 19 anni avvenuto nel corso di uno scontro con una banda di peruviani; la Polizia sta indagando e cerca di ricostruire l’accaduto, ma intanto nella zona si respira ancora violenza e si pensa che gli scontri torneranno.
Ma cosa è accaduto in Viale Padova? È accaduto quello che alcuni studiosi di psicologia sociale chiamano il “tipping point” (letteralmente: punto critico), cioè quel meccanismo per cui un quartiere viene abbandonato dai suoi abitanti e occupato da un nuovo gruppo sociale: questo avviene quando la gente si convince che il proprio quartiere – prima o poi – verrà “conquistato” da un altro gruppo etnico e, quando la convinzione si fa strada, si comincia ad andarsene, prima pochi, poi altri, fino a quando il quartiere viene definitivamente occupato dai nuovi arrivati; il “tipping poit” individua l’esatta frontiera psicologica che divide un comportamento individuale da un fenomeno di massa e spiega perché in Viale Padova non ci sono praticamente più italiani e quelli che ancora resistono, lo fanno perché non trovano un compratore disposto a pagare un giusto prezzo per la loro casa.
Possiamo quindi dire che in Viale Padova il “tipping point” è stato superato e al momento quella strada non è più degli italiani ma di alcuni gruppi etnici in forte conflitto tra loro; in tante altre zone d’Italia si è verificato lo stesso fenomeno: vi posso testimoniare che nella mia città, Firenze, i cittadini cinesi hanno “conquistato” interi quartieri escludendovi non solo gli italiani ma anche altre etnie che vi abitavano.
Quindi, quando si dice – come dice il ministro Maroni – che bisogna evitare di creare quartieri-ghetto, si sta dicendo che se in un quartiere si supera il “tipping point”, quel quartiere è perduto al controllo dei cittadini che vi sono nati e cresciuti.
Controllare questi quartieri – a meno di non volerli “militarizzare” – è impossibile, in quanto i nuovi arrivati si portano dietro regole e comportamenti che non fanno parte della tradizione locale ma derivano dalle specifiche identità dei nuovi abitanti.
È quindi auspicabile che si proceda celermente ad una politica dell’immigrazione che determini una reale integrazione, con l’avvertenza di farla prima del “tipping point”.
Si noti che nello specifico del milanese Viale Padova, le trattative di pace avvengono tra le due comunità (egiziana e peruviana) e non con le forze dell’ordine e sembrerebbe che ci siano degli importanti passi avanti.
E l’integrazione con la nostra gente? Vi riporto alcuni dati di una ricerca svolta dalla “Swg” per incarico della Camera, su una popolazione di giovani italiani (under 30), dalla quale risulta che il 45% degli intervistati dichiara esplicitamente sentimenti di chiusura nei confronti degli stranieri che in alcuni casi sfociano in vera e propria xenofobia; di contro, la percentuale di coloro che mostrano apertura nei confronti dei nuovi arrivati, si ferma al 40%.
In quell’area tendenzialmente fobica e potenzialmente xenofoba in cui si colloca il 45% dei giovani, si da priorità a tre clan (romeno-rom-albanesi) che da soli assorbono il 15,3% degli intervistati, mentre coloro che si dichiarano xenofobi per elezione raggiungono il 20% e abbiamo anche coloro che si dicono autori di comportamenti improntati al razzismo, che raggiungono il 10,7%.
È certamente uno scenario che rattrista, specie perché si riferisce ai “giovani”, e specie se messo in relazione con i dati Istat che certificano l’aumento dell’immigrazione, salita oltre la soglia del 7%; il tutto senza la speranza di una possibile integrazione!!

This page is powered by Blogger. Isn't yours?