lunedì, febbraio 15, 2010
FESTIVITA' SPIETATE
Vi è mai venuto in mente colui non ha più i genitori con cui trascorrere la “Festa della Mamma” o quella del “Papà” ? E coloro – e sono tanti - che a Pasqua o a Natale hanno un motivo in più per rimpiangere la lontananza dei figli che sono con le loro famiglie e se ne fregano dei genitori? Sono tutte esistenze vissute in una cocciuta solitudine dove si crede di non avere più bisogno di nessuno, di non avere più necessità di aiuto, accorgendosi invece di avere in continuazione bisogno di tutti, di una parola, di un sorriso, di rompere la monotonia di una vita fatta di niente con lo strillo di un bambino o l’urlo di gioia di una ragazzina.
Pensavo a questo proprio ieri, festività di San Valentino che il consumismo e l’industria dei cioccolatini ha da tempo dedicato agli innamorati, a coloro che dovrebbero dividere la loro vita con quella di un altro o di un’altra e, così pensando, mi è venuto in mente la solita situazione dell’anziano – uomo o donna che sia – rimasto solo, senza un compagno o una compagna con cui passare questo, come tanti altri giorni, dopo una vita dedicata ad uno o più rapporti con altre persone, ad una vita trascorsa a spargere le delizie dell’affetto, quando non addirittura dell’amore.
Tante sono le persone che – saputo del San Valentino – neppure ne ricordano la valenza della ricorrenza, chiusi come sono in un mondo tutto loro, dove non compaiono avvenimenti che non siano quelli del quotidiano scorrere del tempo: mangiare, dormire, andare di corpo e, quando ancora se ne ha la forza, vedere la TV.
Le cose che intravedono intorno a loro, intrise sempre più di una tecnologia nemica dell’anziano, li rendono diffidenti e ne turbano il lento scorrere dei giorni; tutto cambia attorno a loro e con una velocità che diventa sempre più grandissima, così grande che toglie a loro la voglia di imparare e di mettersi così in linea con gli altri, i giovani, i costruttori delle speranze per il domani di questo Pianeta.
Dalla loro abitazione – tenuta con un lindore almeno apparente – escono per entrare nel mondo degli “altri” con la paura di essere fatti oggetto di qualche truffa; tutto fuori è cambiato, le vie, le piazze e i mezzi di trasporto; non si conosce più nessuno e, laddove c’era il negoziante loro amico, adesso c’è una rosticceria tunisina dal nome impronunciabile: l’effetto che provoca sull’anziano è che il mondo lo respinga, non abbia più nessuna voglia di averlo e che aspetti solo la sua dipartita per usufruire dello spazio vitale che adesso abita.
Poi ci sono anche i più “fortunati”, cioè coloro che hanno la compagna o il compagno e che vivono questa realtà festivaiola con tristi rimpianti per il tempo ormai inesorabilmente trascorso, ma con la memoria alla loro esistenza ed ai loro amori.
I “giovani” hanno bisogno di esternare il loro amore attraverso regali mirati, oggetti che la società contemporanea appronta per la bisogna, mentre l’anziano usa lo sguardo, la stretta di mano alla donna che vive con lui, una carezza furtiva sul volto rugoso, un bacio sulla guancia con una lacrima che scende implacabile lungo il volto, a testimoniare il tempo che fu e quello che sarà.
Già, a proposito di quello che sarà; anzitutto vorrei che il mondo creasse anche la Festa dell’Anziano Innamorato, intitolandola ad un altro personaggio (magari il paziente Giobbe o un altro equipollente) e in questa circostanza si vedrebbe che la “sua” memoria serve ai giovani e non si può prescindere da queste radici se vogliamo costruire qualcosa di veramente solido; e in questa realtà ricordiamoci che il passato non è altro che il presente visto con occhi diversi e quindi,,,,regoliamoci e avanti!!
Pensavo a questo proprio ieri, festività di San Valentino che il consumismo e l’industria dei cioccolatini ha da tempo dedicato agli innamorati, a coloro che dovrebbero dividere la loro vita con quella di un altro o di un’altra e, così pensando, mi è venuto in mente la solita situazione dell’anziano – uomo o donna che sia – rimasto solo, senza un compagno o una compagna con cui passare questo, come tanti altri giorni, dopo una vita dedicata ad uno o più rapporti con altre persone, ad una vita trascorsa a spargere le delizie dell’affetto, quando non addirittura dell’amore.
Tante sono le persone che – saputo del San Valentino – neppure ne ricordano la valenza della ricorrenza, chiusi come sono in un mondo tutto loro, dove non compaiono avvenimenti che non siano quelli del quotidiano scorrere del tempo: mangiare, dormire, andare di corpo e, quando ancora se ne ha la forza, vedere la TV.
Le cose che intravedono intorno a loro, intrise sempre più di una tecnologia nemica dell’anziano, li rendono diffidenti e ne turbano il lento scorrere dei giorni; tutto cambia attorno a loro e con una velocità che diventa sempre più grandissima, così grande che toglie a loro la voglia di imparare e di mettersi così in linea con gli altri, i giovani, i costruttori delle speranze per il domani di questo Pianeta.
Dalla loro abitazione – tenuta con un lindore almeno apparente – escono per entrare nel mondo degli “altri” con la paura di essere fatti oggetto di qualche truffa; tutto fuori è cambiato, le vie, le piazze e i mezzi di trasporto; non si conosce più nessuno e, laddove c’era il negoziante loro amico, adesso c’è una rosticceria tunisina dal nome impronunciabile: l’effetto che provoca sull’anziano è che il mondo lo respinga, non abbia più nessuna voglia di averlo e che aspetti solo la sua dipartita per usufruire dello spazio vitale che adesso abita.
Poi ci sono anche i più “fortunati”, cioè coloro che hanno la compagna o il compagno e che vivono questa realtà festivaiola con tristi rimpianti per il tempo ormai inesorabilmente trascorso, ma con la memoria alla loro esistenza ed ai loro amori.
I “giovani” hanno bisogno di esternare il loro amore attraverso regali mirati, oggetti che la società contemporanea appronta per la bisogna, mentre l’anziano usa lo sguardo, la stretta di mano alla donna che vive con lui, una carezza furtiva sul volto rugoso, un bacio sulla guancia con una lacrima che scende implacabile lungo il volto, a testimoniare il tempo che fu e quello che sarà.
Già, a proposito di quello che sarà; anzitutto vorrei che il mondo creasse anche la Festa dell’Anziano Innamorato, intitolandola ad un altro personaggio (magari il paziente Giobbe o un altro equipollente) e in questa circostanza si vedrebbe che la “sua” memoria serve ai giovani e non si può prescindere da queste radici se vogliamo costruire qualcosa di veramente solido; e in questa realtà ricordiamoci che il passato non è altro che il presente visto con occhi diversi e quindi,,,,regoliamoci e avanti!!