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mercoledì, febbraio 10, 2010

DOVE SONO GLI INVESTIGATORI DI UNA VOLTA? 

In questi ultimi anni si è assistito ad un progressivo peggioramento di quello che – una volta – si chiamava “l’acume investigativo”, quell’applicazione cioè della scienza criminale che consentiva agli investigatori di fare luce su delitti ed altre attività criminali.
A mio giudizio tale situazione si è verificata da quando le nuove procedure hanno trasformato i PM in “sceriffi – investigatori”, facendo sì che le attenzioni e, di conseguenza, le luci della ribalta di stampa e televisioni, si posizionassero soltanto su di loro a discapito di quello che avveniva in precedenza, quando gli “intervistati” erano ispettori di polizia e marescialli dei carabinieri.
E così si sono avute alcune situazioni che definire imbarazzanti è poco: Alberto Stasi che, nel delitto di Garlasco, viene assolto in giudizio dopo un paio di anni di “tribolazioni” e il tutto per varie manchevolezze iniziali della giovane PM; abbiamo poi il caso “Franzoni, condannata ma con forti dubbi e senza nessuna certezza dell’andamento dell’evento, probabilmente per alcune iniziali superficialità della PM che, aveva solo 28 anni ed era pure incinta; andando un po’ indietro, ricordiamo il suicidio della contessa Vacca Augusta, imbrogliato e reso incomprensibile fin dal principio per l’arrivo ritardato del PM incaricato dell’indagine; potrei continuare….
Le indagini attuali sembra che si rivolgano solo a particolari supporti che, se mancano, mettono nei problemi l’intero castello indagatore; mi riferisco, in particolare ai supporti tecnologici (DNA, telecamere situate nei pressi del delitto), oltre ai “soliti” informatori che adesso sono diventati “i pentiti” e conducono una loro strategia particolare che li porta a guadagnare in soldi e in prestigio (molto di più di quello che erano gli “informatori” di una volta che ogni investigatore aveva a sua disposizione) e permette loro di indirizzaare l’indagine verso obiettivi specifici che, magari poi crollano in sede dibattimentale, ma intanto hanno “sciupato” l’andamento dell’intera operazione.
Lasciamo stare i Maigret, i Poirot, gli Ellery Queen e tanti altri che sono frutto della fantasia di un autore, ma che – come è logico e naturale – ricalcano quello che è o dovrebbe essere la realtà; ricordiamo invece quelli che erano i commissari della “Mobile” o quei marescialli della Benemerita con il fiuto di un “bracco” e che alcuni cronisti ribattezzavano con i nomi di cui sopra, ricavati appunto sulla base della tattica che ognuno di loro adottava a seconda della propria personalità.
Possibile che dalle file della Polizia o dei Carabinieri non ne esca più uno? Io non lo credo, ma penso invece che le nuove procedure che hanno trasformato i PM in Investigatori, abbiano indotto i “professionisti delle indagini” a tirare i remi in barca, in quanto non più gratificati dalla luce dei riflettori.: atteggiamento “umano”!
A nessuno piace fare il “portatore d’acqua, quando sa che l’eventuale successo non sarà attribuito – dai media, ovviamente – alla sua squadra, al suo acume, alla sua astuzia, ma al “PM/sceriffo” che si presenterà da solo al traguardo per ricevere gli applausi della folla.
Il quale PM, peraltro, non ha scarpinato tra i vicoli, non ha frequentato – con abiti appropriati – luoghi malfamati, non ha raccolto i tasselli degli indizi che fornisce il mondo dei papponi, delle battone dei trans, inserendoli poi in un mosaico a prova di logica; nossignori, tutto questo viene fatto dal commissario che, al termine, vedrà solo il PM presentarsi trionfalmente alla stampa e alle telecamere; e l’investigatore “dietro” mai inquadrato dalle telecamere e neppure intervistato dai giornalisti.
A lungo andare, tutto questo demotiva; sbaglio a pensarla così??

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