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giovedì, gennaio 14, 2010

PROCESSO LUNGO (e non corto) 

Non voglio fare alcuna considerazione circa le problematiche suscitate dall’ipotesi del “processo corto” avanzata dal governo, anche perché non ne conosco il testo, ma voglio invece indicare ai miei lettori alcune situazioni nelle quali la magistratura rimesta nel passato alla caccia disperata – dopo i tanti anni trascorsi – di possibili colpevoli.
1990: siamo in agosto, Roma è spopolata e, nella via Poma (che diventerà celebre), poche persone sono per strada; quel giorno venne trovata uccisa la povera Simonetta Cesaroni e iniziarono le indagini che non hanno condotto a niente; solo ora – cioè 20 anni dopo – la magistratura romana ha rinviato a giudizio l’ex fidanzato della ragazza, adesso sposato e con figli. Mi chiedo: come si fa ad interrogare un individuo al quale si chiede: “dov’era il 7 agosto 1990?”; se lo chiedono a me e a voi siamo in grado di rispondere? E lo stesso magistrato che domanda, saprebbe rispondere?
1988: siamo a Pordenone e in un appartamento del centro viene rinvenuto il cadavere di Annalaura Pedroni; le indagini procedono a “360 gradi” come si dice in questi casi, e non si riesce a scoprire assolutamente niente; adesso, a 22 anni di distanza, la magistratura di Trieste ha chiesto il rinvio a giudizio di Davis Rosset, ora 36enne, ma all’epoca dell’omicidio appena 15enne, presso il Tribunale dei Minori di Trieste; sembra che la svolta delle indagini sia avvenuta due anni or sono, attraverso la comparazione del DNA trovato sul luogo del delitto e quello del Rosset.
Anche in questo caso, mi pare difficile un interrogatorio su fatti avvenuti 22 anni fa.
1983: ricordate la vicenda di Emanuela Orlandi, la 15enne (allora) figlia di un funzionario del Vaticano? Le ipotesi e le illazioni sulla tragica scomparsa si sono sprecate ma non hanno portato a niente; adesso, a seguito di alcune rivelazioni di un “pentito” (materiale umano del quale i nostri magistrati eccellono nella gestione) si sta ipotizzando un collegamento con la famigerata Banda della Magliana, implicata, sembrerebbe, in un malavitoso avvertimento alla IOR, la Banca vaticana presieduta all’epoca da un altro personaggio “strano”, quel cardinale Marcinkus citato anche nel film “Il Padrino – parte 3a”.
Gli inquirenti, che evidentemente credono nella pista della vendetta incrociata, stanno cercando di applicare tecnologie moderne a reperti dell’epoca, sperando così di riuscire a far luce sulla vicenda di 27 anni fa; una sola domanda: al di fuori della cerchia dei familiari della sfortunata ragazza, quanti sono gli italiani interessati al caso?
1943: seconda guerra mondiale, fronte greco e più precisamente di Cefalonia: rappresaglia nazista nei confronti degli italiani, che, dopo la caduta di Mussolini, rifiutarono di consegnare le armi ai tedeschi: 170 nostri soldati uccisi.
Il comandante della Divisione che eseguì l’eccidio, generale Hubert Lanz, processato a Norimberga, venne condannato nel 1948 a 12 anni, dei quali solo tre scontati ed il resto “graziati”; adesso sembra che la Procura Militare italiana abbia “iscritto nel registro degli indagati” il nome di due militari tedeschi che si sarebbero vantati di aver fatto parte del plotone di esecuzione che, che per un’intera giornata, fucilò gli italiani.
Una sola domanda: stiamo parlando di 67 anni fa; se i due militari avevano all’epoca 23 anni, adesso ne avrebbero 90: cosa gli vogliamo fare,vogliamo dar loro l’ergastolo?
Tutte e quattro le operazioni giudiziarie sopra indicate – in particolare l’ultima – mi appaiono come delle grandissime “perdite di tempo”; però temo che i magistrati non possano archiviare il fascicolo senza una specifica motivazione (la logica non basta); ecco, questa mi sembra una delle modifiche da fare nella famosa “riforma”.

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