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venerdì, gennaio 29, 2010

MACELLERIA SOCIALE 

È chiaro che in Italia il “capo” della macelleria è indubbiamente la FIAT e, segnatamente il suo A.D., “maglione blu” Marchionne, che però in questa ultima fase del discorso sul lavoro, ha peccato – a mio giudizio – di una certa dose di schizofrenia: il 26 gennaio si vanta di aver “retto l’urto della crisi e di procedere alla suddivisione di un dividendo nei confronti dei soci; questo nonostante la perdita netta di 848 milioni di euro, mitigata dal buon risultato del settore auto che ha realizzato un utile di gestione di 470 milioni con 2 milioni e 150 mila auto consegnate nel 2009.
Peccato che il giorno successivo la stessa FIAT e lo stesso Marchionne annuncia due settimane di cassa integrazione per 30.000 lavoratori, motivandoli con il crollo degli ordini a gennaio (quando cioè non c’erano gli incentivi) addirittura peggiore rispetto a gennaio 2009 ; agli strilli del governo e dei sindacati, che giudicano “intempestivo e anche provocatorio” questo atteggiamento, soprattutto in vista del famoso tavolo per sistemare la vicenda Termini Imerese e la questione incentivi.
La risposta non si è fatta attendere e questa volta per bocca del Presidente Montezemolo: “si al dialogo, ma Termini chiuderà”: come a dire che le condizioni le dettiamo noi ed il governo (ed anche i sindacati) si devono solo allineare.
Il problema è che la FIAT ha prodotto nel 2009 circa 2 milioni di autovetture, delle quali 645mila in Italia (con 21.900 dipendenti), ed il restante in Polonia (600mila auto con 5.800 dipendenti) e Brasile (700mila auto con 8.700 dipendenti).
Se queste cifre sono vere – e non ho motivo di dubitarle – la distonia tra auto prodotte e lavoratori impiegati è evidente, ma dobbiamo chiedercene il motivo: forse che gli italiani lavorano meno dei polacchi e dei brasiliani? Non lo credo proprio e credo invece che gli stabilimenti italiani siano strutturati in maniera diversa e da questa organizzazione dipendano i numeri che ci vengono presentati.
Comunque, facendo il conto della serva, potremmo affermare che per “facilitare” l’acquisto delle auto, delle quali soltanto meno di un terzo prodotte in Italia, lo Stato Italiano dovrebbe continuare gli incentivi; in Francia, per una analoga situazione, la Renault è stata stoppata nell’apertura di un nuovo stabilimento all’estero.
Dai sindacati i commenti alla vicenda incentivi sono tutti votati al più puro “protezionismo”; uno per tutti (Angeletti della UIL) afferma che “gli incentivi devono essere promossi dal governo solo se serviranno a salvare i posti di lavoro.
E per ultima una dichiarazione di Maria Paola Merloni, figlia del noto imprenditore e attualmente deputata del PD, che riguardo alla delocalizzazione delle nostre aziende, afferma che “preferisce parlare di internazionalizzazione o locazione intelligente e che questa è una scelta obbligata di fronte ai mercati globali; l’importante è che testa, cuore e bilanci restino in Italia” (aggiungo io: “e che l’Italia continui a sovvenzionare surrettiziamente tutte queste operazioni attraverso i noti incentivi”).
30.000 lavoratori sparsi in quasi tutta l’Italia (sono interessati gli Stabilimenti di Mirafiori, Val di Sangro, Cassino, Pomigliano, Melfi e Termini Imerese), messi contemporaneamente in Cassa Integrazione per 15 giorni, possono rappresentare una sorta di “bomba sociale” il cui innesco è nelle mani della triade: FIAT, Sindacati e Governo; auguriamoci che abbiano tutti la testa sulle spalle e facciano meno azioni propagandistiche e tengano invece maggiormente agli interessi della gente. Chiedo troppo? Ricordiamoci che a 30.000 lavoratori corrispondono oltre 100.000 persone che risentono di questa situazione: una città medio piccola!! Chiaro il concetto??

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