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domenica, gennaio 17, 2010

IL DRAMMA DI HAITI 

Non mi riferisco al “terremoto”; quello è alla base del dramma di cui voglio parlarvi, ma ne accenno solo di sfuggita perché tutti i mezzi di comunicazione ne hanno parlato a iosa, utilizzando strumenti ben più amplificati dei miei.
Il dramma che sta consumandosi nella bella terra sudamericana è l’ennesima, forse l’ultima depredazione che si sta consumando: è di oggi il primo accenno a questo sudicia operazione che i giornali nostrani, ma penso anche quelli degli altri Paesi occidentali, titolano a caratteri cubitali “pensiamo ai bambini; il mondo li vuole”.
Quindi, il civilissimo mondo occidentale, ricco e opulento, pieno di vizi da soddisfare, quando incappa in queste tragedie, dopo aver versato le lacrime di costumanza, pensa subito a cosa poter portare a casa per i propri piaceri, cosa ancora non è riuscito a prendere per la propria stanza dei trofei e – dopo averli individuati – si mette in moto per averli: ovviamente si parla di manovre e non di soldi perché di questi siamo avari!
Haiti, dopo lo sfacelo provocato dal terremoto ed anche dall’assenza di qualsiasi potere locale che possa fronteggiare l’emergenza, si ritrova con una massa di sopravvissuti che – in pratica – è “in vendita” al maggiore offerente.
Si comincia con le donne che, se giovani possono far gola per scopi sessuali e da adulte vengono utilizzate quali serve o badanti; comunque sia è una merce che si può collocare sul mercato internazionale e immagino che già ci siano sudici agenti del nostro mondo civile che stanno organizzando le cose per fare soldi.
Ma il comparto che forse è ancora più redditizio è quello dei bambini, anch’essi da poter utilizzare in due modi: come gingilli sessuali per ignobili individui che vengono definiti “pedofili” – cioè con perversioni sessuali caratterizzate da attrazione erotica verso i fanciulli – mentre nella mia concreta ignoranza definisco solo come “sudicioni”.
L’altro modo di utilizzarli è quello di prenderli come se fossero dei “canini”, dei “cuccioli” da mettere in casa per fare compagnia; poi quando sono grandi si vedrà se la famiglia si è affezionata oppure no: in quest’ultimo caso si abbandona sull’autostrada come si fa con gli animali; sto riferendomi alla pratica delle adozioni massicce, quelle richieste di bambini che l’occidente opulento rivolge finora in massima parte ai paesi dell’est Europa e che adesso potrebbe spostare la propria attenzione a questi posti dell’America meridionale.
A fianco di queste operazioni ci sono decine di strutture organizzate – legali e non - che sono fiorite per spillare denaro ai sempliciotti che, non potendo avere figli propri, si rivolgono a quelli che “possono trovarglieli già fatti”; quando dalla parte opposta troviamo Stati che hanno ancora un po’ di decenza morale, vediamo che le pratiche di adozione non sono semplici in quanto viene ricercata la validità della famiglia e l’interesse affettivo che deve essere dimostrato con dovizia di prove; quando invece siamo in presenza di uno Stato come Haiti che è sfasciato totalmente – era già traballante prima del terremoto – le pratiche vengono velocizzate e possiamo dire che siamo in presenza di un effettivo “mercato dei bambini”.
Ma fate mente locale: come si può pensare ad una rinascita di Haiti se gli portiamo via il materiale umano migliore (ragazze e bambini)? Chi lo farebbe rinascere, forse i vecchi rimasti soli e disperati?
E invece – dico io - si usi l’immagine di Winni con le sue buffe treccine, la bambina sopravvissuta a tre giorni di permanenza sotto le macerie e la si faccia diventare il simbolo di quell’Haiti che vuole sopravvivere alla catastrofe e ricominciare a vivere!

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