domenica, dicembre 06, 2009
FIAT VOLUNTAS TUA ?
È in corso, durante queste ultime settimane, una sorta di “braccio di ferro” tra la FIAT e il Ministero dell’Industria, capitanato da Claudio Scajola; vediamo anzitutto – come di consueto – i termini della questione.
L’azienda automobilistica torinese, dopo avere invocato il rinnovo degli incentivi anche per il prossimo anno, ha cominciato a prendere le distanze dalla “sua” fabbrica di Termini Imerese, pronosticando per questa struttura un futuro, più i meno prossimo, di riconversione ad altre produzioni, in quanto la fabbricazione delle auto in quel sito è – a detta della FIAT – fortemente penalizzante: si parla addirittura di una “rimessa” di 1000 euro per prodotto uscito da Termini, rispetto ad analoga automobile prodotta in altro sito industriale.
Da qui il discorso si sposta sui soldi: la FIAT deve avere probabilmente detto al ministero che non è in grado di sopportare questo onere produttivo e quindi di riversare tale “rimessa” nelle casse dello Stato; in quale modo? Con un apposito incentivo, questa volga alla produzione anziché al consumo.
Fin qui è tutto chiaro: da una parte c’è una azienda che cerca di ridurre un costo aggiuntivo e dall’altra c’è lo Stato che sa bene come una chiusura o un ridimensionamento di uno stabilimento industriale in una zona già fortemente depressa come la Sicilia, provocherebbe grosse conseguenze sul piano sociale.
Ed allora ecco la mossa “a sorpresa” del Ministro Scajola: in una intervista ha dichiarato che la FIAT immatricola in Italia molte più auto di quelle che ne produce e quindi sarebbe l’ora di equilibrare questi dati, cioè di arrivare a produrre più auto nel Paese dal quale riceve aiuti ed Assistenza (in svariate forme).
Dobbiamo convenire che il concetto espresso dal ministro non fa una piega e si concretizza in questo: poiché al momento gli incentivi sono “al consumo”, lo Stato fornisce contributi per autoveicoli che vengono prodotti in altri Paesi magari dove la mano d’opera è a più basso livello e le condizioni che la FIAT riceve da quello Stato sono decisamente migliori; la sintesi sarebbe questa: vai a farti dare gli incentivi dalla Polonia o dal Brasile, luoghi dove sorgono imponenti strutture industriali del colosso torinese.
Insomma, i dati che Scajola ha fornito alla dirigenza FIAT in attesa dell’incontro del 21 dicembre, sono i seguenti: nell’intera Europa, la produzione automobilistica è generalmente superiore alle richieste del mercato interno (in Germania si produce il 179% della domanda, in Spagna il 166%, in Francia il 105%); solo due paesi sono in contro tentenna: la Gran Bretagna con un 68% di produzione e, dato ancora maggiore, l’Italia con appena il 30% del mercato prodotto in casa.
Tra l’altro, al momento la FIAT produce in Italia circa 600mila auto, ma in passato questo dato è stato di 1,6milioni; si chiede il Ministro – e mi chiedo anch’io – perché non si può tornare alla produzione di un tempo, stante anche le problematiche dell’occupazione innescate dalla crisi e ancora non sopite?
Certo che questo concetto sfiora il protezionismo, anche se non lo investe in pieno, ma ha una sua logica che i dirigenti torinesi non possono negare ed anche l’Europa credo che sarebbe molto più appagata se questi incentivi beneficiassero la reale produzione dell’autoveicolo.Ma in Italia e ancora di più in Europa, quando una cosa è “semplice e logica”, trova maggiori ostacoli di quelle “astruse e complicate”: che vorrà dire??
L’azienda automobilistica torinese, dopo avere invocato il rinnovo degli incentivi anche per il prossimo anno, ha cominciato a prendere le distanze dalla “sua” fabbrica di Termini Imerese, pronosticando per questa struttura un futuro, più i meno prossimo, di riconversione ad altre produzioni, in quanto la fabbricazione delle auto in quel sito è – a detta della FIAT – fortemente penalizzante: si parla addirittura di una “rimessa” di 1000 euro per prodotto uscito da Termini, rispetto ad analoga automobile prodotta in altro sito industriale.
Da qui il discorso si sposta sui soldi: la FIAT deve avere probabilmente detto al ministero che non è in grado di sopportare questo onere produttivo e quindi di riversare tale “rimessa” nelle casse dello Stato; in quale modo? Con un apposito incentivo, questa volga alla produzione anziché al consumo.
Fin qui è tutto chiaro: da una parte c’è una azienda che cerca di ridurre un costo aggiuntivo e dall’altra c’è lo Stato che sa bene come una chiusura o un ridimensionamento di uno stabilimento industriale in una zona già fortemente depressa come la Sicilia, provocherebbe grosse conseguenze sul piano sociale.
Ed allora ecco la mossa “a sorpresa” del Ministro Scajola: in una intervista ha dichiarato che la FIAT immatricola in Italia molte più auto di quelle che ne produce e quindi sarebbe l’ora di equilibrare questi dati, cioè di arrivare a produrre più auto nel Paese dal quale riceve aiuti ed Assistenza (in svariate forme).
Dobbiamo convenire che il concetto espresso dal ministro non fa una piega e si concretizza in questo: poiché al momento gli incentivi sono “al consumo”, lo Stato fornisce contributi per autoveicoli che vengono prodotti in altri Paesi magari dove la mano d’opera è a più basso livello e le condizioni che la FIAT riceve da quello Stato sono decisamente migliori; la sintesi sarebbe questa: vai a farti dare gli incentivi dalla Polonia o dal Brasile, luoghi dove sorgono imponenti strutture industriali del colosso torinese.
Insomma, i dati che Scajola ha fornito alla dirigenza FIAT in attesa dell’incontro del 21 dicembre, sono i seguenti: nell’intera Europa, la produzione automobilistica è generalmente superiore alle richieste del mercato interno (in Germania si produce il 179% della domanda, in Spagna il 166%, in Francia il 105%); solo due paesi sono in contro tentenna: la Gran Bretagna con un 68% di produzione e, dato ancora maggiore, l’Italia con appena il 30% del mercato prodotto in casa.
Tra l’altro, al momento la FIAT produce in Italia circa 600mila auto, ma in passato questo dato è stato di 1,6milioni; si chiede il Ministro – e mi chiedo anch’io – perché non si può tornare alla produzione di un tempo, stante anche le problematiche dell’occupazione innescate dalla crisi e ancora non sopite?
Certo che questo concetto sfiora il protezionismo, anche se non lo investe in pieno, ma ha una sua logica che i dirigenti torinesi non possono negare ed anche l’Europa credo che sarebbe molto più appagata se questi incentivi beneficiassero la reale produzione dell’autoveicolo.Ma in Italia e ancora di più in Europa, quando una cosa è “semplice e logica”, trova maggiori ostacoli di quelle “astruse e complicate”: che vorrà dire??