mercoledì, ottobre 21, 2009
IL POSTO FISSO
Ha cominciato un paio di giorni fa il Ministro Tremonti, affermando che “il posto fisso è un valore da difendere che è alla base della stabilità della famiglia”; gli ha fatto eco, il giorno seguente, il Presidente Berlusconi, dichiarando di essere perfettamente d’accordo con il suo ministro.
Mi sbaglierò, ma le affermazioni dei due uomini di stato, mi assomigliano tanto alle battute del compianto Max Catalano, il trombettista che lavorava con Arbore e soleva dire: “meglio una moglie bella e ricca di una povera e brutta”; ricordate le sue banalità?
Ovviamente da parte della Confindustria si è subito aperto un fuoco di contraerea messo in piedi addirittura dalla Presidente Marcegaglia che ha definito il discorso di Tremonti/Berlusconi come “un ritorno al passato”, riaffermando la validità del precariato (da lei definito lavoro flessibile) e precisando che gli imprenditori sono per la “stabilità delle imprese e dei posti di lavoro che non si fa per legge”; e infatti, il discorso dei due componenti del governo non è un impegno legislativo ma piuttosto un modo filosofico ed etico di affrontare il problema.
Peraltro, anche alcuni colleghi di Tremonti nel governo, si sono dimostrati scettici sulla validità del “lavoro fisso”, definendolo “ricetta del secolo scorso” (Brunetta) oppure liquidandolo come “una battuta” (Sacconi), mentre Scajola ritiene che “è sicuramente vero che c’è troppa precarietà e che dobbiamo trovare un modo per cui la precarietà, dopo un certo periodo, si stabilizzi”: ai miei tempi di chiamava “avventiziato”!
E ora veniamo ad alcune cifre: dal 2002 al 20087, l’occupazione in Italia è aumentata del 7,5%, grazie – dicono alcuni – alle misure che hanno reso meno rigido il mercato del lavoro; i lavoratori cosiddetti atipici sono l’11% dei lavoratori italiani (il 22% di coloro che hanno meno di 34 anni).
Nel mondo universitario, i colleghi di Biagi, si mostrano più netti: “il lavoro fisso non esiste più, diventa decisiva la formazione”; precisando ulteriormente il concetto con questa affermazione: “l’occupazione stabile non deve essere garantita da normative, ma dalla professionalità del dipendente”; l’autore di questa frase è un docente universitario, cioè uno di quelli che hanno “il posto fisso e ben remunerato” e che per essere mandati in pensione bisogna ricorrere al Consiglio di Stato; quindi, vige il detto “da che pulpito vien la predica, esimio professore!”. Ed a proposito della “professionalità” che dovrebbe avere il dipendente, una sola domanda: e se non ce l’ha come ci comportiamo? Lo abbattiamo subito, direttamente sul posto di lavoro, a monito dei colleghi affinché tutti si professionalizzino, oppure c’è in ballo qualche altra soluzione, magari un po’ meno cruenta? Certo, esimio professore, nell’ambiente dove lei prende lo stipendio, ce ne sarebbero tanti di “abbattuti”!
Ma insomma, ai 2.800,000 precari che in questo momento fanno felici Confindustria e compagnia bella, cosa raccontiamo: forse che “precario è bello”? E quando vanno in Banca per chiedere un prestito e glielo rifiutano perché non hanno la busta paga cosa gli possiamo suggerire?
Comunque, anche dalla sinistra il discorso di Tremonti/Berlusconi non viene preso per buono ed è comprensibile: se anche loro diventano “di sinistra” come si fa a combatterli?
Ma per i precari ed anche per i cassaintegrati (questi ultimi hanno più tempo libero) una buona notizia c’è: lunedì prossimo 26 ottobre ritorna “Il Grande Fratello”; queste sono le gioie della vita, altro che posto di lavoro!! Chiaro il concetto??
Mi sbaglierò, ma le affermazioni dei due uomini di stato, mi assomigliano tanto alle battute del compianto Max Catalano, il trombettista che lavorava con Arbore e soleva dire: “meglio una moglie bella e ricca di una povera e brutta”; ricordate le sue banalità?
Ovviamente da parte della Confindustria si è subito aperto un fuoco di contraerea messo in piedi addirittura dalla Presidente Marcegaglia che ha definito il discorso di Tremonti/Berlusconi come “un ritorno al passato”, riaffermando la validità del precariato (da lei definito lavoro flessibile) e precisando che gli imprenditori sono per la “stabilità delle imprese e dei posti di lavoro che non si fa per legge”; e infatti, il discorso dei due componenti del governo non è un impegno legislativo ma piuttosto un modo filosofico ed etico di affrontare il problema.
Peraltro, anche alcuni colleghi di Tremonti nel governo, si sono dimostrati scettici sulla validità del “lavoro fisso”, definendolo “ricetta del secolo scorso” (Brunetta) oppure liquidandolo come “una battuta” (Sacconi), mentre Scajola ritiene che “è sicuramente vero che c’è troppa precarietà e che dobbiamo trovare un modo per cui la precarietà, dopo un certo periodo, si stabilizzi”: ai miei tempi di chiamava “avventiziato”!
E ora veniamo ad alcune cifre: dal 2002 al 20087, l’occupazione in Italia è aumentata del 7,5%, grazie – dicono alcuni – alle misure che hanno reso meno rigido il mercato del lavoro; i lavoratori cosiddetti atipici sono l’11% dei lavoratori italiani (il 22% di coloro che hanno meno di 34 anni).
Nel mondo universitario, i colleghi di Biagi, si mostrano più netti: “il lavoro fisso non esiste più, diventa decisiva la formazione”; precisando ulteriormente il concetto con questa affermazione: “l’occupazione stabile non deve essere garantita da normative, ma dalla professionalità del dipendente”; l’autore di questa frase è un docente universitario, cioè uno di quelli che hanno “il posto fisso e ben remunerato” e che per essere mandati in pensione bisogna ricorrere al Consiglio di Stato; quindi, vige il detto “da che pulpito vien la predica, esimio professore!”. Ed a proposito della “professionalità” che dovrebbe avere il dipendente, una sola domanda: e se non ce l’ha come ci comportiamo? Lo abbattiamo subito, direttamente sul posto di lavoro, a monito dei colleghi affinché tutti si professionalizzino, oppure c’è in ballo qualche altra soluzione, magari un po’ meno cruenta? Certo, esimio professore, nell’ambiente dove lei prende lo stipendio, ce ne sarebbero tanti di “abbattuti”!
Ma insomma, ai 2.800,000 precari che in questo momento fanno felici Confindustria e compagnia bella, cosa raccontiamo: forse che “precario è bello”? E quando vanno in Banca per chiedere un prestito e glielo rifiutano perché non hanno la busta paga cosa gli possiamo suggerire?
Comunque, anche dalla sinistra il discorso di Tremonti/Berlusconi non viene preso per buono ed è comprensibile: se anche loro diventano “di sinistra” come si fa a combatterli?
Ma per i precari ed anche per i cassaintegrati (questi ultimi hanno più tempo libero) una buona notizia c’è: lunedì prossimo 26 ottobre ritorna “Il Grande Fratello”; queste sono le gioie della vita, altro che posto di lavoro!! Chiaro il concetto??