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venerdì, ottobre 23, 2009

COSA NE PENSATE?? 

Mi riferisco a due fatti che riporto dalla stampa e dagli altri mezzi di comunicazione: il primo riguarda la vicenda napoletana, nella quale è implicato l’ex ministro Mastella e la di lui consorte, attuale Presidente del Consiglio Regionale campano.
Ovviamente non entro nel merito della vicenda giudiziaria che, tra le altre cose, ancora è, o dovrebbe essere, coperta dal segreto istruttorio; mi limito a registrare alcune dichiarazioni del Mastella in merito ad un file scoperto dagli inquirenti, nel quale c’era una sfilza di nomi di persone “raccomandate” da vari personaggi politici locali e nazionali per delle assunzioni in una Agenzia regionale.
Mastella ha detto: “non ho mai preso una lira; mi sono limitato a raccomandare dei poveracci, i quali – se ci sarà il processo – verranno con me in Tribunale perché la Corte li possa vedere”; sulla raccomandazione a Napoli esiste tutta una letteratura che va da Peppino Marotta al più moderno Luciano De Crescenzo.
Il primo coniò la frase diventata celebre “Eccellenza, faciteme faticà, tengo famiglia”, perfetta espressione dell’arte napoletana di arrangiarsi, ma specchio anche di una situazione nella quale è impossibile trovare un posto di lavoro senza l’intervento di “qualcuno che conta”; ancora più gustoso è l’episodio della lettera, con cui il questuante un posto di lavoro, scrive all’eccellenza, rimproverandolo perché gli aveva trovato un impiego, ma lui aveva richiesto “uno stipendio” e non un “lavoro”.
Il secondo, De Crescenzo, nel celebre libro “Così parlò Bellavista”, descrive l’odissea di un milanese inviato a Napoli in qualità di Capo del Personale all’Alfa di Pomigliano: deve scappare varie volte per sfuggire alla folla di questuanti che non gli chiedono denaro ma “un posto di lavoro”; tant’è vero che egli si fa la convinzione che a Napoli è un suicidio dichiararsi una persona influente.
Questa è la vicenda, ma non vorrei che anche in seno alla Magistratura si pensasse che a Napoli “la raccomandazione” , cioè il favore, la protezione, l’appoggio a persona autorevole a danno di altri, venga sottostimata in virtù di una consuetudine popolaresca che in qualche caso può essere scambiata per norma: questa forma di raccomandazione è parente stretta del clientelismo ossia della politica fondata su favoritismi personali che vengono ricambiati con il voto.
L’altro fatto interessante è la dichiarazione del segretario del PD, Franceschini, in lizza alle primarie di domenica prossima per essere confermato alla guida del partito: “se sarò il vincitore dell’elezione, nominerò due vice segretari: uno è il deputato Touadi, perché è nero (è congolese), l’altra sarà una donna”, senza indicarne il nome, perché avrebbe delegato le donne del partito a sceglierla.
Mi sembrano due scelte fatte solo per calamitare l’attenzione dei votanti su due elementi che politicamente sono irrilevanti: il primo – cioè il nero – avrebbe le carte in regola per essere scelto anche senza il colore della sua pelle, essendo in possesso di tre lauree, ed essendo – oltre che deputato – professore universitario.
Il fatto però di sottolineare il colore della pelle come elemento derimente della scelta, anzitutto banalizza la potenziale “integrazione razziale”, rendendola soltanto funzionale al consenso ed inoltre offende una persona che – indipendentemente dal colore della pelle – ha i titoli per svolgere tale incarico.
Il demandare poi “alle donne”, la scelta della donna che sarà la seconda vice segretaria, mostra l’importanza che si da a tale incarico: mi sbaglierò, ma il discorso che sta sotto è: mettete pure chi volete, tanto per quello che conta!!”

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