venerdì, settembre 25, 2009
DIAMO UN'OCCHIATA ALLA TV
È un po’ di tempo che non ci occupiamo di televisione e quindi cerco di riprendere le fila di un discorso fatto tempo addietro; lasciamo fare la puntata di ieri di “Annozero”, caso mai ne parliamo a parte, ma vediamo la TV nel suo complesso.
Ebbene, devo rilevare che non è cambiato proprio niente e che si ritrovano tutte le stesse cose di prima delle ferie: per esempio, “Forum”, la trasmissione condotta da Rita Dalla Chiesa, è rimasta uguale nel format e nel contenuto.
Infatti, abbiamo come sempre due persone che litigano tra loro per un argomento – di norma assai futile – e una sorta di dualità di giudizio: da una parte un “giudice” (che poi è un avvocato, ma lasciamo stare) che affronta l’argomento sotto il profilo strettamente giuridico, e dall’altra i “valletti”, la conduttrice ed il pubblico che si divertono a “straparlare”, dicendo tutte le fesserie che passa per le loro teste (vuote).
Come ho già avuto modo di dire in altra occasione, il fatto di “parlare in televisione” fornisce automaticamente l’etichetta di colui che sa e quindi può insegnare; e qui, se ci fate caso, è in piena azione la massificazione, laddove si dice che vale solo ciò che piace e non vale ciò che non piace: ecco, il pubblico e i tre che mandano avanti la trasmissione (la conduttrice e i due aiutanti), non hanno nessuna conoscenza né giuridica e neppure psicologica per trattare l’argomento in discussione; hanno solo quello che abbiamo tutti noi, cioè una loro opinione su quello di cui si parla e basta.
Ma per il solo fatto di “parlare in TV”, questa opinione diventa scienza, assume cioè il significato di qualcosa che discende da una autorità e quindi vale la pena di ascoltare; da qui deriva il detto che non è quel che si dice che conta ma è “dove si dice” e, in particolare sul mezzo televisivo, questo “cosa si dice” assume una importanza tale da diventare una sorta di normativa valida per tutti i nostri atteggiamenti; e pensare che quello che esprime tali concetti è “uno come noi” e niente più, forse anche meno!!
Un altro argomento che mi interessa trattare è che la TV rappresenta una “Repubblica a parte”, nel senso che le cose dette o fatte in quel contesto non sono assimilabili a quelle che avvengono nel “mondo normale”; mi spiego meglio: nel reality del 2001 “Survivor” andato in onda su Italia 1, un concorrente – tale Samuele Sarangoni – aveva definito come “pedofilo” un altro concorrente – tale Franco Mancini – il quale, dopo essersi arrabbiato a morte, si è rivolto ad un tribunale per sporgere querela per diffamazione, richiedendo anche un risarcimento danni.
Sia il Tribunale di Rieti che la Corte d’Appello di Roma avevano rigettato l’istanza; adesso anche la Corte di Cassazione ha emesso un analogo giudizio, affermando che “le offese e le parolacce fanno parte del gioco”; questo significa che la volgarità è insita nel programma e che non possiamo quindi dolercene per eventuali schiaffoni, offese alle madri, bestemmie e chi più ne ha più ne metta; come si dice: “bene a saperlo!”.
Intanto il signor Mancini se ne è tornato a casa propria con questa etichetta che proprio non gradisce e senza il becco di un quattrino: è il bello della diretta!!
Ma c’è anche una buona notizia: i primi di ottobre avrebbe dovuto decollare un nuovo reality dal titolo “La Tribù – Missione in India”, ma il programma è stato cancellato per inadempienze della produzione, dovute, probabilmente, a difficoltà anche di carattere logistico: il programma si sarebbe dovuto svolgere in India e più precisamente all’interno di una tribù nel sud del paese dove i concorrenti (tra loro brillano Emanuele Filiberto di Savoia, Nina Moric, ed Eleonora Brigliadori) avrebbero dovuto interagire con gli indigenti del posto; ma perché dobbiamo andare a disturbare anche all’estero?
Ebbene, devo rilevare che non è cambiato proprio niente e che si ritrovano tutte le stesse cose di prima delle ferie: per esempio, “Forum”, la trasmissione condotta da Rita Dalla Chiesa, è rimasta uguale nel format e nel contenuto.
Infatti, abbiamo come sempre due persone che litigano tra loro per un argomento – di norma assai futile – e una sorta di dualità di giudizio: da una parte un “giudice” (che poi è un avvocato, ma lasciamo stare) che affronta l’argomento sotto il profilo strettamente giuridico, e dall’altra i “valletti”, la conduttrice ed il pubblico che si divertono a “straparlare”, dicendo tutte le fesserie che passa per le loro teste (vuote).
Come ho già avuto modo di dire in altra occasione, il fatto di “parlare in televisione” fornisce automaticamente l’etichetta di colui che sa e quindi può insegnare; e qui, se ci fate caso, è in piena azione la massificazione, laddove si dice che vale solo ciò che piace e non vale ciò che non piace: ecco, il pubblico e i tre che mandano avanti la trasmissione (la conduttrice e i due aiutanti), non hanno nessuna conoscenza né giuridica e neppure psicologica per trattare l’argomento in discussione; hanno solo quello che abbiamo tutti noi, cioè una loro opinione su quello di cui si parla e basta.
Ma per il solo fatto di “parlare in TV”, questa opinione diventa scienza, assume cioè il significato di qualcosa che discende da una autorità e quindi vale la pena di ascoltare; da qui deriva il detto che non è quel che si dice che conta ma è “dove si dice” e, in particolare sul mezzo televisivo, questo “cosa si dice” assume una importanza tale da diventare una sorta di normativa valida per tutti i nostri atteggiamenti; e pensare che quello che esprime tali concetti è “uno come noi” e niente più, forse anche meno!!
Un altro argomento che mi interessa trattare è che la TV rappresenta una “Repubblica a parte”, nel senso che le cose dette o fatte in quel contesto non sono assimilabili a quelle che avvengono nel “mondo normale”; mi spiego meglio: nel reality del 2001 “Survivor” andato in onda su Italia 1, un concorrente – tale Samuele Sarangoni – aveva definito come “pedofilo” un altro concorrente – tale Franco Mancini – il quale, dopo essersi arrabbiato a morte, si è rivolto ad un tribunale per sporgere querela per diffamazione, richiedendo anche un risarcimento danni.
Sia il Tribunale di Rieti che la Corte d’Appello di Roma avevano rigettato l’istanza; adesso anche la Corte di Cassazione ha emesso un analogo giudizio, affermando che “le offese e le parolacce fanno parte del gioco”; questo significa che la volgarità è insita nel programma e che non possiamo quindi dolercene per eventuali schiaffoni, offese alle madri, bestemmie e chi più ne ha più ne metta; come si dice: “bene a saperlo!”.
Intanto il signor Mancini se ne è tornato a casa propria con questa etichetta che proprio non gradisce e senza il becco di un quattrino: è il bello della diretta!!
Ma c’è anche una buona notizia: i primi di ottobre avrebbe dovuto decollare un nuovo reality dal titolo “La Tribù – Missione in India”, ma il programma è stato cancellato per inadempienze della produzione, dovute, probabilmente, a difficoltà anche di carattere logistico: il programma si sarebbe dovuto svolgere in India e più precisamente all’interno di una tribù nel sud del paese dove i concorrenti (tra loro brillano Emanuele Filiberto di Savoia, Nina Moric, ed Eleonora Brigliadori) avrebbero dovuto interagire con gli indigenti del posto; ma perché dobbiamo andare a disturbare anche all’estero?