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martedì, agosto 11, 2009

STRATEGIA ENERGETICA CINESE 

L’ho già scritto tempo fa, ma alcune notizie di stampa mi costringono a ripeterlo: il Dragone cinese – attualmente la seconda potenza mondiale dopo gli U.S.A. – ha strategie e modi di approcciare il problema del proprio approvvigionamento energetico assai diversi dagli altri paesi capitalisti occidentali.
Lo sapevate che l’Angola è il 12° paese per volume di esportazioni verso la Cina e che il valore dei tali merci è doppio rispetto a quello dell’Italia? Come potrà fare un paese incluso tra quelli “arretrati” e con soli 13milioni di abitanti a raggiungere tali livelli è presto detto: in Angola c’è il petrolio, quello che la Cina chiede oltre ogni cosa e in cambio del quale è disposta ad attuare una politica diversa dai “ladroni” occidentali che applicano il sistema del “ruba e fuggi”.
Qual è questo sistema? Semplice, in cambio dell’oro nero Pechino costruisce case ed ospedali, finanzia la nascente industria locale, insomma offre quello che si potrebbe chiamare “stabilità economica del paese”.
È quello che potremmo definire come “un farsi la piazza” al fine di avere la certezza di poter contare sul petrolio angolano; e tale impostazione è resa obbligata dal fatto che la Cina – con la crescita più alta al mondo – è seconda nella graduatoria dei consumatori di energia.
Per il futuro il governo cinese ha fatto colossali investimenti sulle energie rinnovabili, ma la loro redditività è assai differita nel tempo, per cui se vogliono continuare la crescita con i ritmi attuali debbono per forza ricorrere alle energie attualmente sul mercato, vale a dire petrolio e gas, entrambi soggetti a forti fluttuazioni sui mercati, in quanto facenti parte delle materie prime sottoposte a speculazione selvaggia; i cinesi si ricordano ancora del livello di 147 dollari al barile raggiunto dal petrolio non tanto tempo fa e sanno che se dovesse ripetersi sarebbe un disastro.
Guardando al futuro con occhio lungimirante, la Cina ha lasciato perdere l’affollato mercato mediorientale ed ha privilegiato quello africano – Nigeria e Angola in particolare – non disdegnando peraltro anche quello sudamericano: sono di quest’anno due giganteschi accordi stipulati dall’ente cinese preposto all’energia, la “PetroChina”, con il Venezuela, per oltre 10 miliardi di euro, e con il Brasile, con cui ha stabilito di realizzare la costruzione delle nuove piattaforme off-shore nell’Atlantico.
E non ha tralasciato il comparto della raffinazione, siglando un accordo in merito, con la Nippon Oil Corp in base al quale sorgerà una nuova struttura riveniente da una joint venture tra le due nazioni, la quale provvederà a raffinare il petrolio cinese.
Insomma, se devo esprimere un giudizio complessivo, debbo dire che la Cina mi appare come una Nazione che – lasciando da parte il problema dei diritti umani – guarda al futuro con occhi lungimiranti e che procede a fare delle scelte che meritano un occhio di rispetto da parte dell’occidente.
D’altro canto, dobbiamo anche rilevare che in Cina – da quando è iniziato il suo “miracolo economico” – il suicidio è diventata la prima causa di morte fra i giovani; questa circostanza dovrebbe farci riflettere e indurci, almeno, a riconsiderare la nostra “certezza” che la qualità della vita si identifica con la possibilità di consumare al più alto livello; dobbiamo chiederci quindi se noi continuiamo a chiamare “benessere” quello che è invece uno “straordinario malessere” e se i tanti aumenti del PiL valgano di più della qualità della vita o meglio, della vita stessa degli individui.
Ricordiamoci che al centro di tutti i processi dobbiamo metterci l’uomo; e basta!!

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