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mercoledì, agosto 19, 2009

MA BOSSI CE L'HA CON L'INNO DI MAMELI? 

Sembra una delle solite polemiche del Ferragosto italiano, quando i big della politica – in vacanza con le brache calate – parlano su tutto e su tutti; ma il discorso di Bossi sull’Inno di Mameli merita qualche parolina in più, specie perché è la mosca cocchiera di una polemica che ha dietro le “gabbie salariali” e l’uso del dialetto nelle scuole.
I commentatori politici hanno smesso di prendere in giro il “senatur”, tacciandolo di poca cultura e di scarsa intelligenza, specie da quando ha inanellato un successo elettorale dietro l’altro, fino a collocarsi all’interno del PdL come l’autentico ago della bilancia; ormai dobbiamo ammettere che – ferma restando la sua antipatia a pelle – il Bossi Umberto è il miglior animale politico che abbiamo, l’unico che capisce al volo (senza tanti sondaggi) quali sono gli umori della gente e agisce di conseguenza.
E quindi, la polemica sull’inno, maschera il discorso ben più interessante sulle differenze salariali “effettive” tra il Nord e il Sud; mi sembra chiaro per tutti che un professore di scuola media che insegna a Caltanisetta ha a disposizione uno stipendio identico a quello del collega di Milano, ma – per effetto del costo della vita che in Sicilia è del 30% inferiore alla Lombardia – i suoi soldi fruttano un tenore di vita superiore appunto del famoso 30%.
Pertanto, combattere questa battaglia è diventato un punto centrale nell’offensiva autunnale che la Lega muoverà all’interno della compagine governativa, forte anche della famosa frase di Aristotele che diceva: “ingiustizia non è solo trattare gli eguali in modo diseguale, ma anche trattare i diseguali in modo eguale”.
Ovvio che il mettere in pratica questa forma perequativa è difficilissimo, in quanto può essere attuata in due soli modi: abbassare gli stipendi dei dipendenti pubblici del Sud (e mi sembra improponibile), oppure alzare quelli del Nord, e qui si ritorna al solito dilemma: dove si trovano i quattrini?
A questo proposito si torna a parlare delle solite cose: sconfiggere l’evasione fiscale, autentica panacea per tutti i mali dell’Italia; e a questo proposito, sono di questi giorni alcune novità che – pur senza farsi soverchie illusioni – ci fanno ben sperare per il futuro. Il Direttore Generale dell’Agenzia per le Entrate, Attilio Befera, ha dichiarato che 170mila italiani sono nel mirino del fisco per patrimoni o beni detenuti all’estero e che saranno perseguiti in ogni modo possibile; un po’ come sta facendo l’amministrazione americana con i propri cittadini che hanno conti in Svizzera.
Questa operazione, nella quale si inserisce anche l’eredità Agnelli, parte della quale sarebbe “nascosta” in un paradiso fiscale, svolge anche una sorta di “promozione” per il celebre “scudo fiscale” tanto caro al ministro Tremonti, con la cui riuscita si conta di recuperare importanti risorse da utilizzare nel bilancio dello Stato.
Ma torniamo per un attimo al problema delle differenze Nord-Sud in tema di stipendi “pubblici”: ho già avuto modo di scrivere che un Consigliere regionale siciliano incassa circa 11.000 euro mensili – oltre a tutti i benefit – ovverosia un terzo in più dei colleghi del Nord; questo può accadere in quanto la Sicilia è “Regione Autonoma” e questa autonomia la utilizza soprattutto nel differenziare le prebende dei suoi amministratori pubblici, i quali hanno stipendi superiori del 30% rispetto ai colleghi del Nord, pur vivendo in una zona il cui costo della vita è inferiore del 30%; l’ingiustizia è così stridente che grida vendetta e Bossi lo sta facendo, anche se usa, provocatoriamente, un sacro simbolo italiano: l’inno di Mameli.
Ma state certi che l’obiettivo è un altro: le perequazioni stipendiali tra Nord e Sud.

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