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lunedì, agosto 10, 2009

ELOGIO DELLA PAURA 

Questo mio post prende spunto dalle notizie apparse sulla stampa in relazione al terribile incidente aereo capitato a New York sopra il fiume Hudson, dove un elicottero pieno di turisti impegnati ad ammirare Manhattan dall’alto, si è scontrato con un piccolo aereo da turismo; di chi sia la colpa non è dato sapere al momento, ma essendo implicati due mezzi, è chiaro che la responsabilità è di uno dei due, se non di entrambi.
Tra i morti ci sono diversi italiani due dei quali appartengono alla stessa famiglia residente a pochi passi da Bologna: sono padre e figlio e la moglie e madre (Silvia) non figura nella lista dei morti in quanto al momento di organizzare l’escursione, si è tirata indietro dicendo di ”avere paura” e così è rimasta a terra, unico superstite di un gruppo di famiglia arrivato a New York anche per festeggiare il 25mo anniversario del matrimonio di Silvia: non potrà fare la festa del 30mo.
Ed ecco il problema che vorrei trattare: Silvia si è salvata in quanto “ha avuto paura”; ma che cosa è la paura? Vediamo dal Devoto Oli come viene definita: “stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un vero o presunto pericolo”.
A leggere la definizione sembrerebbe quasi che si fosse in presenza di una “veggenza di pericolo”, cioè – dalla nostra immaginazione o dal nostro inconscio – scaturisce una o più immagini che si compongono a formare la scena del pericolo; Silvia, infatti, non può avere genericamente “paura di volare”, in quanto dall’Italia all’America è giunta con un aereo, ma in quel momento e con quell’oggetto particolare (l’elicottero), la donna non ha avuto il coraggio di salire e affrontare il breve viaggio sul fiume Hudson, con virata attorno alla Statua della Libertà. E si è salvata la vita!
Ma quante sono le “paure” nella nostra vita? Tantissime e la prima è “quella del buio” che fin da bambini ci ha ossessionato; poi abbiamo quelle relative a pericoli reali, tipo la paura della guerra o del terremoto; i due tipi di “paure” si diversificano per una opposta conoscenza del pericolo che incombe sopra di noi: nel primo caso non lo conosciamo, nel secondo lo abbiamo invece ben presente e può determinare alcuni atteggiamenti – specie nel caso della guerra – tipo la diserzione che è proprio la paura di affrontare quello specifico pericolo e morirne o la psicosi.
Ma a proposito di “morte”, ricordiamoci che proprio questa è la massima paura dell’uomo, in quanto non sa che cosa significhi esattamente morire (infatti nessuno è mai tornato a raccontarcelo); a questo proposito l’uomo ha inventato – fin dai primordi – la religione, vista come una sorta di lenitivo all’angoscia del NULLA.
A proposito dell’esistenza di Dio – qualsiasi Dio, riferito ad una della tante religioni presenti – c’è una battuta di uno scrittore francese di cui non ricordo il nome che narra di due personaggi, il primo è Ludwig van Beethoven che è stato l’unico a non poter ascoltare la “sua” Nona Sinfonia, dato che quando la compose era già diventato sordo (da notare che anche l’anarchico Bakunin auspicò che la rivoluzione spazzasse via tutto ciò che era borghese ad esclusione della sinfonia di Beethoven); l’altro personaggio è Ambrogio Fogar che aveva il movimento come “mito” della sua esistenza e che è rimasto negli ultimi 13 anni paralizzato dalla testa in giù; questo il commento dello scrittore francese: “l’unica scusa di Dio è quella di non esistere”.
Guardate dove siamo andati a finire? Siamo partiti dal colpo di fortuna di una donna che non è voluta salire sull’elicottero che l’avrebbe uccisa e siamo finiti a parlare di Dio; però, se ci pensate, Egli – se esiste – è colui che determina i colpi di fortuna e di sfortuna e quindi è logico farne riferimento: sono riuscito a spiegarmi??

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