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martedì, luglio 21, 2009

LA DIVISA, IL POTERE E L'AMORE 

Ricorderete che alcuni giorni fa ho parlato di un tragico incidente in cui ha perso la vita una ragazza di appena 18 anni; ricorderete anche che l’incidente è stato provocato da un’auto-civetta dei Vigili Urbani in servizio “antri-degrado”, con una prostituita di origine russa a bordo, che veniva scortata alla Polizia Scientifica per essere fotografata.
Adesso è arrivata anche la conferma dell’assessore competente che ha ammesso quello che non era più possibile tenere nascosto: l’auto dei vigili ha passato l’incrocio con il rosso, a velocità sostenuta e con la sirena usata “a intermittenza”; niente è stato detto circa il motivo della velocità con cui la pattuglia portava la ragazza ad essere fotografata, cioè se era un ordine perentorio facente parte del protocollo d’intervento oppure se è stata una scelta dell’autista, il quale – 52 anni – è stato definito un uomo d’esperienza, ma chi lo conosce ha aggiunto che questa esperienza si è consumata quasi per intero alla guida dell’auto di rappresentanza di un assessore.
L’inchiesta ovviamente prosegue, ma permettete che anch’io dica la mia, a proposito di alcune realtà che conosco, purtroppo, date le tante primavere che sono situate sul mio groppone: per gli italiani (non so se questo atteggiamento è proprio anche di altri Paesi), l’indossare la divisa è sinonimo di “potere” e non di “servizio” come dovrebbe essere; infatti, colui che la indossa – dal vigile all’ammiraglio – ha tale indumento proprio perché è investito della responsabilità di un servizio che viene reso alla collettività; ed invece la divisa, le mostrine, gli stivaloni, gli alamari e quant’altro fa parte del “costume” indossato dal comune mortale, lo fa assurgere ad un “uomo di potere”; a questo proposito, per chi non lo avesse visto, consiglio il vecchio ma sempre attualissimo film “Il Vigile”, diretto da Luigi Zampa e interpretato da Alberto Sordi.
Ed esercitare il potere, amici mie, è quanto l’uomo desidera maggiormente tra le cose che gli possono toccare su questa terra; e qui, mi torna comodo un detto – credo siciliano – che dice “comandare è meglio che fottere”, in cui l’esercizio del potere viene anteposto a quello che è comunemente considerato il massimo del piacere terreno.
Nel detto sopra citrato, oltre che il termine comandare, c’è anche l’altro – “fottere” che, secondo il Devoto Oli, significa “congiungersi carnalmente con una donna”, quello che oggi, più semplicemente diciamo “fare all’amore”. E qui siamo arrivati all’ultimo concetto che voglio esprimere, quello dell’”amore”; badate bene che in un atto squisitamente materiale come il fottere viene immesso un concetto antitetico come l’amore, direi il più alto sentimento che un essere umano possa esprimere.
E allora diamo la definizione di questo benedetto “amore”: per questo non mi avvalgo del Devoto-Oli, ma faccio di testa mia e dico che l’amore è “la donazione, completa (totale) e disinteressata dell’uno all’altro e dell’altro all’uno”; e si comprende subito che l’amore non ha e non potrà mai avere nessun contatto con il potere, in quanto al disinteresse materiale del primo, sta l’interesse per il proprio piacere del secondo.
Ma nella società contemporanea, nella quale ogni individuo ha una propria individualità che gli viene inculcata dai mass media – la TV in testa – è ancora possibile una cosa così sublime come la donazione per amore? Difficile a dirsi, ma certo che se l’uomo di oggi non sente il bisogno di ritornare a sentimenti “totali” come l’amore, non c’è più veramente via di scampo, in quanto tutto il resto è bruta materialità che genera soltanto
Il “fottere”. Ma chi è disposto a questa “donazione”? Tutti dovrebbero, perché questo sentimento non ha età né differenze sociali è l’unica cosa veramente “cosmica”, la sola speranza di diversificarsi dalle bestie: se non la cogliamo rimaniamo bestie!!

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