giovedì, luglio 02, 2009
CHI DI "SCOSSA" FERISCE...
Il detto recita – nella sua completezza – che colui il quale “ferisce” con qualcosa poi “perisce” della stessa cosa da lui utilizzata; nel caso specifico, l’oggetto utilizzato per ferire è la famosa “scossa” ventilata da baffino D’Alema come elemento detronizzante per il premier, inghiottito da brutte storie di donnine e faccendieri.
In virtù di tale “scossa” preconizzata dal leader democratico, il suo partito avrebbe dovuto tenersi pronto per esercitare tutte le azioni del caso; per la verità questa fraseologia mi sembra molto più adatta ad un “colpo di stato”, ma comunque, l’avvertimento di “baffino” ha tenuto banco sulla stampa quotidiana e sulle televisioni per diversi giorni.
Comunque sia. il gran chiacchiericcio su una eventuale sostituzione di Berlusconi con un Premier tecnico – il nome più ricorrente era quello di Draghi – aveva un qualcosa di surreale nella forma e nella sostanza e questo per due motivi: il primo perché il Parlamento non avrebbe fornito i numeri necessari per governare ad un leader diverso da quello eletto dal popolo, ed il secondo era da ricercare nel “perché” una persona avveduta come il Governatore della Banca d’Italia, avrebbe dovuto prestarsi a tale operazione suicida.
Ma la seconda parte del motto è “di scossa perisce” che, sia pure non estremizzato come recita il detto, si configura con quanto sta avvenendo nella “patria politica” di D’Alema, dove i chiacchiericci – accompagnati da bustarelle e inciuci vari – hanno veramente messo in difficoltà la giunta regionale pugliese, il cui Presidente è stato costretto a scioglierla in blocco per provvedere ad una nuova “rifondazione”; su questo terremoto politico, provocato dalla stessa questione morale, il nostro Massimo farebbe bene a riflettere, ed anche sul segnale di autonomia partitica che Vendola ha inteso dare all’azzeramento di tutti gli incarichi; vedremo come finirà!
E ci sarebbe da aggiungere – a beneficio di “baffino” – che in questo marasma della politica fatto di aggressioni, linciaggi e messaggi di stampo “mafioso”, il PD deve pensare con saggezza all’appuntamento di ottobre quando si avrà la scelta del nuovo leader del partito, sulla quale peserà, oltre alle turbolenze della “rossa” Puglia, anche i miasmi della fogna napoletana e campana più in generale.
In previsione di quest’ultimo appuntamento, i vari candidati si sfidano sul programma e, al momento, sembrerebbero restati solo Franceschini e Bersani; per la verità c’era anche Chiamparino, ma l’accoppiata Fassino - Veltroni, lo ha fatto fuori; in questo contesto sembra che il gioco al massacro verta sullo slogan “vogliamo un giovane che sia anche innovatore”.
Tra i due, Franceschini – attuale segretario – è certamente quello più giovane, ma è anche autore del risultato “drammatico” verificatosi in queste ultime elezioni; a mio modo di vedere se questi risultati li avesse fatti Veltroni lo avrebbero buttato per le scale; Franceschini, invece…..; come mai? A chi fa comodo questa figura certamente poco ingombrante ma anche poco significativa per la rimonta del partito? Per me chi ci guadagna è solo Berlusconi, tra gli avversari, e Di Pietro tra gli alleati.
Bersani invece ricalca la figura di Prodi, con quell’apparente bonomia ma anche con la grinta del grande combattente e l’esperienza governativa: della sua strategia possiamo dire che ha capito come da solo il PD non ce la possa fare e quindi vada alla ricerca di “convergenze”, sia al centro che all’estrema sinistra.
Domani spero di completare il discorso, riportando anche qualche situazione grottesca.
In virtù di tale “scossa” preconizzata dal leader democratico, il suo partito avrebbe dovuto tenersi pronto per esercitare tutte le azioni del caso; per la verità questa fraseologia mi sembra molto più adatta ad un “colpo di stato”, ma comunque, l’avvertimento di “baffino” ha tenuto banco sulla stampa quotidiana e sulle televisioni per diversi giorni.
Comunque sia. il gran chiacchiericcio su una eventuale sostituzione di Berlusconi con un Premier tecnico – il nome più ricorrente era quello di Draghi – aveva un qualcosa di surreale nella forma e nella sostanza e questo per due motivi: il primo perché il Parlamento non avrebbe fornito i numeri necessari per governare ad un leader diverso da quello eletto dal popolo, ed il secondo era da ricercare nel “perché” una persona avveduta come il Governatore della Banca d’Italia, avrebbe dovuto prestarsi a tale operazione suicida.
Ma la seconda parte del motto è “di scossa perisce” che, sia pure non estremizzato come recita il detto, si configura con quanto sta avvenendo nella “patria politica” di D’Alema, dove i chiacchiericci – accompagnati da bustarelle e inciuci vari – hanno veramente messo in difficoltà la giunta regionale pugliese, il cui Presidente è stato costretto a scioglierla in blocco per provvedere ad una nuova “rifondazione”; su questo terremoto politico, provocato dalla stessa questione morale, il nostro Massimo farebbe bene a riflettere, ed anche sul segnale di autonomia partitica che Vendola ha inteso dare all’azzeramento di tutti gli incarichi; vedremo come finirà!
E ci sarebbe da aggiungere – a beneficio di “baffino” – che in questo marasma della politica fatto di aggressioni, linciaggi e messaggi di stampo “mafioso”, il PD deve pensare con saggezza all’appuntamento di ottobre quando si avrà la scelta del nuovo leader del partito, sulla quale peserà, oltre alle turbolenze della “rossa” Puglia, anche i miasmi della fogna napoletana e campana più in generale.
In previsione di quest’ultimo appuntamento, i vari candidati si sfidano sul programma e, al momento, sembrerebbero restati solo Franceschini e Bersani; per la verità c’era anche Chiamparino, ma l’accoppiata Fassino - Veltroni, lo ha fatto fuori; in questo contesto sembra che il gioco al massacro verta sullo slogan “vogliamo un giovane che sia anche innovatore”.
Tra i due, Franceschini – attuale segretario – è certamente quello più giovane, ma è anche autore del risultato “drammatico” verificatosi in queste ultime elezioni; a mio modo di vedere se questi risultati li avesse fatti Veltroni lo avrebbero buttato per le scale; Franceschini, invece…..; come mai? A chi fa comodo questa figura certamente poco ingombrante ma anche poco significativa per la rimonta del partito? Per me chi ci guadagna è solo Berlusconi, tra gli avversari, e Di Pietro tra gli alleati.
Bersani invece ricalca la figura di Prodi, con quell’apparente bonomia ma anche con la grinta del grande combattente e l’esperienza governativa: della sua strategia possiamo dire che ha capito come da solo il PD non ce la possa fare e quindi vada alla ricerca di “convergenze”, sia al centro che all’estrema sinistra.
Domani spero di completare il discorso, riportando anche qualche situazione grottesca.