mercoledì, giugno 10, 2009
NON SI PARLA PIU' DELLA CRISI ?
Sarà una mia impressione, ma gli animati dibattiti elettorali e le tante polemiche su veline e foto rubate, mi pare che abbiano distolto l’attenzione degli addetti ai lavori dalla crisi che – stando a quanto si tocca con mano – è ancora in atto e alla grande.
Una cosa che mi sarei aspettato dalla nostra classe politica, è una sorta di “storia della crisi”, nella quale evidenziare le cose fatte dal signor X che hanno provocato la tale contrazione in casa del Signor Y, eccetera; insomma una specie di excursus da cui ricavare, non dico utili insegnamenti per il futuro, ma almeno capire chi si è intascato i 3000 trilioni di dollari che sembrano essere andati in fumo; e dato che niente si crea e niente si distrugge, ma tutto si trasforma, è logico supporre che queste cifre fantasmagoriche si siano “trasformate” in una certa quantità di conti in paradisi fiscali “off-shore”; se qualcuno mi spiega la situazione in modo tale che appaia come nessuno si è intascato niente, allora sarò pronto a fare ammenda.
Intanto, dobbiamo registrare un elogio del Governatore Draghi alle nostre banche che hanno evitato di caricarsi di titoli “tossici” – quei titoli che sarebbero alla base dello tsunami finanziario che ha originato la crisi economica – spiegando la cosa con il fatto che le nostre aziende di credito sono già profittevoli con la normale attività bancaria e non avevano quindi bisogno di ricorrere a strumenti a maggior rischio.
Lo stesso Draghi ha invocato da parte dei Governi nuove regole per il credito; a questo sembra dedicarsi l’OCSE che ha avviato una discussione per individuare i nuovi paletti – cioè le nuove regole – della finanza globale, dopo lo sconquasso economico provocato dai banchieri che Tremonti, con un eufemismo, dice che “hanno esagerato”.
E questa esagerazione discende dalla cupidigia di incassare commissioni per le loro banche, fare gli interessi esclusivamente dei loro azionisti e gonfiare i loro portafogli intascando bonus principeschi.
Questi “paletti” tanto invocati sono circa una dozzina: non li elenco per ragioni di spazio, ma aggiungo solo che hanno come parametro di riferimento, la correttezza, la trasparenza e l’etica negli affari e mettono limiti ai superbonus dei manager.
Dopo l’evidente fallimento dei modelli consumistici esasperanti l’indebitamento, è forse l’ora di ritornare all’etica nell’economia, elemento che ormai mi sembra possa rappresentare il caposaldo su cui innescare il resto delle norme.
Don Luigi Sturzo diceva “L’economia senza etica è diseconomia”, lanciando così una lezione morale – ma anche politica – spesso cancellata da coloro che vivono sulla violenza, la corruzione e la demagogia.
L’etica che ci viene indicata da uomini come Don Sturzo – ma anche da Einaudi – non è comoda, ma è una lezione morale – e politica – ancora attuale e vivissima.
Avrete notato che un paio di volte accanto al termine “morale” ho aggiunto quello di “politico”; l’ho fatto in quanto ritengo che al momento in cui siamo, la classe politica non può distaccarsi da una visione morale dell’azione sociale e quindi dobbiamo coniugare una sorta di unione di morale con la politica.
In assenza di tale operazione, siamo alla finanza disinvoltamente utilizzata per i propri interessi ed alla teoria per la quale “è vano opporsi alle leggi dell’economia e della finanza”; credo che sia giunta l’ora in cui la gente deve riappropriarsi delle leve delle decisioni sia in campo economico che in quello finanziario e questo – a meno di non voler fare la rivoluzione – si può ottenere solo attraverso il corretto uso dell’etica nella politica. Spero di essere stato abbastanza chiaro, almeno per quello che so io!!
Una cosa che mi sarei aspettato dalla nostra classe politica, è una sorta di “storia della crisi”, nella quale evidenziare le cose fatte dal signor X che hanno provocato la tale contrazione in casa del Signor Y, eccetera; insomma una specie di excursus da cui ricavare, non dico utili insegnamenti per il futuro, ma almeno capire chi si è intascato i 3000 trilioni di dollari che sembrano essere andati in fumo; e dato che niente si crea e niente si distrugge, ma tutto si trasforma, è logico supporre che queste cifre fantasmagoriche si siano “trasformate” in una certa quantità di conti in paradisi fiscali “off-shore”; se qualcuno mi spiega la situazione in modo tale che appaia come nessuno si è intascato niente, allora sarò pronto a fare ammenda.
Intanto, dobbiamo registrare un elogio del Governatore Draghi alle nostre banche che hanno evitato di caricarsi di titoli “tossici” – quei titoli che sarebbero alla base dello tsunami finanziario che ha originato la crisi economica – spiegando la cosa con il fatto che le nostre aziende di credito sono già profittevoli con la normale attività bancaria e non avevano quindi bisogno di ricorrere a strumenti a maggior rischio.
Lo stesso Draghi ha invocato da parte dei Governi nuove regole per il credito; a questo sembra dedicarsi l’OCSE che ha avviato una discussione per individuare i nuovi paletti – cioè le nuove regole – della finanza globale, dopo lo sconquasso economico provocato dai banchieri che Tremonti, con un eufemismo, dice che “hanno esagerato”.
E questa esagerazione discende dalla cupidigia di incassare commissioni per le loro banche, fare gli interessi esclusivamente dei loro azionisti e gonfiare i loro portafogli intascando bonus principeschi.
Questi “paletti” tanto invocati sono circa una dozzina: non li elenco per ragioni di spazio, ma aggiungo solo che hanno come parametro di riferimento, la correttezza, la trasparenza e l’etica negli affari e mettono limiti ai superbonus dei manager.
Dopo l’evidente fallimento dei modelli consumistici esasperanti l’indebitamento, è forse l’ora di ritornare all’etica nell’economia, elemento che ormai mi sembra possa rappresentare il caposaldo su cui innescare il resto delle norme.
Don Luigi Sturzo diceva “L’economia senza etica è diseconomia”, lanciando così una lezione morale – ma anche politica – spesso cancellata da coloro che vivono sulla violenza, la corruzione e la demagogia.
L’etica che ci viene indicata da uomini come Don Sturzo – ma anche da Einaudi – non è comoda, ma è una lezione morale – e politica – ancora attuale e vivissima.
Avrete notato che un paio di volte accanto al termine “morale” ho aggiunto quello di “politico”; l’ho fatto in quanto ritengo che al momento in cui siamo, la classe politica non può distaccarsi da una visione morale dell’azione sociale e quindi dobbiamo coniugare una sorta di unione di morale con la politica.
In assenza di tale operazione, siamo alla finanza disinvoltamente utilizzata per i propri interessi ed alla teoria per la quale “è vano opporsi alle leggi dell’economia e della finanza”; credo che sia giunta l’ora in cui la gente deve riappropriarsi delle leve delle decisioni sia in campo economico che in quello finanziario e questo – a meno di non voler fare la rivoluzione – si può ottenere solo attraverso il corretto uso dell’etica nella politica. Spero di essere stato abbastanza chiaro, almeno per quello che so io!!