lunedì, giugno 01, 2009
LO SCIVOLONE DI MARCHIONNE
Dalla Germania arriva la notizia che nella corsa all’acquisizione di Opel, la General Motors – proprietaria della fabbrica tedesca – ha scelto la “Magna”, casa austriaca che fabbrica componenti per autoveicoli, partecipata da aziende canadesi ma, soprattutto, dalla Gazprom di Putin.
Marchionne – A.D. della Fiat che ha speso una fortuna in voli aerei per trattare con Opel e con il governo tedesco – è rimasto comprensibilmente male dalla conclusione della vicenda e, mostrando scarso fair play, ha dichiarato che “a Berlino è andata in onda una soap opera brasiliana, ma la vita va avanti anche senza di loro”.
Nel paragonare la trattativa che vedeva impegnati tanti paesi ad una soap opera, per di più brasiliana (il peggio del peggio), Marchionne allude forse a qualche giochetto poco corretto che si è visto nelle stanze del potere tedesco; come ho già avuto modo di dire, la partita sulla Opel si giocava in termini politici e le carte giocate dai socialdemocratici tedeschi – Schroeder in testa – sono state molto pesanti, arrivando a condizionare anche la scelta del governo; da non scordare che al momento l’ex cancelliere tedesco è un dipendente di Putin nella Gazprom.
E qui, se mi consentite una breve parentesi, torna il termine soap-opera, il cui significato letterario è “opera-saponetta”, ma che ha preso questo nome dal primo sponsor (fabbrica di saponi) che credette in questa forma di racconto – iniziato alla radio e proseguito in televisione – come veicolo pubblicitario; anche in questo caso abbiamo lo sponsor ed è la Gazprom di Putin.
Ma non dimentichiamo – in ultima analisi – che la decisione finale è stata presa negli Stati Uniti, dalla General Motors, proprietaria effettiva della Opel; ed infatti, quando si è trattato di mettere sul piatto della bilancia i soldi occorrenti a ripianare i debiti, Putin, per conto della “Magna” ha fatto fronte alle necessità, mentre Marchionne si è trincerato dietro ad una dichiarazione molto sibillina che recita “FIAT non può prendersi rischi non necessari e irragionevoli non avendo avuto il tempo di valutare la situazione finanziaria di Opel”.
Il che, in concreto, significa che fino a mettere in campo la tecnologia per motori ecologici ed a basso consumo, nonché a fornire i supporti organizzativi necessari alla ripresa, la Fiat ci sta, ma se dobbiamo parlare di soldi allora le cose cambiano totalmente aspetto; insomma una riedizione degli accordi Chrysler.
Comunque Marchionne non si è perso d’animo e, nell’intento di trovare un partner insieme al quale arrivare a produrre 6/7 milioni di autovetture annue, ha cominciato a guardarsi attorno ed ha intavolato trattative con SAAB e con Vauxhall, sperando di avere maggiore fortuna e di riuscire a compiere l’ennesimo miracolo di comprare qualcosa senza tirare fuori denaro.
Ma c’è da chiedersi quale sia stato il ruolo dei lavoratori (sindacato) in questa trattativa; la risposta è molto facile: nessuno! Cioè, il management delle aziende interessate a questi giochi da Monopoli, non ha mai chiamato i rappresentanti dei lavoratori per spiegare loro la situazione; forse perché se troppe persone venivano a conoscenza dei termini dell’offerta, ci sarebbe stato il rischio che qualcosa trapelasse all’esterno, disturbando o addirittura annullando l’intera trattativa; oppure – e questa è l’ipotesi che io sposo più volentieri – i lavoratori sono considerati soltanto “carne da officina” e quindi senza alcun diritto di venire informati circa il proprio futuro. Mi direte che sono pessimista in questa mia dichiarazione, ma io preferisco “realista”!!
Marchionne – A.D. della Fiat che ha speso una fortuna in voli aerei per trattare con Opel e con il governo tedesco – è rimasto comprensibilmente male dalla conclusione della vicenda e, mostrando scarso fair play, ha dichiarato che “a Berlino è andata in onda una soap opera brasiliana, ma la vita va avanti anche senza di loro”.
Nel paragonare la trattativa che vedeva impegnati tanti paesi ad una soap opera, per di più brasiliana (il peggio del peggio), Marchionne allude forse a qualche giochetto poco corretto che si è visto nelle stanze del potere tedesco; come ho già avuto modo di dire, la partita sulla Opel si giocava in termini politici e le carte giocate dai socialdemocratici tedeschi – Schroeder in testa – sono state molto pesanti, arrivando a condizionare anche la scelta del governo; da non scordare che al momento l’ex cancelliere tedesco è un dipendente di Putin nella Gazprom.
E qui, se mi consentite una breve parentesi, torna il termine soap-opera, il cui significato letterario è “opera-saponetta”, ma che ha preso questo nome dal primo sponsor (fabbrica di saponi) che credette in questa forma di racconto – iniziato alla radio e proseguito in televisione – come veicolo pubblicitario; anche in questo caso abbiamo lo sponsor ed è la Gazprom di Putin.
Ma non dimentichiamo – in ultima analisi – che la decisione finale è stata presa negli Stati Uniti, dalla General Motors, proprietaria effettiva della Opel; ed infatti, quando si è trattato di mettere sul piatto della bilancia i soldi occorrenti a ripianare i debiti, Putin, per conto della “Magna” ha fatto fronte alle necessità, mentre Marchionne si è trincerato dietro ad una dichiarazione molto sibillina che recita “FIAT non può prendersi rischi non necessari e irragionevoli non avendo avuto il tempo di valutare la situazione finanziaria di Opel”.
Il che, in concreto, significa che fino a mettere in campo la tecnologia per motori ecologici ed a basso consumo, nonché a fornire i supporti organizzativi necessari alla ripresa, la Fiat ci sta, ma se dobbiamo parlare di soldi allora le cose cambiano totalmente aspetto; insomma una riedizione degli accordi Chrysler.
Comunque Marchionne non si è perso d’animo e, nell’intento di trovare un partner insieme al quale arrivare a produrre 6/7 milioni di autovetture annue, ha cominciato a guardarsi attorno ed ha intavolato trattative con SAAB e con Vauxhall, sperando di avere maggiore fortuna e di riuscire a compiere l’ennesimo miracolo di comprare qualcosa senza tirare fuori denaro.
Ma c’è da chiedersi quale sia stato il ruolo dei lavoratori (sindacato) in questa trattativa; la risposta è molto facile: nessuno! Cioè, il management delle aziende interessate a questi giochi da Monopoli, non ha mai chiamato i rappresentanti dei lavoratori per spiegare loro la situazione; forse perché se troppe persone venivano a conoscenza dei termini dell’offerta, ci sarebbe stato il rischio che qualcosa trapelasse all’esterno, disturbando o addirittura annullando l’intera trattativa; oppure – e questa è l’ipotesi che io sposo più volentieri – i lavoratori sono considerati soltanto “carne da officina” e quindi senza alcun diritto di venire informati circa il proprio futuro. Mi direte che sono pessimista in questa mia dichiarazione, ma io preferisco “realista”!!