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venerdì, giugno 19, 2009

LA MORTE DI UN GRANDE LIBERALE 

A 80 anni è morto uno dei filosofi liberali più grandi del dopoguerra, Ralf Dahrendorf, quello che da molti studiosi e politici venne definito “il maestro inascoltato”.
Figlio di un deputato socialdemocratico della Repubblica di Weimar deportato dai nazisti, fu professore di filosofia ad Amburgo, poi a Tubinga e a Costanza, ma venne presto tentato dalla politica ed entro prima nel partito del padre e poi nell’Fdp, il partito liberale; la sua carriera politica fu fulminea tanto che venne chiamato “il ragazzo prodigio”; nel 1969 divenne sottosegretario agli esteri nel governo di Willy Brandt, quello della storica svolta e della prima fase dell’ostpolitik; in questa fase politica il giovane Ralf, oltre ad occuparsi degli incarichi di governo, guidò la trasformazione del vecchio partito liberale in una compagine moderna: si disse che – solo che lo avesse voluto – avrebbe potuto prendere tranquillamente la guida del partito.
Dopo poco più di un anno ne ebbe abbastanza della politica attiva e si fece trasferire a Bruxelles per vivere l’esperienza della nascente Unione Europea, ma scoprì ben presto che “anche Bruxelles lo annoiava”.
In quel periodo scrisse molti saggi critici sull’Europa firmandoli con lo pseudonimo “EuropaWieland”, ma venne scoperto e finì per abbandonare del tutto la politica.
Si trasferì a Londra dove prese ad insegnare nella London School of Economics e nel 1988 divenne cittadino inglese; dopo soli 5 anni – nel 1993 – la regina Elisabetta lo nominò baronetto con il titolo di Lord of Clare Market; da notare l’umorismo: Clare Market è la piazza dove si trova la scuola dove Dahrendorf insegnava e il filosofo ci rise sopra con grande gusto.
Durante la sua breve carriera politica, il grande filosofo ebbe a intuire che i politici di professione lo avrebbero stritolato e quindi abbandonò la lotta senza rimpianti, dichiarandosi sempre disponibile a incontrare chi volesse sentire quello che pensava, ma senza l’aria di voler impartire consigli; “tanto non li seguirebbero” e non nascose il suo orgoglio per essere rimasto un “maestro inascoltato”.
Non ho né lo spazio né la competenza per parlare sulla complessa tematica del filosofo di Amburgo (che ha avuto i maggiori successi in Inghilterra, ma che è voluto tornare a morire in Germania) ma voglio estrapolare alcuni suoi giudizi sulla crisi in corso; egli affermava che per affrontarla in modo produttivo bisognava tornare alle radici, agli insegnamenti di Max Weber, alle antiche virtù prussiane, alla diligenza, al senso del dovere; insomma bisogna riscoprire l’etica protestante del lavoro.
A queste virtù adesso stiamo contrapponendo una società che è un misto di liberalismo e di conservatorismo, con entrambe le componenti che vengono tirate per tutti i versi soltanto per permettere ai “padroni del vapore” di fare i propri comodi.
La società del tardo capitalismo – osservava Dahrendorf – è scivolata in un capitalismo dell’effimero, nell’edonismo dell’indebitamento irresponsabile e sono queste componenti che hanno dato origine alla crisi che sta attanagliando il mondo intero.
Per concludere mi piace ricordare una sua affermazione risalente al periodo in cui era a Bruxelles: “l’Europa è diversa in tutto: interessi, clima, tradizioni, lingue; dobbiamo imparare a convivere con la diversità” e l’altra del suo impegno politico in Germania in cui ebbe a dire che la politica è fatta dai burocrati e dai mediocri, non c’è spazio per chi eccelle”; e quando gli fecero notare che la Merkel lo aveva citato, pur senza nominarlo esplicitamente, commentò: “forse la signora Cancelliera ha sentito che è di moda parlare di cultura”. Questo è “un po’” di Ralf Dahrendorf!!

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