martedì, giugno 02, 2009
GUERRA AI PIRATI
Dalla riunione romana del G8 sulla sicurezza con i ministri degli interni e della giustizia dei maggiori Paesi industrializzati, è scaturita una proposta – di origine italiana – per combattere la pirateria con la forza delle armi.
È stato messo a punto un piano – che trovo semplicemente ridicolo – per cui ogni mercantile (di tutto il mondo!!) sarà dotato di una sorta di “sceriffi del mare” con lo scopo di combattere eventuali attacchi dei pirati.
Forse il piano è stato messo a punto con un occhio alla disoccupazione montante dalla crisi mondiale, perché di questi “sceriffi” ce ne vogliono tanti ed anche ben preparati, quindi molto costosi.
I pirati – detto per inciso – ancora hanno in mano i 16 marinai (10 italiani) del mercantile Bucaneer, nave di armatore italiano, catturata un mese e più fa, per la cui liberazione ci sono varie trattative, tutti escludenti la forza, ma che al momento non hanno portato nessun risultato.
L’unica operazione in cui si è usata la forza è stato il caso della nave statunitense attaccata dai pirati e catturata ma dopo che il capitano aveva avuto modo di allertare la marina da guerra che – utilizzando il satellite – ha rintracciato il natante e fatto intervenire una squadra di assaltatori che hanno liberato i marinai e catturato i pirati.
Un’altra proposta che ha riscosso interesse è quella – sempre di provenienza italiana – di imbarcare sulle navi militari presenti nell’Oceano Indiano, dei funzionari di Polizia dei Paesi costieri (Kenya, Gibuti, Yemen, Eritrea e Tanzania, con esclusione quindi della Somalia) affinché i pirati arrestati in acque sotto la giurisdizione di questi Paesi, possano essere immediatamente trasferiti a terra e processati in base al codice del Paese interessato; questo perché toglierebbe ai “grandi” tutta una serie di contenziosi con questi signori corsari ed anche perché snellirebbe tutta la procedura giudiziaria.
Anche qui il problema – a mio modo di vedere – sono i costi: ogni nave dovrebbe ospitare 5 funzionari di Polizia e su questa cifra la moltiplichiamo per le unità navali che incrociano nell’Oceano Indiano, si raggiunge una bel numero di persone.
Alle proposte degli “otto grandi” mirate alla sicurezza e in particolare a quelle relative alla guerra alla pirateria, ha risposto a distanza il leader libico Gheddafi che ha ipotizzato l’istituzione di una zona marittima di esclusiva competenza somala in cambio della fine del “fenomeno pirateria”.
Gheddafi, che da sempre ha in mente di mettersi alla testa dei “popoli africani sfruttati”, ha aggiunto che i somali si possono definire come “dei poveri che difendono le loro uniche ricchezze”; ed infatti, queste “entrate”, sia pure di carattere malavitoso, sono autentica manna per le affamate popolazioni del Puntland, lo spazio autogovernato che ospita le basi dei pirati.
Ho già avuto modo di dirlo, ma mi piace ripeterlo, che la battaglia contro i pirati si vince solo vanificando il mestiere del corsaro; cioè, mettendo in grado quelle popolazioni di farcela a campare anche senza gli introiti provenienti dalle azioni piratesche.
Ma di questo, cioè di azioni mirate a veri aiuti ai popoli africani (che poi sarebbero solo delle “restituzioni”), non se ne parla a questi vertici, perché ogni Stato ha la sua politica di aiuti; per la verità queste politiche – sia pure dissimili nella forma – sono assai uguali nella sostanza: si “concede” a questi disgraziati solo le briciole rimaste sulla tovaglia dopo un lauto pasto e prima di scuoterla per apparecchiare nuovamente in vista di un'altra bella abbuffata!! Chiaro il concetto??
È stato messo a punto un piano – che trovo semplicemente ridicolo – per cui ogni mercantile (di tutto il mondo!!) sarà dotato di una sorta di “sceriffi del mare” con lo scopo di combattere eventuali attacchi dei pirati.
Forse il piano è stato messo a punto con un occhio alla disoccupazione montante dalla crisi mondiale, perché di questi “sceriffi” ce ne vogliono tanti ed anche ben preparati, quindi molto costosi.
I pirati – detto per inciso – ancora hanno in mano i 16 marinai (10 italiani) del mercantile Bucaneer, nave di armatore italiano, catturata un mese e più fa, per la cui liberazione ci sono varie trattative, tutti escludenti la forza, ma che al momento non hanno portato nessun risultato.
L’unica operazione in cui si è usata la forza è stato il caso della nave statunitense attaccata dai pirati e catturata ma dopo che il capitano aveva avuto modo di allertare la marina da guerra che – utilizzando il satellite – ha rintracciato il natante e fatto intervenire una squadra di assaltatori che hanno liberato i marinai e catturato i pirati.
Un’altra proposta che ha riscosso interesse è quella – sempre di provenienza italiana – di imbarcare sulle navi militari presenti nell’Oceano Indiano, dei funzionari di Polizia dei Paesi costieri (Kenya, Gibuti, Yemen, Eritrea e Tanzania, con esclusione quindi della Somalia) affinché i pirati arrestati in acque sotto la giurisdizione di questi Paesi, possano essere immediatamente trasferiti a terra e processati in base al codice del Paese interessato; questo perché toglierebbe ai “grandi” tutta una serie di contenziosi con questi signori corsari ed anche perché snellirebbe tutta la procedura giudiziaria.
Anche qui il problema – a mio modo di vedere – sono i costi: ogni nave dovrebbe ospitare 5 funzionari di Polizia e su questa cifra la moltiplichiamo per le unità navali che incrociano nell’Oceano Indiano, si raggiunge una bel numero di persone.
Alle proposte degli “otto grandi” mirate alla sicurezza e in particolare a quelle relative alla guerra alla pirateria, ha risposto a distanza il leader libico Gheddafi che ha ipotizzato l’istituzione di una zona marittima di esclusiva competenza somala in cambio della fine del “fenomeno pirateria”.
Gheddafi, che da sempre ha in mente di mettersi alla testa dei “popoli africani sfruttati”, ha aggiunto che i somali si possono definire come “dei poveri che difendono le loro uniche ricchezze”; ed infatti, queste “entrate”, sia pure di carattere malavitoso, sono autentica manna per le affamate popolazioni del Puntland, lo spazio autogovernato che ospita le basi dei pirati.
Ho già avuto modo di dirlo, ma mi piace ripeterlo, che la battaglia contro i pirati si vince solo vanificando il mestiere del corsaro; cioè, mettendo in grado quelle popolazioni di farcela a campare anche senza gli introiti provenienti dalle azioni piratesche.
Ma di questo, cioè di azioni mirate a veri aiuti ai popoli africani (che poi sarebbero solo delle “restituzioni”), non se ne parla a questi vertici, perché ogni Stato ha la sua politica di aiuti; per la verità queste politiche – sia pure dissimili nella forma – sono assai uguali nella sostanza: si “concede” a questi disgraziati solo le briciole rimaste sulla tovaglia dopo un lauto pasto e prima di scuoterla per apparecchiare nuovamente in vista di un'altra bella abbuffata!! Chiaro il concetto??