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giovedì, giugno 04, 2009

CHI LICENZIA CHI 

Può sembrare un titolo criptico, ma prende spunto da una recentissima dichiarazione di un politico, Marco Ferrando, membro del Partito Comunista dei Lavoratori; egli ha detto: “Non si capisce perché i padroni licenzino gli operai ma gli operai non possano licenziare i padroni”. Ovviamente l’aspetto paradossale della frase sommerge una eventuale validità del contenuto e così mi sono detto: perché non esaminarla con maggiore attenzione e verificarne i contenuti; ecco il risultato!!
Anzitutto la prima parte (i padroni che licenziano gli operai) non può essere smentita, è una realtà, una dolorosa realtà; mi si dirà che esistono tutta una serie di ammortizzatori sociali a disposizione in modo che l’atterraggio del lavoratore sia il più morbido possibile; ecco, su quest’aspetto facciamo una prima fermata: quando si parla di ammortizzatori si fa riferimento alla Cassa Integrazione Guadagni che è una sorta di “assicurazione” che permette al dipendente licenziato o comunque “in esubero” di percepire una parte (tra il 50 e l’80%) del proprio stipendio per un certo tempo.
Ma come ho detto tempo addietro, in Italia abbiamo una situazione che ci mostra una partecipazione alla CIg di circa il 30% dei lavoratori; ho già spiegato che tale operazione ha un costo e quindi il datore di lavoro (il padrone) cerca di farne a meno.
E allora, specie dopo che sia il Papa (“invito a trovare valide soluzioni alla crisi occupazionale”) e sia il Ministro del Lavoro, Sacconi che definisce “doveroso per il Governo proteggere il reddito di coloro che sono costretti all’inattività, invitando le aziende a valutare una moratoria dei licenziamenti” mi sembra che ci sia l’unanimità nel considerare una inaccettabile porcheria il licenziamento di persone che lavorano per mantenere la famiglia.
Una soluzione ci sarebbe, e sarebbe anche semplice: una normativa che “obblighi” le aziende di ogni ordine e tipo a iscriversi alla CIg, così come è obbligatoria l’assicurazione per coloro che acquistano un’automobile; in concreto, questa iscrizione all’INPS dovrebbe far parte dei “libri obbligatori” di ciascuna azienda, cioè di coloro che utilizzano mano d’opera a cominciare dalla FIAT fino all’ultimo barista che assume un aiutante banconiere; temo però che questa soluzione abbia il difetto di essere troppo semplice e quindi non verrà presa in considerazione.
Vediamo ora la seconda parte della dichiarazione di Ferrando “perché gli operai non possono licenziare i padroni”; siamo nel campo del paradossale anche in questa frase, ma se ci soffermiamo un po’ vedrete che c’è di che discutere: se un padrone sbaglia alcune mosse aziendali e riduce la fabbrica in “brache di tela” costringendola a diminuire il personale, a chi dobbiamo dare la colpa del licenziamento degli operai? Ovviamente all’improvvide mosse del padrone e quindi si dovrebbe poter “licenziarlo”. Ma in quale modo? Un modo ci sarebbe e sarebbe quello di “metterlo al bando” – sia degli uffici pubblici che delle banche – in modo che non possa fare il giochino – scontato ma sempre attuale – di chiudere un’azienda e di riaprirne un’altra e magari, con la differenza che ottiene per il mancato pagamento dei fornitori, cambiare l’automobile e comprarsi un modesto chalet in montagna.
Forse la mia ipotesi è una delle tante “pazze idee” che ho avuto l’ardire di esporvi, ma se proviamo a sviscerarla senza i luoghi comuni che ci hanno insegnato (il padrone comanda e l’operaio esegue, ecc.) vedrete che c’è un briciolo di verità e di attuabilità; e poi, amici carissimi, questa crisi tra le poche cose positive ha avuto quello di spazzare via i luoghi comuni e sostituirli con qualcos’altro: che cosa non so ancora!!

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