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mercoledì, giugno 17, 2009

ANCORA LE B.R.? 

All’indomani della conclusione del processo di Milano che ha condannato 14 dei 17 imputati a pene tra i 3 e i 14 anni, sarei tentato di riprendere un discorso che sembrava interrotto dal tragico omicidio Moro e successivo annientamento dell’intera colonna romana delle B.R.
In quest’ultima circostanza, abbiamo assistito anche ad una sorta di “sceneggiata” (mi perdoni il celebre giuslavorista) messa in piedi dal Prof. Ichino che ha tentato di “scambiare” la provvisionale di risarcimento fissata dal giudice con un incontro con questi veri o presunti appartenenti alle nuove BR, per un confronto “a parole”; come era facile prevedere, l’incontro è stato sdegnosamente rifiutato in quanto “con il massacratore di operai Ichino non si parla ma si agisce”.
Ma la cosa che più mi ha impressionato è stata la foto che molti quotidiani hanno pubblicato, nella quale si vede un gruppo di persone, una ventina quasi tutti giovani ma non giovanissimi, che saluta con il pugno chiuso i “compagni condannati”: mi hanno riportato indietro nel tempo, agli anni ’80 e mi hanno ricordato che le immagini sono sempre le stesse e le frasi anche.
Sentite queste, dopo che anche questa volta, la saldatura tra rivoluzionari e proletari; non sembra essersi concretizzata: “Le BR non vanno mai in pensione, sopravvivono e si riproducono di volta in volta! Agiremo sino alla morte” non è dato sapere se la morte è quella dei rivoluzionari oppure quella dei borghesi, storici nemici del proletariato.
Ma perché anche questa ennesima colonna delle BR è nata e fa proseliti, nonostante che il presupposto essenziale – movimento del proletariato guidato da una elité – continui a non verificarsi; forse sperano ancora? Forse hanno individuato il sistema con cui agganciare il proletariato operaio?
A questo proposito mi permetto di fornire una qualche idea – non mia ma di uno molto più “intellettuale” di me, Pier Paolo Pasolini – che affermava come il nostro proletariato aveva una sola velleità: quella di entrare a far parte della borghesia e non certo quella di sostituirla a livello di classe sociale dominante.
Ed è per questo motivo che negli ultimi tempi Pasolini si era spostato sul sottoproletariato, confidando in maggiori aneliti rivoluzionari da parte di coloro che non avevano niente da difendere; il grande regista non fece in tempo a vedere cosa stava succedendo alla sua categoria prescelta in quanto la morte prematura ce lo strappò, ma non sarebbe stato certamente soddisfatto di come andavano le cose.
Se facciamo un parallelismo si potrebbe dire che il sottoproletariato attuale è impersonificato dalla gran massa dei migranti che arrivano nel nostro Paese senza nessun’altro bagaglio che una speranza di migliorare la propria condizione sociale; ma a questa massa di gente manca una condizione essenziale: una minima presa di coscienza rivoluzionaria, un atteggiamento da “classe” e non da “massa”.
A proposito di questa suddivisione, mi viene spontaneo parlare di uno dei “perché” non c’è e, forse, non ci sarà nessuna rivoluzione, nonostante le enormi differenze sociali e le precarie condizioni di vita di molti proletari: conoscete già il mio orientamento, per il quale do la colpa di tutto alla comunicazione di massa ed infatti anche in questo caso dico che per fare un atto come la rivoluzione bisogna “scegliere” e noi, ormai, non siamo più in possesso di criteri personali di scelta, ma operiamo con scelte che ci vengono imposti dalla testa di altre persone, le quali, ovviamente, non ci forniranno certamente il necessario “anelito rivoluzionario”: chiaro il concetto??

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