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mercoledì, maggio 13, 2009

L'ORA DEI POVERI 

È il titolo di un libro di Raoul Follereau, nel quale il celebre scrittore e saggista francese denuncia l’egoismo delle società opulente nei confronti dei problemi dell’Africa e propone – provocatoriamente – che gli operai, cioè la classe povera dell’occidente, devolva un’ora del proprio salario a favore dei poveri del Terzo Mondo. Riprendo così un mio post di pochi giorni fa sulle problematiche dei migranti – più o meno respinti – e cerco di portare alcune considerazioni sul problema, visto però alla radice e non credendo che la soluzione risieda nel trasferimento di questi disperati in altre culture.
Sempre in tema di opulenza e di provocazioni, quando ai tempi della guerra fredda Eisenhower e Malenkov (o altri leader dei due paesi) si vantavano di avere centomila aeroplani a testa, lo stesso Follereau chiese ai due di regalargliene uno per ciascuno; perché, gli fu chiesto? Semplice, per i due Stati non cambia niente e per i bisognosi ci sarebbe stato un po’ di speranza, in quanto con i soldi della vendita dei due aerei si sarebbero potuti acquistare i sulfamidici occorrenti per curare tutti i lebbrosi del mondo.
Per quello che ho potuto comprendere dalla lettura dell’opera di Follereau, il grande saggista e scrittore non ipotizzava la creazione di società multietniche come si sta vaticinando adesso, ma avrebbe “preteso” che tutti coloro che possono, aiutassero i bisognosi di qualunque parte del mondo a risolvere i problemi che li attanagliano.
Ma questo aiuto non avrebbe dovuto concretizzarsi in poche briciole di pane date a colui che non mangia da giorni, ma avrebbe invece dovuto essere risolutivo per le necessità che ci sono nei loro paesi; e si badi bene che alla base dei problemi ci sono due considerazioni: la prima è che il nostro sistema commerciale – più o meno globalizzato – non è stato compreso e neppure accettato da quelle popolazioni che sono cresciute tradizionalmente con il “baratto”. La seconda considerazione discende dalla consapevolezza che dobbiamo avere sulla rapinosità del nostro atteggiamento nei loro confronti, laddove li abbiamo privati delle loro materie prime, primo modo di impoverirli; sia chiaro che questi popoli hanno grandi potenzialità ed enormi ricchezze interiori, ma noi siamo abituati a guardare il povero dall’alto in basso con il nostro atteggiamento di superiorità ed è con questa considerazione che facciamo scivolare dal nostro piatto poche briciole avanzate al nostro pasto e le mandiamo a loro.
Magari ogni tanto organizziamo anche qualche nostro aereo e lo riempiamo di vecchie derrate alimentari (qualche volta scadute, ma chi se ne frega!!) per inviarle a quelle popolazioni in occasioni di emergenze particolari; e così tacitiamo il nostro senso di colpa e laviamo la nostra coscienza di “predatori”.
Sia chiaro che questi “predatori” hanno avuto la furbizia di creare dei complici tra le popolazioni derubate e questi adesso siedono nei posti di comando e di responsabilità, continuando a depredare la povera gente e dividendo il malloppo con i mandanti occidentali; volete un esempio? Avete mai fatto caso ai tantissimi signori di pelle scura che – grassi ed opulenti – siedono sui banchi della Nazioni Unite? Ebbene, con quanto spendono ognuno di loro in una settimana di permanenza in lussuosi alberghi o appartamenti di New York, si camperebbe lautamente una cittadina medio piccola del loro paese; ma queste incongruenze chi le può ovviare? Dato che le popolazioni non hanno la forza di ribellarsi, e che l’O.N.U. preferisce fare l’impiegato delle multinazionali, affidiamoci al Padreterno e chiediamogli di pensarci lui!! Ma e quelli che non ci credono? Forse l’ultima speranza è quella di un novello “Che Guevara” che porti la rivoluzione in giro per il mondo schiavizzato; speriamo di trovarlo!!

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