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venerdì, maggio 22, 2009

L'EMMA RUGGENTE 

L’ultima parte del mese di maggio ci riserva due appuntamenti seguiti da tutta la classe politica ed anche dagli economisti nostrali e stranieri: il primo è l’Assemblea di Confindustria e il secondo – 31 maggio – riguarda la relazione del Governatore della Banca d’Italia
Limitiamoci ovviamente al primo e cogliamo alcuni petali dal mazzo di fiori odorosi che la presidentessa degli industriali italiani – Emma Marcegaglia (ramo acciaio) – ha lanciato verso la platea degli uditori, composta come ovvio da alte cariche politiche ed istituzionali e dai maggiori imprenditori della penisola.
La prima notazione è che la crisi mostra alcuni timidi segnali di retrocessione, ma sono ancora troppo labili per essere considerati una vera e propria inversione di tendenza; stando così le cose, ha subito chiesto aiuto in un paio di direzioni, le banche ed il governo: vediamole singolarmente.
Per quanto riguarda il settore creditizio, la richiesta è ovvia: dare aiuto alle imprese utilizzando eventualmente i “Tremonti Bond” per fare in modo che il tasso di interesse sia il più basso possibile.
Come ho detto in altra occasione, si tratta di soldi pubblici erogati sia pure indirettamente alle imprese e quindi queste ultime dovrebbero risponderne ai cittadini; ora io mi chiedo se esiste qualche struttura pubblica che controlli l’operato di tali aziende; mi spiego ancora meglio: se un’industria usufruisce di tale facilitazione creditizia e – dopo averla utilizzata per cambiare il SUV – riduce drasticamente il proprio personale o, peggio ancora, chiude i battenti e manda tutti a casa, c’è qualcuno che può sturargli le orecchie oppure è tutto regolare così?? Vi prego di non chiamare questo mio atteggiamento “comunistoide” o “rivoluzionario”, perché mi sembra solo “buon senso”.
La brava e bella Emma si è poi rivolta al governo – rappresentato in aula dal premier Berlusconi – e gli ha chiesto una sostanziale riforma del sistema del wellfare, sostenendo che nel nostro Paese esiste una spesa sociale che è la più squilibrata dei paesi europei a favore delle pensioni per le quali spendiamo quasi il 16% del Pil contro il 9,5% degli altri; e quindi la riforma invocata dagli imprenditori sarebbe quella di ritardare il ritiro dal lavoro di operai e impiegati, insomma una riforma delle pensioni in cui si rimandi di svariati anni il momento della fruizione del trattamento di quiescenza.
Ma la Marcegaglia è andata oltre, rivolgendo al premier un discorso che, grosso modo, recita così: “sfrutti il consenso che il Paese gli sta dando e vari delle vere e proprie riforme di struttura, sul tipo di quella pensionistica, ma anche andando a toccare le liberalizzazioni, la spesa pubblica improduttiva, l’università, la giustizia, insomma cercando una progressiva sburocratizzazione della vita pubblica italiana. Ed ha aggiunto una velata accusa alla politica di essere stata co-autrice del disastro finanziario che ha innescato la crisi, se non altro per omesso controllo.
Per la verità mi sarei aspettato che ci dicesse anche come il governo dovrebbe utilizzare i soldi risparmiati, ma mi punge vaghezza che la risposta era ovvia: maggiori fondi alle forze produttrici: bellissimo slogan che non vuol dire niente!
Comunque il premier ha avuto una bella risposta – in termine di “battuta”, l’unico modo che ha di replicare – quando ha affermato che “in Italia è più facile fare una rivoluzione che una riforma strutturale”; mi sorge un dubbio: che si voglia mettere a fare il rivoluzionario? Se qualcuno lo vede in piazza con i Centri Sociali mi avverta!

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