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venerdì, maggio 15, 2009

COSA AVREBBE FATTO FRANCESCO? 

Il Francesco di cui parlo è il cosiddetto “poverello d’Assisi”, colui che attraverso il suo esempio diede uno scrollane alla Chiesa del Medioevo così forte che rischiò di squassarla tutta; solo l’astuzia del Papa Innocenzo III fece leva sulla novità del giovane umbro, al fine di conquistare anche quella frangia di “poveri” che stavano sfuggendo alla parola di Dio, inseguiti da altri verbi che portavano a svariate eresie, di gran moda in quell’oscuro periodo. Ed in questa situazione, il mite fraticello si presenta al Papa e gli chiede “l’autorizzazione a servire Dio in povertà e umiltà e in rigorosa obbedienza con la gerarchia della Chiesa”.
Il furbo pontefice – ben raffigurato nella maschera di Alec Guiness in “Fratello Sole, Sorella luna” di Zeffirelli – capisce immediatamente che questo poteva diventare un sistema ottimale per portare avanti la parola di Dio; o meglio, per farla portare a chi vuole, perché il bello – o il brutto – della proposta francescana è sempre stata la considerazione che il loro modo di porgersi alla gente in nome di Dio è assolutamente “personale” e quindi non generalizzabile al altri credenti; in concreto, Francesco sapeva bene che la sua formula di “imitazione di Cristo” era la via maestra per salvare il cristianesimo sulla Terra, ma era anche altrettanto convinto che non aveva nessun potere e nessuna autorità per imporla alle società cristiane del suo tempo.
Vediamo in dettaglio un paio di caratteristiche della regola francescana: senz’altro la prima (perché più originale delle altre eresie dell’epoca) può considerarsi la rigorosa obbedienza al dettame della Chiesa; subito dopo viene la povertà e l’umiltà che – badate bene – non hanno niente di remissivo, di strisciante, di ipocrita, ma sono due norme dure e diritte come spade che forgiano il religioso e servono d’esempio.
Quando Francesco – che nasce ricco cavaliere di nobile schiatta – getta tutte le cose avute dal padre, non è un segno di ribellione verso l’autorità paterna, ma è un simbolo di rigetto per qualunque bene materiale; ricordiamoci che i suoi insegnamenti prevedevano il rifiuto non solo della ricchezza ma anche di qualunque forma di potere.
Ma queste regole sono ancora in vigore? Formalmente forse sì, ma nella concreta realtà, lo stesso Ordine si è ben guardato, a far data dalla morte del suo fondatore, di seguirle pedissequamente, segno di estrema difficoltà e “di poca fede” aggiungerei se non temessi di esser tacciato di anti-francescanesimo: comunque sia, il Santo è “uno” e i seguaci sono altra cosa.
Eppure quella veste formata da un rozzo camicione tipico dei contadini umbri e da un paio di sandali sdruciti, fu l’immagine che rimase scolpita nell’occhio del furbo Innocenzo III; quello era il simbolo di una cristianità nuova e moderna, fondata su principi e valori primordiali.
E se mi consentite uno dei miei paragoni assurdi, vi dico che la visione della vita di Francesco mi richiama alla memoria quanto già scritto da me circa il Mullah Omar: entrambi mi appaiono alla ricerca di valori della vita, fatti di cose semplici e prive di materialità; ovviamente non dimentico che Omar si è lordato le mani di sangue varie volte e questo lo mette in un’altra dimensione rispetto a Francesco, ma come prospettiva di vita, i due si assomigliano.
Insomma, se ci fosse oggi cosa farebbe? Distruggerebbe tute le banche e le finanziarie? O arriverebbe a bruciare tutto il denaro del mondo? Difficile dirlo e poi, scusate tanto, ma a chi volete che interessi come la pensa San Francesco e il Mullah Omar: non sono in nessun talk show di successo, quindi….

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