giovedì, maggio 14, 2009
BATTUTE E PROBLEMI
Mi riferisco al Presidente U.S.A., Barack Obama, in carica da poco più di 100 giorni e quindi già in procinto di fare un primo bilancio; per la verità il consueto “barbosissimo” discorso che elenca le cose fatte e quelle messe in cantiere, è stato sostituito da Obama con una cena di beneficenza (per la fame nel mondo) nel corso della quale ha pronunciato un monologo degno di qualsiasi grande showman.
Le battute di spirito, rigorosamente lette e quindi provenienti da una “grande penna”, sono state esilaranti, tanto da meritare gli applausi di tutti gli intervenuti (alcuni big: Sting, Spielberg, Lucas, Demi Moore); praticamente ha preso in giro tutti (amici e nemici) ma con una auto-ironia da grande personaggio.
Tra le battute più riuscite (a mio giudizio) vi voglio trascrivere quella su se stesso; “credo che il bilancio dei miei prossimi 100 giorni sarà talmente di successo che realizzerò tutte le cose che devo fare in 72 giorni e il 73° mi riposerò…”; questa è grande satira e il riferimento al Creatore è splendido.
È ovvio che i parrucconi e i benpensanti a oltranza non hanno gradito “lo stile” di Obama, tutto centrato sulla satira, ma questi non saranno mai contenti di niente; casomai si potrebbe osservare – come è stato già fatto per il personaggio “Berlusconi” – che siamo in un periodo storico in cui l’”apparire” è anteposto all’”essere” e quindi il modo di porgere la comunicazione può essere più importante dell’oggetto della comunicazione stessa.
Questo cambiamento – non sta a me dire se “in meglio” o “In peggio” – è stato determinato dall’influenza sempre maggiore esercitata dai mezzi di comunicazione di massa nei riguardi dei rapporti umani; è ovvio che quando si affida ad una immagine la nostra comunicazione, non possiamo poi pretendere di intravedere l’intima essenza del personaggio.
Ma per il nostro Obama, gli applausi sono finiti presto ed è ripreso il lavoro quotidiano, nel quale spicca il problema di Guantanamo; facciamo un po’ di storiella: in campagna elettorale il candidato presidente fece solenne promessa di chiudere quella che veniva definita “La prigione della vergogna”, quella specie di campo di concentramento che “ospitava”, all’indomani dell11 settembre, i prigionieri politici – veri o presunti terroristi – e che, infatti, nel gennaio di quest’anno ne è stata annunciata la dismissione entro il 2009. Il primo problema che si è posto è stato quello di dove mettere i 240 reclusi; non liberarli, perché i pochi usciti da Guantanamo erano poi stati rivisti in Iraq a mettere bombe contro i soldati USA.
Allora veniva pensato di metterli nelle prigioni americane, ma oltre al costo (quasi 50 milioni di dollari, prontamente negati dall’intero Parlamento USA) l’iniziativa registra un secco rifiuto da “tutti” i governatori degli Stati americani (50 su 50) i quali lanciano il fatidico slogan “non da noi, mandateli all’estero”.
Gli USA hanno subito pensato alla Polonia e all’Italia (perché proprio noi?) ma entrambi gli Stati hanno avuto facile gioco nel ribattere: ma come, non li volete voi e li mandate a noi??
Insomma, Obama si è reso conto – ammesso che non lo sapesse già – che il problema della sicurezza pubblica viene messo al di sopra di ogni altra considerazione da entrambi gli schieramenti politici e quindi i progetti presidenziali fondati sul simbolismo di alcune iniziative, cozzano con questa realtà che unisce democratici e repubblicani a votargli contro. Comunque, caro Obama, non preoccuparti: sono solo 100 giorni!!
Le battute di spirito, rigorosamente lette e quindi provenienti da una “grande penna”, sono state esilaranti, tanto da meritare gli applausi di tutti gli intervenuti (alcuni big: Sting, Spielberg, Lucas, Demi Moore); praticamente ha preso in giro tutti (amici e nemici) ma con una auto-ironia da grande personaggio.
Tra le battute più riuscite (a mio giudizio) vi voglio trascrivere quella su se stesso; “credo che il bilancio dei miei prossimi 100 giorni sarà talmente di successo che realizzerò tutte le cose che devo fare in 72 giorni e il 73° mi riposerò…”; questa è grande satira e il riferimento al Creatore è splendido.
È ovvio che i parrucconi e i benpensanti a oltranza non hanno gradito “lo stile” di Obama, tutto centrato sulla satira, ma questi non saranno mai contenti di niente; casomai si potrebbe osservare – come è stato già fatto per il personaggio “Berlusconi” – che siamo in un periodo storico in cui l’”apparire” è anteposto all’”essere” e quindi il modo di porgere la comunicazione può essere più importante dell’oggetto della comunicazione stessa.
Questo cambiamento – non sta a me dire se “in meglio” o “In peggio” – è stato determinato dall’influenza sempre maggiore esercitata dai mezzi di comunicazione di massa nei riguardi dei rapporti umani; è ovvio che quando si affida ad una immagine la nostra comunicazione, non possiamo poi pretendere di intravedere l’intima essenza del personaggio.
Ma per il nostro Obama, gli applausi sono finiti presto ed è ripreso il lavoro quotidiano, nel quale spicca il problema di Guantanamo; facciamo un po’ di storiella: in campagna elettorale il candidato presidente fece solenne promessa di chiudere quella che veniva definita “La prigione della vergogna”, quella specie di campo di concentramento che “ospitava”, all’indomani dell11 settembre, i prigionieri politici – veri o presunti terroristi – e che, infatti, nel gennaio di quest’anno ne è stata annunciata la dismissione entro il 2009. Il primo problema che si è posto è stato quello di dove mettere i 240 reclusi; non liberarli, perché i pochi usciti da Guantanamo erano poi stati rivisti in Iraq a mettere bombe contro i soldati USA.
Allora veniva pensato di metterli nelle prigioni americane, ma oltre al costo (quasi 50 milioni di dollari, prontamente negati dall’intero Parlamento USA) l’iniziativa registra un secco rifiuto da “tutti” i governatori degli Stati americani (50 su 50) i quali lanciano il fatidico slogan “non da noi, mandateli all’estero”.
Gli USA hanno subito pensato alla Polonia e all’Italia (perché proprio noi?) ma entrambi gli Stati hanno avuto facile gioco nel ribattere: ma come, non li volete voi e li mandate a noi??
Insomma, Obama si è reso conto – ammesso che non lo sapesse già – che il problema della sicurezza pubblica viene messo al di sopra di ogni altra considerazione da entrambi gli schieramenti politici e quindi i progetti presidenziali fondati sul simbolismo di alcune iniziative, cozzano con questa realtà che unisce democratici e repubblicani a votargli contro. Comunque, caro Obama, non preoccuparti: sono solo 100 giorni!!