sabato, aprile 04, 2009
LA CINA VUOLE CONTARE DI PIU'
Durante il G20, il Presidente cinese Ho Jintao, non si è “visto” – mediaticamente parlando – più di tanto, ma nelle discussioni lontano da orecchi indiscreti, la sua presenza è stata avvertita da tutti; in sostanza si è visto che la Cina non si accontenta più di essere il Motore dell’economia mondiale, non vuole più essere utilizzata dall’Occidente come area di produzione – manodopera a basso costo – o di esportazione selvaggia – esigenze di modernizzare il paese – ma adesso vuole contare davvero nelle stanze dove di premono i bottoni giusti.
Il presidente cinese ha posto sul piano del tavolo di discussione alcuni “atout” indiscutibili: il primo è il possesso del 75% del debito pubblico americano, il che significa condizionare l’andamento del dollaro; il secondo è la particolarità del paese asiatico, che – è bene ricordarlo – non ha un parlamento degno di questo nome, non ha dei partiti e neppure dei sindacati e, in ultima analisi, neppure degli elettori ai quali rendere conto; è in mano a una elité che dispone su tutto.
In concreto, il mondo cinese – che vive questa crisi come gli altri – ha una gran massa di disoccupati come il resto del mondo, ma non protestano e non si agitano, per non incorrere in reati gravissimi che comportano pene altrettanto pesanti: diciamo che tutti, o quasi, i paesi arrivati a Londra, “invidiano” il collega cinese in quanto al loro ritorno in patria debbono fare i conti con una marea montante di proteste e di proposte.
Ma quale sarebbe la strategia della Cina per arrivare a contare di più? Visto che tutte le provvidenze – l’ultima è quella di 1100 miliardi di dollari proposta da Obama – confluiscono al Fondo Monetario Internazionale, l’intento è quello di entrarci dalla porta principale e di assumere un ruolo di primissimo piano.
Due le mosse pensate da Ho Jintao: la prima è l’abolizione del dollaro dagli scambi internazionali e la sua sostituzione con dei Diritti Speciali di Prelievo, una valuta convenzionale usata dal F.M.I.; la seconda è la proposta alla stessa istituzione di concedere ancora maggiori finanziamenti, ma a patto di vedere come vengono utilizzati e – cosa più importante – assumere un ruolo chiave nella gestione dei fondi.
Insomma, con queste mosse la Cina conta di arrivare in qualche anno a sedere allo stesso tavolo dei “potentissimi” e, se vogliamo dirla tutta, se lo meriterebbe anche, fatto salvo ovviamente l’argomento dei diritti umani che in quel paese non vengono minimamente presi in considerazione (ma questo lo abbiamo già detto).
Del resto, se vogliamo vedere le cose come stanno realmente, il Presidente Obama, nell’annunciare tutti i “fantastiliardi” che utilizzerà per rimettere in senso la finanza americana, conta su una sola cosa: la possibilità di collocare il proprio Debito Pubblico, cioè i “bond”, e mi sembra chiaro che il primo paese al quale ha pensato per acquisti massicci di carta stampata è la Cina che, però, adesso non lo fa solo per essere ammessa alla tavola imbandita dai ricchi, ma vuole anche scegliere il menu e gustare le pietanze migliori.
La Cina ha capito benissimo che in questa crisi c’è la possibilità di avvantaggiarsi: sa che c’è a rischio non solo l’intero sistema economico mondiale, ma anche tutte le leadership (forse escluso Obama che è arrivato a crisi avviata) che non hanno saputo prevederla e adesso balbettano sui tentativi di porvi rimedio.
E un’altra cosa: se l’economia mondiale dovrà gioco forza rinunciare a qualche privilegio dei propri abitanti, la Cina è l’unica che può imporre tranquillamente qualsiasi rinuncia ai propri “sudditi”: è un’arma molto potente!!
Il presidente cinese ha posto sul piano del tavolo di discussione alcuni “atout” indiscutibili: il primo è il possesso del 75% del debito pubblico americano, il che significa condizionare l’andamento del dollaro; il secondo è la particolarità del paese asiatico, che – è bene ricordarlo – non ha un parlamento degno di questo nome, non ha dei partiti e neppure dei sindacati e, in ultima analisi, neppure degli elettori ai quali rendere conto; è in mano a una elité che dispone su tutto.
In concreto, il mondo cinese – che vive questa crisi come gli altri – ha una gran massa di disoccupati come il resto del mondo, ma non protestano e non si agitano, per non incorrere in reati gravissimi che comportano pene altrettanto pesanti: diciamo che tutti, o quasi, i paesi arrivati a Londra, “invidiano” il collega cinese in quanto al loro ritorno in patria debbono fare i conti con una marea montante di proteste e di proposte.
Ma quale sarebbe la strategia della Cina per arrivare a contare di più? Visto che tutte le provvidenze – l’ultima è quella di 1100 miliardi di dollari proposta da Obama – confluiscono al Fondo Monetario Internazionale, l’intento è quello di entrarci dalla porta principale e di assumere un ruolo di primissimo piano.
Due le mosse pensate da Ho Jintao: la prima è l’abolizione del dollaro dagli scambi internazionali e la sua sostituzione con dei Diritti Speciali di Prelievo, una valuta convenzionale usata dal F.M.I.; la seconda è la proposta alla stessa istituzione di concedere ancora maggiori finanziamenti, ma a patto di vedere come vengono utilizzati e – cosa più importante – assumere un ruolo chiave nella gestione dei fondi.
Insomma, con queste mosse la Cina conta di arrivare in qualche anno a sedere allo stesso tavolo dei “potentissimi” e, se vogliamo dirla tutta, se lo meriterebbe anche, fatto salvo ovviamente l’argomento dei diritti umani che in quel paese non vengono minimamente presi in considerazione (ma questo lo abbiamo già detto).
Del resto, se vogliamo vedere le cose come stanno realmente, il Presidente Obama, nell’annunciare tutti i “fantastiliardi” che utilizzerà per rimettere in senso la finanza americana, conta su una sola cosa: la possibilità di collocare il proprio Debito Pubblico, cioè i “bond”, e mi sembra chiaro che il primo paese al quale ha pensato per acquisti massicci di carta stampata è la Cina che, però, adesso non lo fa solo per essere ammessa alla tavola imbandita dai ricchi, ma vuole anche scegliere il menu e gustare le pietanze migliori.
La Cina ha capito benissimo che in questa crisi c’è la possibilità di avvantaggiarsi: sa che c’è a rischio non solo l’intero sistema economico mondiale, ma anche tutte le leadership (forse escluso Obama che è arrivato a crisi avviata) che non hanno saputo prevederla e adesso balbettano sui tentativi di porvi rimedio.
E un’altra cosa: se l’economia mondiale dovrà gioco forza rinunciare a qualche privilegio dei propri abitanti, la Cina è l’unica che può imporre tranquillamente qualsiasi rinuncia ai propri “sudditi”: è un’arma molto potente!!