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martedì, aprile 21, 2009

ED ORA PARLIAMO DELL'AMORE 

Ma cosa c’entra? Ma per quale ragione dovrei parlare dell’amore? Non so, mi sembra una buona idea, una di quelle che esulano dalla norma e che piacciono tanto a te. Vogliamo provarci? OK, in carrozza e cominciamo questo meraviglioso viaggio alla ricerca dell’amore. E se dico qualche fesseria? Pazienza, basta dirla “con amore”!
Come al solito, prendiamo dal fidato Devoto-Oli l’esatta definizione dell’amore: “dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva, volta ad assicurare reciprocamente felicità, benessere e voluttà”.
Se esaminiamo con attenzione i termini della definizione, notiamo subito che questa dedizione deve essere appassionata ed esclusiva, cioè deve avere una forte componente di passionalità (sesso?) ed essere vissuta in esclusiva, ossia non può essere divisa con altre persone che non siano i diretti interessati.
Ci sono poi altri aspetti assai interessanti, cioè l’istintività e l’intuitività, quindi un qualcosa che vada al di fuori della pura e semplice razionalità e che dipenda solo dalla componente animalesca che è in ognuno di noi.
Al termine della definizione abbiamo quelli che potremmo chiamare gli scopi di questo amore, che sono appunto, il raggiungimento – per entrambi – della felicità (ovvia parola che non necessità di ulteriori chiarimenti), del benessere (che non ha niente a che spartire con il benessere materiale ma che si rifà esclusivamente al significato della parola, cioè allo “stare bene”) ed infine alla voluttà, definizione un po’ arcaica, lo devo ammettere, di quella che è la sessualità, attraverso la quale si raggiunge entrambi il piacere; badate bene che ho detto “entrambi”, perché ne è il postulato.
Esaminata con attenzione la definizione letteraria del termine amore, scendiamo con i piedi per terra e parliamo di quello che è per noi (io parlo per me, ognuno di voi potrà parlare per se); ed ecco quella che potrei chiamare la mia definizione dell’amore: il desiderio continuo e inappagato di essere sempre insieme con un altro essere umano (nel mio caso una donna); perché dico continuo? Perché questo anelito non cessa neppure con lo stare insieme, neppure con il fare all’amore. E perché lo definisco “inappagato”? Ma proprio perché se dovessi registrarne il completo appagamento esso finirebbe, quindi dobbiamo spostarci all’altra componente della relazione, cioè al sesso, componente essenziale ma non esaustiva del rapporto. Eppure a ben guardare non ci sono tante altre modalità di legarsi tra un uomo ed una donna se non quello del raggiungimento del piacere sessuale; proprio in questa circostanza e nelle rare (o tante) volte in cui entrambi raggiungiamo l’orgasmo con la stessa intensità, l’elemento dei sensi travalica in una altissima forma di comunicazione, direi la più alta e la più completa. Nella mia piccola o grande esperienza amorosa, mi sono sempre posto l’obiettivo primario di condurre il partner ad un appagamento almeno simile al mio; in caso contrario anche la mia fonte di piacere si inaridisce e svanisce nel nulla.
E adesso un luogo comune: prendiamo “morire d’amore”, usato come elemento di disperazione nell’amore respinto; ebbene, a mio modo di vedere, tale situazione non significa affatto la morte dell’amore, ma la “non nascita” dell’amore che, se permettete è tutta un’altra cosa; la morte si ha solo quando all’interno di una coppia innamorata uno dei due smette di esserlo; in questo caso sono veramente dolori, perché manca quello che nella definizione è chiamata “la reciprocità” ed allora cade l’intero postulato.
Vi chiedo scusa di questo mio post e vi prometto che non lo farò più; e adesso, se ne avete voglia, cercate di scoprire la ragione per la quale l’ho fatto!! E fatelo anche voi!!

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