domenica, marzo 08, 2009
SULLA CRISI SI STARNAZZA
Sulla crisi che attanaglia il mondo intero, i governanti del pianeta stanno starnazzando (rumoroso sbattimenti delle ali contro il terreno senza che il pollo riesca a decollare); a onor del vero, la crisi precedente – quella del 1929 – ebbe un lasso di tempo di quattro anni tra il crollo di Wall Street e l’avvio del new deal di Roosvelt, quattro anni che fecero versare lacrime e sangue al mondo intero che, pur non essendo ancora “globalizzato”, era comunque dipendente dalla locomotiva americana; la crisi attuale non ha ancora compiuto il primo anno di vita e, quasi certamente è ancora lontana dall’aver raggiunto il picco, atteso per la seconda metà del corrente anno; quindi possiamo consolarci: siamo in linea con i tempi della precedente batosta.
Che poi coloro che governano la crisi attuale siano dei politici – nella maggior parte ignoranti di politica economica – mi induce ad invitarli a cercare strade per una futura impostazione di vita dei loro simili.
Chiaramente si ritorna al concetto di globalizzazione e se diamo per intoccabile questo sistema, tutto quello che segue è superfluo; se invece cerchiamo di spaziare oltre questa concezione economica, possiamo incontrare sistemi e personaggi assai interessanti: cercherò di raccontarvi di qualcuno, iniziando proprio da un americano, Kirkpatrick Sale, l’ideatore della concezione “bioregionalista” della vita: è un diverso approccio etico, politico e ideologico alla vita, legato al territorio in cui si vive che viene considerato un insieme omogeneo sia dal punto di vista morfologico che sotto quello degli esseri viventi; in tale ambiente vengono considerate predominanti le regole dettate dalla natura e non le leggi che l’uomo ha definito in modo assolutamente “artificiale”; chiaro il distacco con il concetto di globalizzazione.
Anch’esso di origine americana, il “neocomunitarismo”, nato nei primi anni ’70, si contrappone al liberalismo (da cui scaturisce la globalizzazione) richiamandosi a regole di valore universale, espressioni della cultura e della tradizione condivisa dai vari membri di una società ed invocando quindi una “res-publica” viva e feconda.
L’ambientalista indiana Vandana Shiva correla la povertà del terzo mondo agli effetti della globalizzazione ed afferma che noi possiamo sopravvivere, come specie, solo se viviamo in accordo con le leggi della biosfera, la quale può soddisfare i bisogni di tutti se l’economia globale rispetta i limiti imposti dalla sostenibilità; ed a questo proposito richiama una frase di Gandhi che dice “La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di alcune persone”.
Ci sono poi le idee propugnate dal “Club di Roma”, associazione no-profit fondata nel 1968 dall’imprenditore italiano Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King; con il suo rapporto sui limiti dello sviluppo si afferma che “la crescita economica non può continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente petrolio, e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del nostro pianeta”; al moment, i principali indicatori hanno seguito quanto previsto dal rapporto e la conclusione è che ben presto l’umanità è destinata a confrontarsi con le conseguenze del superamento dei limiti fisici del pianeta.
Mi piace concludere questo parzialissimo spaccato degli anti-globalizzazione con il metodo del giapponese Fukuoka, il quale tenta di riprodurre, il più fedelmente possibile, le condizioni naturali, per cui il terreno non viene arato e la germinazione avviene direttamente in superficie mescolando i semi con argilla e fertliizzanti e coprendo il terreno al fine di evitarne l’impoverimento per “erosione superficiale”.
Che poi coloro che governano la crisi attuale siano dei politici – nella maggior parte ignoranti di politica economica – mi induce ad invitarli a cercare strade per una futura impostazione di vita dei loro simili.
Chiaramente si ritorna al concetto di globalizzazione e se diamo per intoccabile questo sistema, tutto quello che segue è superfluo; se invece cerchiamo di spaziare oltre questa concezione economica, possiamo incontrare sistemi e personaggi assai interessanti: cercherò di raccontarvi di qualcuno, iniziando proprio da un americano, Kirkpatrick Sale, l’ideatore della concezione “bioregionalista” della vita: è un diverso approccio etico, politico e ideologico alla vita, legato al territorio in cui si vive che viene considerato un insieme omogeneo sia dal punto di vista morfologico che sotto quello degli esseri viventi; in tale ambiente vengono considerate predominanti le regole dettate dalla natura e non le leggi che l’uomo ha definito in modo assolutamente “artificiale”; chiaro il distacco con il concetto di globalizzazione.
Anch’esso di origine americana, il “neocomunitarismo”, nato nei primi anni ’70, si contrappone al liberalismo (da cui scaturisce la globalizzazione) richiamandosi a regole di valore universale, espressioni della cultura e della tradizione condivisa dai vari membri di una società ed invocando quindi una “res-publica” viva e feconda.
L’ambientalista indiana Vandana Shiva correla la povertà del terzo mondo agli effetti della globalizzazione ed afferma che noi possiamo sopravvivere, come specie, solo se viviamo in accordo con le leggi della biosfera, la quale può soddisfare i bisogni di tutti se l’economia globale rispetta i limiti imposti dalla sostenibilità; ed a questo proposito richiama una frase di Gandhi che dice “La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di alcune persone”.
Ci sono poi le idee propugnate dal “Club di Roma”, associazione no-profit fondata nel 1968 dall’imprenditore italiano Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King; con il suo rapporto sui limiti dello sviluppo si afferma che “la crescita economica non può continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente petrolio, e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del nostro pianeta”; al moment, i principali indicatori hanno seguito quanto previsto dal rapporto e la conclusione è che ben presto l’umanità è destinata a confrontarsi con le conseguenze del superamento dei limiti fisici del pianeta.
Mi piace concludere questo parzialissimo spaccato degli anti-globalizzazione con il metodo del giapponese Fukuoka, il quale tenta di riprodurre, il più fedelmente possibile, le condizioni naturali, per cui il terreno non viene arato e la germinazione avviene direttamente in superficie mescolando i semi con argilla e fertliizzanti e coprendo il terreno al fine di evitarne l’impoverimento per “erosione superficiale”.