<$BlogRSDUrl$>

lunedì, marzo 09, 2009

ANCORA DUE PAROLE SULLO STARNAZZAMENTO 

Vorrei aggiungere due parole sui concetti espressi nel post di ieri, nel quale ho succintamente e parzialissimamente elencato alcune realtà esistenti sul nostro pianeta di scienziati che sono contrari all’attuale sistema di produzione e commercio ma soprattutto sono contrari alla vita che stiamo conducendo in nome dell’obbligo del consumare ad ogni costo al fine di realizzare i sogni della “globalizzazione”.
Riprendo quindi dal concetto iniziale di “starnazzare” (rumoroso sbattimento delle ali senza che il pollo si alzi da terra) figura retorica che mi piace utilizzare come simbolo di questa situazione: infatti, tutti i reggitori delle sorti dei Paesi più industrializzati, tutti i Ministri economici, tutti gli economisti (consulenti a vario titolo dei governi) andrebbero – senza nessuna eccezione – appesi ad un alto pennone, in quanto sono colpevoli di non aver saputo prevedere la situazione attuale ed anche – alle prime avvisaglie del problema – di non aver saputo approntare delle misure idonee per fronteggiare la crisi.
E invece, salvo rare eccezioni, sono tutti al loro posto e continuano a “starnazzare” senza riuscire a trovare il bandolo della matassa; da notare che due crisi – di dimensioni minori – hanno preceduto l’attuale, quella del Messico del 1996 e quella delle “piccole Tigri Asiatiche” del 1997; in entrambi i casi il male derivava dall’immissione sconsiderata di denaro all’interno di un sistema già tossico di suo che in tal modo vedeva solo aumentare la febbre.
La crisi attuale – per quello che si è potuto capire – sembra discendere dall’immissione di “titoli tossici” all’interno di una finanza totalmente disastrata da mancati controlli e da avidità mostruose: quindi tossico allora e tossico adesso.
E purtroppo la cura che adesso viene propinata sia negli USA che in Europa non si discosta da quella già sperimentata in passato e che si limita a provocare un momentaneo abbassamento della febbre ma non attacca la malattia nella sua virulenza; diciamo che ne sopisce le conseguenze per un po’ ma a scadenza è destinata a ricomparire: si tratta in sostanza di immettere denaro nel sistema con la speranza di ricreare lo sviluppo pre-crisi, per poi proseguire nell’aumento del PIL e riprendere imperterriti la marcia verso la sospirato crescita esponenziale dell’economia.
In America e in Europa abbiamo assistito ad una cosa che ha dell’incredibile: gli Stati, dopo avere “aiutato” le Banche a riprendersi (da coloro che non hanno pagato) sono state invitate (è un eufemismo per dire che sono state ricattate) a concedere prestiti ad aziende medie, grandi e piccole, pena la perdita degli aiuti.
Ora, tutti noi sappiamo che la merce che le Banche vendono è il denaro e che se non mettono in circolazione l’unica merce che hanno compiono un’azione contro natura; però è altrettanto vero che per prestare denaro occorre che il fruitore abbia delle garanzie di restituirlo, altrimenti siamo daccapo; perciò, signori governanti, lasciate fare alle Banche il loro mestiere e state tranquilli che se possono, cioè se esiste un minimo di solvibilità, il denaro continua a circolare e ad essere prestato.
Tra le tante nefandezze compiute dalla Rivoluzione Industriale – da cui discende in linea diretta la “globalizzazione” - c’è anche la “creazione” di un termine che poi diventerà tristemente famoso in tutto il mondo: “disoccupazione”; infatti, nell’era pre-industriale gli artigiani ed i contadini vivevano tutti del “proprio” e sul “proprio” e tutto era organizzato in modo tale che ad ogni nucleo familiare fosse assicurato un degno spazio vitale. Abbiamo avuto la nostra brava convenienza ad abbandonare le campagne per andare ad inurbarsi? Non credo proprio, ma ormai è inutile recriminare!

This page is powered by Blogger. Isn't yours?