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venerdì, febbraio 27, 2009

IL DIRITTO DI SCIOPERO 

In Italia, come è noto, il diritto di sciopero è sancito dalla Costituzione, nel cui testo però si rimanda alla legge ordinaria per la pratica attuazione della normativa; da noi, stante la difficoltà di mettere d’accordo anche due soli deputati dello stesso partito, non c’è mai stato verso di sistemare la questione.
Adesso sembra che ci stia provando l’attuale Ministro Sacconi che ha approntato una norma che rende tale diritto un po’ aggiornato alle modalità dei tempi moderni; ovviamente i Sindacati – che al momento sono divisi su tutto – divaricano ancora di più tale divisione: mentre UIL e CISL seno disponibili a sedersi al tavolo con spirito costruttivo, la CGIL, ancora una volta dimostratasi organo eminentemente politico, lancia avvertimenti quanto meno inconsueti: “Il Governo stia attento”; non è questo lo spirito che occorre per regolamentare “insieme” una norma che continua a far infuriare la totalità degli utenti dei servizi pubblici.
La bozza del Disegno di Legge prevede una norma che, almeno all’apparenza, mi sembra quanto meno ovvia e cioè che per proclamare uno sciopero è necessario che il o i sindacati che lo indicono rappresentino il 51% dei lavoratori interessati dall’iniziativa; in caso contrario occorre un referendum tra gli stessi lavoratori.
La norma vieta forme di protesta particolare (sit-in, cortei, ecc.) e tutte quelle astensioni messe in atto per ledere il diritto alla mobilità ed alla circolazione.
Questa normativa prende lo spunto da situazioni già in essere in altri Paesi europei, nei quali la percentuale di rappresentanza del sindacato è un elemento essenziale per lanciare lo sciopero; in Francia, per esempio, possono proclamare scioperi solo i sindacati più significativi.
Nella normativa che sta uscendo dal Ministero del Lavoro, c’è una novità quanto meno interessante: nei settori di particolare importanza i lavoratori potranno avere l’obbligo di presenza nonostante la protesta: la paga finirebbe in un fondo di solidarietà; si tratterebbe in questo caso di uno “sciopero virtuale” con cui i lavoratori dichiarano il proprio malcontento, ma senza che gli utenti del servizio ne vengano danneggiati.
Sia quest’ultima particolare normativa che quella riguardante il referendum tra i lavoratori in caso di una rappresentanza inferiore al 51%, fanno parte di idee di Marco Biagi, da lui espresse fin dal 2001 e mai attuate da nessun Governo.
Il perché è presto detto: toccare i sindacati è solo un po’ meno pericoloso del cercare di legiferare sulla magistratura; nella migliore delle ipotesi si arriva ad ottenere dichiarazioni del tipo: “siamo d’accordo che gli scioperi sono da disciplinare, ma questo deve avvenire d’accordo con i sindacati”.
Questa dichiarazione è dell’ex Ministro Tiziano Treu, il quale peraltro mi dovrebbe spiegare come sia possibile fare qualunque cosa se uno dei sindacati interessati pone dei vincoli che sono talmente “pesanti” dall’apparire dei veri e propri veti.
E qui infatti c’è la risposta al perché la norma sugli scioperi sia stata più volte avviata ma mai definita; perché – come in tanti altri campi della nostra vita – si afferma da parte di Qualcuno (notare il maiuscolo) che si deve cercare la concertazione prima di varare la norma: ma se uno degli invitati al tavolo della trattativa pone solo dei “no” – che assomigliano a veti – come è possibile procedere?
Io credo che in democrazia la maggioranza si debba assumere le proprie responsabilità e legiferare con il consenso ricevuto dai voti della gente, altrimenti come possiamo poi criticare il Governo? Questo andazzo gli fornisce gli alibi!!

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